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    EVVIVA, IL COVID NON MONOPOLIZZA PIÙ L’INFORMAZIONE (MA ASPETTATE A ESULTARE) – SECONDO I DATI DEL REPORT ANNUALE DELL’OSSERVATORIO DI PAVIA SI È PASSATI DAL 46% DI NOTIZIE SUL VIRUS NEL 2020 AL 25% NEL 2021 – CRESCE DEL 6% L'ATTENZIONE PER TEMI COME GENERE, ORIENTAMENTO SESSUALE, ETÀ, ETNIA E DISABILITÀ, MA SI TRATTA SOLO DI UN RITORNO AI LIVELLI PRE-COVID – L’UNICA CERTEZZA È CHE L'INFORMAZIONE TELEVISIVA ITALIANA SI RICONFERMA SALDAMENTE POLITICO-CENTRICA…


     
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    Emanuela Grigliè per “la Stampa”

     

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    Evviva, il Covid non monopolizza quasi più l'informazione tv (dal 46% di notizie nel 2020 al 25% nel 2021). E in contemporanea cresce del 6% l'attenzione per temi e persone che raccontano storie diverse, che spaziano dall'identità di genere all'orientamento sessuale e affettivo, fino a età, etnia e disabilità. Attenzione, però, non c'è troppo da festeggiare: con questo incremento si ritorna infatti - con un'incidenza di notizie totali del 23% - ai livelli pre pandemia, emergenza che aveva spazzato via dall'agenda dei Tg il resto del mondo.

     

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    E si parla del 2021, quando ancora il conflitto in Ucraina non aveva spostato di nuovo l'attenzione mediatica verso un unico grande tema. Una certezza è che l'informazione televisiva italiana si riconferma saldamente politico-centrica. Lo dimostra il caso del dibattito intorno al popolarissimo Ddl Zan, in cui nell'81,7% dei casi sono stati interpellati come esperti esponenti del mondo politico e solo nel 2,8% rappresentati della comunità Lgbtq+.

     

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    È il quadro tratteggiato da Monia Azzolini dell'Osservatorio di Pavia, raccontando il suo report annuale su come trattano certi argomenti i mezzi di informazione italiani, ricerca condotta analizzando 42.572 notizie andate in onda nelle edizioni prime time dei 7 principali Tg dal 1° gennaio al 31 dicembre 2021. E presentata in occasione dello svelamento delle nomination ai Diversity Media Awards 2022, gli oscar per l'inclusione web e tv creati da Francesca Vecchioni e che quest' anno per la prima volta arrivano su Rai1, il 28 maggio in seconda serata, con Michela Giraud, Myss Keta e Diego Passoni a condurre.

     

    Måneskin , Kasia Smutniak, Madame, Irma Testa, Marco Cappato e Bianca Balti sono i sei nomi che si contendono il titolo di personaggio dell'anno. Poi ci sono il miglior programma per bambini, fiction italiana e non, campagna pubblicitaria, creator, trasmissione radio o podcast: le votazioni sono aperte e tutte online, per decretare quali contenuti mediali si sono meglio distinti per una rappresentazione valorizzante delle persone su genere e identità di genere, orientamento sessuale e affettivo, età e generazioni, etnia, disabilità.

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    Ed è in particolare sulla disabilità che si notano dati incoraggianti: merito delle Paralimpiadi di Tokyo che hanno spinto un racconto diverso e più puntuale sugli atleti. Questo per quel che riguarda l'informazione. «Nella fiction italiana, invece - spiega Vecchioni - sulla rappresentazione della disabilità c'è ancora un grande vuoto, se ne parla poco e male, troppo spesso in modo pietistico e paternalistico». Anche se nel complesso i prodotti di intrattenimento battono pure questa volta l'informazione e si confermano, anche nel 2021, più attenti al racconto delle diversity.

     

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    L'analisi condotta dal Diversity Media Watch su oltre 180 programmi sottolinea che nel 2021 vince il racconto delle generazioni giovani, protagoniste di tante produzioni cinematografiche, seriali e digitali. Da segnalare che la serialità internazionale registra un'ulteriore evoluzione, verso una sempre maggiore inclusività anche dietro la macchina da presa, con il coinvolgimento di registi, sceneggiatori e produttori appartenenti a gruppi sottorappresentati. Benissimo poi i cartoon per i bambini, in prima linea nell'abbattimento di certi stereotipi. Come i Paw Patrol - Cuccioli in azione (nominati tra le migliori serie kids) dove ha debuttato lo scorso anno tra i protagonisti un cagnolino sulla sedia a rotelle.

     

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    Ancora indietro le trasmissioni italiane più tradizionali. «Nei programmi tv mainstream - conclude Vecchioni - le persone sono ancora troppo spesso narrate e non protagoniste dei propri racconti. Sono l'oggetto, non il soggetto. Manca ancora un'espressione della diversità inserita naturalmente nell'offerta mediatica e libera da schemi e registri stereotipati. Segno, probabilmente, che la produzione televisiva, rispetto ad altri canali come le serie, i prodotti digitali o i podcast per esempio\, sia più portata a ritenere il proprio target meno capace di comprendere alcune tematiche legate alla diversità». Perché se la diversità è un fatto, l'inclusione è il risultato di una scelta.

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