1 - CERTI STUDENTI PIÙ BARONI DEI PROF
Filippo Facci per Libero Quotidiano
Filippo Facci
Ieri sulle home page di alcuni quotidiani spiccavano due notizie che sembravano raccontare una storia sola, più o meno questa: nel mondo della scuola ci sono dei professori corrotti e senza merito (i cosiddetti «baroni») mentre dall' altra parte ci sono degli studenti che ne sono vittime, e che infatti sono costretti a emigrare all' estero per studiare e lavorare.
Le notizie in questione sono stra-vere: la prima è che a Firenze hanno arrestato 7 professori universitari (59 le persone coinvolte) in un' inchiesta che indaga su uno smercio di cattedre già comprovato da registrazioni e riscontri, la seconda notizia è che «se ne vanno giovani e laureati: la nostra vita di genitori nell' Italia dei figli lontani» (titolo del Corriere della Sera) e insomma la solita lagna sui poveri studenti che se ne vanno all' estero perché l' Italia è in crisi, la scuola latita, ci sono i baroni, mancano le politiche industriali, le famiglie si disgregano, le tradizioni scompaiono, roba così.
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In sostanza, un' apparente causa-effetto: professori che sono corrotti e quindi poveri studenti che se ne vanno. Peccato che, messe così, sono due balle che raccontano appunto una balla sola, ma che a tanti italiani piace tanto: quella dei buoni e dei cattivi, bianco e nero, senza sfumature.
Diciamo subito che i baronati universitari sono una porcata storica, che l' inchiesta di Firenze è benedetta (speriamo) e che il vizio atavico dei professori di cooptarsi l' un l' altro andrebbe corretto col lanciafiamme, anche se i corrotti restano corrotti e gli onesti e meritevoli - che ci sono, e sono tanti - restano onesti e meritevoli, ergo non è il caso di scivolare nel consueto disfattismo all' italiana.
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Detto questo, però, andrebbe osservato che i professori che cooptano i figli, e i genitori che li trasformano in bamboccioni, hanno di fondo lo stesso genere di familismo molto nostrano, ragione per cui è sì una buona notizia l' inchiesta di Firenze sui baroni, ma è una buona notizia - e non il contrario - anche che studenti e giovani se ne vadano all' estero, e insomma si diano una mossa come tendono a fare tutti gli studenti d' Occidente.
Ora: a parte l' assurdità di considerare degli spostamenti interni all' Europa (nel 2017) come delle autentiche «migrazioni», andrebbe pure osservato che gli studenti italiani sono quelli con meno mobilità al mondo (l' 80 per cento è iscritto nella regione di residenza) e che molto ma molto spesso la facoltà viene scelta secondo la distanza da casa: anche perché cinque giovani su dieci, dai 25 ai 34 anni, vivono ancora coi genitori. Dov' è la cattiva notizia, ergo, se giovani e studenti italiani fanno come tutti gli altri? Il problema, semmai, è chiedersi perché certi studenti non vengono in Italia.
studenti universitari
Aspettando di saperlo, ricordiamo che saranno anche «il futuro», gli studenti, ma entro certi termini sono anche un peso: lo Stato gli chiede soltanto mille o duemila euro annui di tasse universitarie ma loro ne costano - allo stesso Stato - una media di settemila: soldi della fiscalità generale, pagati anche da chi magari i figli all' università non ce li può mandare, magari perché non può, perché non ce la fa. Ecco perché è inevitabile associare certi titoli del Corriere («La nostra vita di genitori nell' Italia dei figli lontani») alla complicità di certe famiglie in certa svogliatezza studentesca, in certo rammollimento da bambagia domestica: e con questo, almeno, i «baroni» non c' entrano niente.
ELSA FORNERO
Ma guai a dirlo, da noi: ricordate quando l' ex ministro Elsa Fornero disse che i giovani non devono essere schizzinosi all' ingresso nel mondo del lavoro? Aveva ragione, ma fu lapidata. Ricordate quando l' ex ministro Annamaria Cancellieri parlò degli italiani «mammoni»? Uguale. E quando l' ex viceministro Michel Martone disse che un 28enne non ancora laureato è spesso uno sfigato? Ecco.
ANNAMARIA CANCELLIERI
Il che non toglie che i baroni esistono, che spesso il lavoro manca, che spesso la scuola non forma: sta di fatto che gli studenti lavoratori in Italia restano una minoranza e che da noi ci si laurea, in media, dopo i 27 anni, mentre in Europa non si arriva ai 24. Il punto non è che i giovani italiani se ne vanno all' estero, il punto è che il mercato ormai è senza confini e i giovani italiani rischiano di essere dei potenziali ritardatari agli appuntamenti che contano.
A sostenerlo ci sono tutti i dati del mondo, tanto il verdetto è sempre quello: il livello di istruzione dei nostri giovani è ancora ben distante da quello degli altri Paesi avanzati, c' è dispersione scolastica, un laureato italiano ha meno possibilità di trovare lavoro di un diplomato, c' è una percentuale spaventosa di analfabetismo funzionale e cioè un' incapacità diffusa, in sostanza, di usare efficacemente la lettura e il calcolo nelle situazioni quotidiane. La morale di tutto questo è ancora più irripetibile di tutto il resto: che il lavoro non è un diritto, perché il lavoro è una conquista che non ti regala nessuno.
2 -“SE RACCOMANDI UN ALLIEVO NEGLI USA TI RINGRAZIANO”
luigi nicolais
«La magistratura vede dappertutto ingerenze contrarie alle leggi, non tenendo conto della peculiarità del lavoro di professore universitario». Parola di Luigi Nicolais, professore universitario, ex ministro del governo Prodi, ex deputato Pd ed ex presidente del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche).
Intervistato dal «Mattino» e dal «Messaggero» a proposito dell' inchiesta fiorentina sui concorsi truccati all' uni-versità, Nicolais si definisce «vittima di un caso simile»: «Sono stato accusato di aver raccomandato un mio allievo per una borsa di studio, quando ho semplicemente indicato un giovane ricercatore molto brillante a un altro mio ex allievo che aveva bandito un concorso. In Usa mi avrebbero ringraziato». La Procura di Napoli lo ha indagato per abuso d' ufficio.
Luigi Nicolais