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Monica Scozzafava per il Corriere della Sera
In bicicletta da Napoli a Roma in meno di otto ore. Fabio Cannavaro ha celebrato sui propri canali social l'impresa compiuta assieme ad altri nove compagni di pedalata con una foto che lo ritrae sorridente davanti al Colosseo all'imbrunire. La bicicletta è diventata l'inseparabile amica, che il campione del mondo ha ritrovato qualche anno fa, quando ancora allenava in Cina.
FABIO CANNAVARO IN BICI
Gli tiene compagnia, aspettando di riprendere il suo mestiere a bordo campo («Resta questo il mio lavoro», precisa subito). Un rapporto simbiotico, quello con la due ruote, iniziato per caso per ovviare a un problema molto banale e altrettanto comune.
FABIO CANNAVARO IN BICI
«Dovevo tenermi in forma - racconta l'ex calciatore -. Quando sali sulla bilancia e vedi che l'ago non si allontana dagli 85 chili, qualcosa devi inventarti. Ho problemi al ginocchio, alla cervicale e alla spalla: sport tipo calcetto o anche paddle non fanno più per me, la bicicletta è stato un toccasana. Sì, mi consente di mangiare e bruciare calorie: oggi peso 79 chili e a Natale mi sono concesso anche i dolci. Soprattutto non mi lascia stremato e pieno di dolori».
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Lo spirito è esattamente questo, e a chi immagina che dietro l'impresa di Natale (250 chilometri da Napoli al Colosseo in sette ore e 43 minuti) ci sia chissà quale ambizione agonistica, Cannavaro chiarisce: «Andare in bicicletta è una passione che ho ritrovato ma non mi interessa come competizione. Mi piace perché mi fa sentire uno come tanti. Mi regala una dimensione di normalità che quando giocavo non ho mai avuto.
Non c'è allenamento specifico, non faccio levatacce al mattino per allenarmi e coprire percorsi sempre più lunghi. Insomma, un hobby che ho ripreso e che per ora mi sta dando soddisfazioni. Mia moglie dice che la bici è diventata il nostro figlio più piccolo, dobbiamo portarcelo dietro anche quando facciamo un viaggio di piacere. Ha ragione, è il mio primo bagaglio. In treno come in aereo o in auto. Con gli integratori e le barrette proteiche».
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L'allegra brigata con cui Cannavaro organizza passeggiate chilometriche è composta da Valerio Agnoli, ex ciclista professionista, gregario di Ivan Basso e poi di Vincenzo Nibali, ma anche da gente comune come Luigi, Roberto, Enzo, Carmine e Salvatore.
E ci tiene a citarli tutti: «C'è anche Vincenzo - dice - che di professione fa il carabiniere. Amici e basta. Senza sovrastrutture, senza notorietà. Loro si allenano, qualcuno si prepara a gare di fondo. Io li seguo, senza lo stress di dover arrivare. Di essere il primo, di dover dimostrare. Mi diverto come quando da bambino consumavo la mia mountain bike a forza di fare giri sotto casa.
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Ricordo che per frenare dovevo spingere il piede sul copertone della ruota. Adesso ho una trek, ho il caschetto, la mia tuta sponsorizzata. Ma nulla di quello che faccio ha una finalità di business. La passione per la bici è iniziata in Cina, piccoli percorsi che diventavano sempre più lunghi. «Ero arrivato a coprire 100 chilometri. Una volta a Dubai feci 117 chilometri nel deserto, fu bellissimo».
Poi l'impresa di Roma. «Francesco Totti, Simone Perrotta, Luca Toni mi hanno contattato sui social: ma sei matto? Quello è il bello: io mi diverto e basta». Prossima tappa? «Il passo dello Stelvio». Se questa non è ambizione, poco ci manca.
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