Melania Rizzoli per “Libero quotidiano”
melania rizzoli
Si chiamerà Eva, un nome biblico che significa vita, ma lei la vita non la conoscerà mai, perché la sua sarà breve, molto breve e durerà al massimo 48ore.
In Oklahoma c' è una bimba che cresce nell' utero di sua madre, ignara del suo destino già segnato. Una semplice ecografia di controllo ha rivelato che Eva è affetta da anencefalia, una anomalia nella quale il suo cervello non si è sviluppato ed il suo cranio appare disabitato, vuoto, una condizione chiaramente incompatibile con la vita.
Se la sua gravidanza verrà portata a termine Eva potrà nascere morta, o vivere da poche ore a pochi giorni. Voi donne cosa fareste di fronte ad una diagnosi così terribile e sconvolgente? La maggior parte dei ginecologi in casi come questi consigliano l' interruzione di gravidanza con l' aborto terapeutico, per salvaguardare la salute psicologica della gestante, considerando inutile, destabilizzante e traumatico un parto non finalizzato alla vita del neonato, bensì alla sua morte.
keri e royce young con il primo figlio
Invece Keri Young, la madre di Eva, subito dopo aver saputo che sua figlia non aveva il cervello, ha chiesto: «Se la farò nascere, potrò donare i suoi organi?», decidendo quindi di portare a termine la sua gestazione per salvare la vita ad altri bambini sfortunati, e aggiungendo: «Eva nascerà, donerà tutto ciò che potrà, e nel suo breve soggiorno terreno farà più di quello che io avrei mai immaginato per lei».
LA DIAGNOSI
Il giorno dopo la diagnosi di anencefalia della loro bimba, Keri e suo marito Royce, si sono recati al Lifeshare, un' organizzazione per la donazione di organi, dove, dopo un attento esame della documentazione ecografica tridimensionale, è stato detto loro che il cuore, i reni, il fegato ed il pancreas della piccola sarebbero stati idonei alla donazione, mentre i polmoni saranno destinati alla ricerca scientifica.
Poche settimane prima Keri aveva visto su un quotidiano una pubblicità con la foto di un bimbo di nome Jarrius, che indossava una maglietta con scritto: «Ci vogliono delle vite per salvare altre vite». Jarrius era in attesa di un trapianto di fegato,aveva una flebo al braccio e un' aria sofferente, e in quella foto i suoi occhi gialli parlavano e speravano in un miracolo, sapendo bene che per vederlo realizzato doveva necessariamente attendere la morte di un altro bambino.
Paradossalmente Keri, che è doveroso dirlo, è una convinta sostenitrice del movimento pro-life, aveva discusso con le amiche di quella pagina di giornale, sostenendo la sua convinzione di voler donare gli organi del suo primo figlio Harrison di due anni, per fortuna vivo e sanissimo, nel caso sfortunato di una sua morte accidentale, non immaginando mai che poco tempo dopo si sarebbe trovata proprio in quella stessa situazione, a dover decidere per la figlia che le cresceva in pancia. Keri ha quindi voluto che Eva non fosse abortita ma anzi, che diventasse quel miracolo per Jarrus e per molti bambini come lui.
eva young l ecografia affetta da anencefalia
Da medico io ho sempre ammirato i genitori che consentono l' espianto degli organi dei propri figli nel momento più drammatico e disperato della loro vita, quando viene detto loro che quel figlio è in morte cerebrale, che in medicina viene considerata con certezza una morte anche fisica.
Molte madri e molti padri, in questa situazione di dolore estremo, davanti al proprio figlio intubato, attaccato ai monitor, e abbandonato nell' immobilità della morte, firmano in lacrime l' autorizzazione al prelievo, non per un atto di generosità che in quelle ore non sono in grado di esprimere, ma nella consolatoria speranza che la perdita del loro figlio non sia inutile e che il suo cuore continui a battere nel petto di un altro, cioè che in qualche modo lui continui a vivere insieme alla sua anima, e quel documento viene firmato sempre nell' istintivo bisogno di dare un senso a qualcosa a cui è spesso impossibile dare un senso.
keri young
L' espianto degli organi di regola non avviene da cadavere a cuore fermo, ma da pazienti che non hanno più alcuna attività cerebrale, il cui elettroencefalogramma risulta piatto da almeno 24ore, ma che devono avere ancora il cuore battente, per far sì che gli organi da prelevare siano ancora perfusi dal sangue ossigenato e che quindi non siano deteriorati per essere trasferiti in condizioni ottimali, ancora caldi, vitali e funzionanti, in un altro corpo immunologicamente compatibile.
Io non so se sia più generoso portare a termine una gravidanza come quella di Keri, o più coraggioso assistere alla morte del proprio neonato, dopo averlo visto ed aver tagliato il cordone ombelicale che lo ha legato a lei per nove mesi, per poi accettare e destinare quella perdita per il bene di altri, mentre la madre vedrà il latte montare nelle sue mammelle, sentirà crollare gli ormoni della gestazione, ed affronterà la depressione post-partum senza la sua bimba da allattare e da cullare, ma difendendo nel suo inconscio con tutte le sue forze l' auto convincimento che ne sia valsa la pena.
È generosità considerare il valore della vita di un figlio sfortunato in grembo come un valore assoluto per la vita di altri bambini? È generosità produrre fegato, reni, cuore e polmoni per salvare altre vite umane?
È generosità accettare di veder morire il proprio neonato per il bene che ne trarranno altri? È generosità usare il proprio utero per cedere il bambino a chi ne ha bisogno?
keri e royce young
Nel Regno Unito negli ultimi due anni «solo» undici bambini sotto i due mesi di vita hanno donato gli organi, e, vista la lunga lista di attesa, alcuni ginecologi, aderendo alla proposta della potente British Transplantation Society, da due anni chiedono alle donne incinta di feti malformati di portare avanti la gravidanza per destinare gli organi sani del loro neonato al trapianto.
La notizia è finita sui giornali quando una madre, appena dato alla luce il suo bimbo ed aver ascoltato il suo primo vagito, ha cambiato idea, non ha firmato l' autorizzazione all' espianto, facendo saltare i cinque trapianti programmati su piccoli pazienti già in attesa, e che erano stati selezionati in anticipo per la loro compatibilità con il bambino a loro destinato e poi negato.
LA RICHIESTA
Francamente io troverei aberrante se un medico mi chiedesse di partorire un figlio con una patologia grave ed incompatibile con la vita, per poter essere utilizzato ad estrarre i suoi organi. Non trovo sia una questione di generosità, di un atto meritorio o di semplice altruismo, ma di dignità della vita e del corpo della madre e della vita e del corpo di un bambino destinato forse a salvare vite umane, ma fatto nascere con l' intento del suo sacrificio per espiantare i suoi pezzi di ricambio.
ecografia di eva young
Come d' altronde se io fossi la mamma di un figlio in attesa di trapianto avrei una grave crisi di coscienza nell' attendere lo sviluppo e la nascita di un bambino finalizzato a morire per far vivere il mio.
L' espressione «Mors tua, vita mea», al di là del tono drammatico del senso letterale, si usa quando all' interno di una competizione a due ci può essere un solo vincitore, e quando la morte di uno costituisce il requisito indispensabile per la vita dell' altro, ma viene comunemente usata per descrivere efficacemente un comportamento connotato da caratteri opportunistici.
L' allusione alle dure leggi della vita e alla lotta per l' esistenza della storia che ho qui raccontato non deve appunto assumere il sapore dell' opportunismo o della vittoria pilotata con donazioni samaritane, se queste derivano dal sacrificio della morte, e la piccola Eva diventerà anche il miracolo di qualcuno, ma al caro prezzo della sua vita nascente che in realtà non avrà mai visto la luce. Quella luce di vita che invece guardiamo tutti i giorni negli occhi dei nostri figli.