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1 – GLI AFFARI DI DIABOLIK, TRA GADGET IN CURVA, BOSS DEL NARCOTRAFFICO ED ESTREMA DESTRA
Estratto dell’articolo di Rinaldo Frignani per il “Corriere della Sera”
Latitante dal 2013, si era nascosto a casa di una coppia a Casalotti con documenti falsi, ma era stato trovato dai finanzieri che avevano seguito le ordinazioni di pizze la sera di Limassol-Lazio di Europa League. Per la Finanza Piscitelli era «soggetto pericoloso, vissuto all' insegna della prepotenza e della sopraffazione, indifferente ai numerosi provvedimenti di polizia adottati nei suoi confronti».
Il cadavere di Fabrizio Diabolik Piscitelli Diabolik Foto Mezzelani GMT
Fabrizio Piscitelli Diabolik Foto Mezzelani GMT
Come la condanna, sempre del 2015, a tre anni e due mesi per la fallita scalata alla Lazio di Lotito, minacciato più volte da un gruppo di ultrà che volevano mettere Chinaglia come presidente. Famoso il suo incontro raccontato proprio da Lotito. Disse Piscitelli: «Presidente, sono Diabolik». «E io sono l' ispettore Ginko», replicò il patron. Come capo ultrà, il nome di Piscitelli è emerso in tutti i fatti più eclatanti degli ultimi anni che hanno riguardato il tifo della Lazio.
Tra gli ultimi, lo scontro con quelli della Spal l' anno scorso ad Auronzo di Cadore, e i volantini all' Olimpico che vietavano alle donne di sedersi nelle prime dieci file della curva: «Chi sceglie lo stadio come alternativa a romantiche passeggiate a Villa Borghese, andasse altrove», aveva scritto «Diabolik».
FUNERALI ROMA (A DESTRA FABRIZIO PISCITELLI VESTITO DA CARDINALE) - FOTO MEZZELANI
2 - RISSE E BUSINESS DELLA DROGA COSÌ L'ULTRÀ AMICO DI CARMINATI TENTÒ LA SCALATA DELLA LAZIO
Giuseppe Scarpa per “il Messaggero”
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Lascia alle spalle un testamento fondato sul fanatismo. Fabrizio Piscitelli 53 anni, in arte Diabolik, ha seminato violenza dentro e fuori la curva Nord. Ultras, estremista di destra e criminale. Con orgoglio rivendicava di essere stato lui, assieme a un gruppo di fedelissimi, a riscattare il tifo estremo biancoceleste. A condurre gli Irriducibili, gruppo egemone tra i supporter laziali, un tempo bistrattati ad essere rispettati e temuti: «Venivamo da una generazione, quella prima della nostra, che era sempre scappata».
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Noi «abbiamo detto che dovevamo - racconta Piscitelli in un'intervista del 2000 - cominciare a farci sentire». Diabolik, sposato e con due figlie, è stato per più di 20 anni al centro dello storico direttivo', composto anche da Fabrizio Toffolo, Paolo Arcivieri e Yuri Alviti. Sedeva lui al vertice e aveva plasmato a suo piacimento la curva Nord: «Noi i pullman» degli altri tifosi «li bloccavamo, gli spaccavamo» i finestrini, e «gli tiravamo la torcia dentro, aspettavamo che uscissero fuori per ammazzarci».
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Un modo questo - sempre per Diabolik, per «sentirsi vivi». Una condizione di gioa superata unicamente - secondo il suo pensiero - dallo «scontro con le guardie». Ma il suo non era un hobby, se così si può definire, a costo zero. Piscitelli, nel corso degli anni, era riuscito a mettere su un business niente male. Aveva drenato parte delle risorse ricavate dal merchandising, collegato alla tifoseria laziale, e lo aveva riversato in attività illegali. Questa la tesi degli inquirenti.
GLI AFFARI
CLAUDIO LOTITO
Gli affari per Diabolik andavano a gonfie vele. La finanza, nel luglio del 2016, gli aveva confiscato beni per un valore che superava i 2 milioni di euro (una parte poi restituita dal Tribunale). Nell'ottobre del 2013, dopo un periodo di latitanza, era stato arrestato. Era considerato, dagli investigatori, al centro di un rete di narcotraffico tra Spagna e Italia. Nel 2015 era stato ritenuto responsabile, assieme ad altri capi della tifoseria organizzata biancoceleste, di estorsione ai danni del presidente della Lazio Claudio Lotito. Piscitelli, a suon di minacce, voleva costringere il numero uno del club a vendere le sue azioni a una cordata di imprenditori.
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La fama di Diabolik, nel corso degli anni, aveva però superato i confini del tifo violento fino a diventare uno da rispettare nel mondo della mala. La riprova era stata data dal fatto che il suo nome era comparso nelle carte dell'inchiesta giudiziaria che aveva sconvolto Roma, Mafia Capitale.
MAFIA CAPITALE
Diabolik emergeva nelle reti criminali che erano entrate in contatto Massimo Carminati. «Tutti erano concordi nell'affermare che su Ponte Milvio opera una batteria pericolosa con a capo Fabrizio Piscitelli e della quale facevano parte soggetti albanesi; che la predetta batteria era al servizio dei napoletani ormai insediatisi a Roma nord, tra cui i fratelli Esposito facenti capo a Michele Senese».
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Così scrivevano i Ros in relazione allo spartizione della zona di Ponte Milvio, dove nella cura dei suoi Carminati doveva tenere conto della presenza di batterie che facevano riferimento a Senese, boss della camorra. E proprio nell'orbita di Michele o pazzo si sarebbe mosso Piscitelli con il suo gruppo, di cui facevano parte anche gli albanesi .
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Ma il cuore di Piscitelli batteva sempre per la Lazio. E così, dopo i 4 anni e due mesi in carcere per droga, Diabolik decise nel luglio del 2017 di riprendersi quello che era sempre stato il suo regno. La curva Nord. «Noi per il bene della Lazio volevamo andare dentro gli stadi, entrare nelle altre curve e ammazzarli. Perché noi ci dovevamo sentire vivi - concludeva Diabolik nell'intervista - in un mondo di morti».
3 - DIABOLIK UCCISO, CINECITTÀ CHOC ESPLODE LA RABBIA DI PARENTI E TIFOSI
Pier Paolo Filippi per “il Messaggero”
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Un omicidio in pieno giorno, nel parco degli acquedotti a via Lemonia, a Cinecittà. Così è stato ucciso Fabrizio Piscitelli, Diabolik, leader degli Irriducibili della Lazio. Tra gli abitanti della strada e le persone che frequentano il parco degli acquedotti pochi sembrano essersi accorti di quanto accaduto intorno alle 19. Gli unici ad aver assistito alla scena sarebbero un ragazzo che stava facendo jogging e una donna seduta poco distante dal punto dove Piscitelli è stato trovato morto.
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Racconta Andrea, che stava facendo ginnastica con gli attrezzi del Parco a un centinaio di metri da dove è stato ucciso Diabolik: «Si è sentito un rumore, come di un'esplosione, ma non molto forte. Sembrava un rauto ma non abbiamo pensato a uno sparo. Anche la signora seduta sulla panchina non si è resa conto di quanto accaduto, ma ha visto un uomo fuggire di corsa a piedi e girare da via Lemonia in via Tito Labieno. La persona che fuggiva aveva una maglietta verde».
I RACCONTI
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Oltre alla donna, al momento dell'agguato era presente anche un ragazzo che stava correndo nel parco e che è stato ascoltato a lungo dalla polizia. Subito dopo l'omicidio si sono riversati sul posto numerosi avventori del parco e residenti della strada, mentre la polizia ha provveduto a delimitare la zona con il nastro. Nonostante a quell'ora il parco sia molto frequentato, sembra che nessuno si sia accorto di niente, così come gli abitanti della zona.
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«Abbiamo sentito un rumore sordo ma non pensavamo potesse accadere una cosa del genere racconta Antonio un residente Quando siamo scesi in strada e abbiamo visto una persona in terra pensavamo fosse stata colta da un malore, poi abbiamo visto arrivare tante macchine della polizia e abbiamo capito che era successo qualcosa di grave». Giulia, anche lei residente nei palazzi di fronte, racconta: «Ero fuori per lavoro e sono rientrata da poco. Spero che adesso scoppi una faida nel quartiere».
GLI AMICI
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Intorno alle 20 sono arrivati sul posto i primi tifosi amici di Piscitelli e poco dopo anche il fratello che urlava «Fatemelo vedere Fatemelo vedere». Lui insieme ad altri amici è stato fatto entrare dalla polizia nell'area delimitata per poter andare a vedere il corpo. Poi alla spicciolata si sono radunati sul posto decine di tifosi del gruppo degli Irriducibili che hanno cominciato a inveire in strada contro i giornalisti, trattenuti a stento dagli agenti, tanto che le telecamere sono state spostate.
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La scena si è poi ripetuta all'interno del parco e solo più tardi la situazione è tornata alla calma. «È allucinante, pazzesco. Non ci posso credere». A ripeterlo uno dei tanti amici. «Sono uscita di corsa appena ho saputo - ha raccontato una ragazza - era come un fratello». «Non vado allo stadio da tanto tempo , è un dramma rincontrare vecchi amici in una situazione del genere», ha detto Marco.
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Sul posto anche i parenti di Piscitelli che vivono nel quartiere, così come i suoi genitori. Tra loro anche la sorella, Angela: «Rispetto il vostro lavoro ma per favore in questo momento lasciateci in pace non abbiamo proprio voglia di parlare». Tra i parenti, una donna ha anche accusato un malore ed è stata soccorsa.
Tra i residenti scesi in strada anche l'attore Ninetto Davoli, sconcertato: «Ne ho viste di ogni genere ai miei tempi ma una cosa del genere non me l'aspettavo. Evidentemente non si tratta di questioni tra tifosi ma deve esserci altro. Questo è un quartiere in genere tranquillo al di là di qualche furto».
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