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    FABER SECRETS – QUANDO COSSIGA RESTO' "SPIAZZATO" DAL SEQUESTRO DI DE ANDRE’ E DORI GHEZZI: SI ERA PERSUASO CHE LA TENUTA DELL’ARTISTA IN SARDEGNA FOSSE UN COVO PER BRIGATISTI. A COSE RISOLTE, FABRIZIO PERDONÒ L’ANONIMA E CHIESE LA GRAZIA PER UNO DI QUEI PASTORI – "FABER" ERA DETESTATO DA GABER E GUCCINI E PAOLO VILLAGGIO DISSE CHE SULLE CROCIERE, QUANDO VEDEVANO DE ANDRE’, "I PASSEGGERI DELLA PRIMA CLASSE SI GRATTAVANO I COGLIONI PER IL REPERTORIO DA SFIGATI. ANDAVA FORTISSIMO, INVECE, LO CHANSONNIER SILVIO BERLUSCONI”


     
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    Stefano Mannucci per “il Fatto Quotidiano” - Estratti

     

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    All ’indomani della propriamorte, Faber andò a trovare il figlio. “Ho sentito distintamente il suo odore nel mio letto. Non era suggestione. È stato il suo estremo dono”, ci disse Cristiano. Il padre non lo aveva voluto vedere nellafase declinante dellamalattia. Solo alla fine, oltre alla fantasmatica presenza, gli consegnò il lascito di andar per teatri a tramandare canzoni.

     

    (...)

     

    Neppure Paolo, l’amico di sempre, era gradito al capezzale al San Raffaele. Tre settimane prima di quell’11 gennaio 1999 da incidere sulla lapide, l’attore trovò le forze per una visita. Mise su una faccia da posa, il “va tutto bene” convincente davanti a una macchina da presa, non di fronte a chi ha intrapreso una conversazione con la Comare Secca.

     

    Faber lo smontò: “Togli la maschera, so bene cosa ho”. Carcinoma ai polmoni: una vita fumata via a 58 anni, con il corollario di due bottiglie quotidiane di whisky. Paolo si avvicinò al letto, l’infermo ebbe uno scarto, afferrò il sano per la camicia: “Giurami che dirai a tutti che non sono stato un menestrello, ma un grande poeta!”. Lo disse anche a noi, Villaggio. Ammetteva, il papà di Fantozzi, di “aver provato invidia al funerale di Faber, l’oceano di folla a Piazza Carignano. “Se n’era andato giovane, cosa potrei fare io per superarlo una volta crepato?”. I ricordi delle crociere. Paolo presentava il cantautore ai passeggeri della prima classe “che si grattavano i coglioni, era un repertorio da sfigati. Andava fortissimo lo chansonnier Silvio”.

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    Berlusconi e Confalonieri, esistenzialismo e pianoforte.

    Quante volte la Storia patria era andata a braccare l’anarchico seguace di Bakunin?

     

    Nel ’62, prime nozze con Enrica, il testimone è Randolfo Pacciardi, padre costituente, antifascista e notabile del Pri fino alla svolta “gollista” che lo porterà fra gli ideologi del “golpe bianco” di Sogno datato ’74. Il 7 dicembre 1989, al momento di portare invece all’altare Dori, il best man è Beppe Grillo.

     

    fabrizio de andrè fabrizio de andrè

    Quindici anni di convivenza con la bionda compagna, compresi quei mesi incatenati a un leccio sul Lerno, “ un uomo solo e una donna in fiamme” all ’Hotel Supramonte, la “lettera vera di notte falsa di giorno” che inchiodava alle sue ambiguità il genitore di Fabrizio, Giuseppe, manager dell ’Eridania, una richiesta di riscatto da due miliardi rispedita al mittente, anzi ai rapitori.

     

    Avevano prelevato la coppia dopo una festa familiare, i nonni per fortuna si erano già portati via la bimba Luvi mentre Cristiano, vero obiettivo dei sequestratori, si era salvato perché era con un amico sbarcato dal traghetto con la Vespa.

     

    Dori e Faber nutriti con pasti freddi, formaggio e scatolette: una il prigioniero l’aveva nascosta per tagliarsi le vene, nel caso la disperazione fosse prevalsa. Ma imparò a dialogare con la banda, il Gatto la Volpe e l’Avvocato. Dori invece mandava a fare in culo quegli uomini che la chiamavano “Signora”. Il sequestro spiazzò Cossiga, che fraintendendo il concept del bombarolo di Storia di un impiegato si era persuaso che la tenuta dell’artista in Sardegna fosse un covo per brigatisti. Da Palazzo Chigi chiamò il Viminale, Rognoni era stato compagno di scuola del patriarca Giuseppe De André. Fu mobilitato il generale Dalla Chiesa, i carabinieri trovarono gli interlocutori giusti.

     

    francesco cossiga francesco cossiga

    A cose risolte, Fabrizio perdonò l’Anonima e chiese la grazia per uno di quei pastori.

    Lui, autoproclamato “piccolo borghese che non sogna rivoluzioni ma cioccolatini”. Che bestemmiava ma ritraeva il Gesù terreno e le puttane trasfigurate. Che aveva il terrore del palco finché per soldi non ce lo spinsero di forza, alla Bussola, Villaggio e Marco Ferreri. Che fermava la musica per dialogare con i contestatori nei palasport, con accanto la Pfm. Detestato da colleghi buone penne, Gaber e Guccini. Mentre un cantante che lo ammirava gli chiese timidamente, tra i pannelliani referendari di Piazza Navona ’74: “Posso cantare prima di te?”. Era Franco Battiato. Un altro degli Irriproducibili.

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