L'AUDIO DI ZUCKERBERG CONTRO LA WARREN PUBBLICATO DA THE VERGE
LA CORTE DI GIUSTIZIA UE DÀ RAGIONE AL MOTORE DI RICERCA: IL DIRITTO ALL'OBLIO NON È UNIVERSALE. LA LEGGE È VALIDA IN EUROPA, MA LA STESSA PAGINA CHE NON È VISIBILE AI CITTADINI DELL'UNIONE, PUÒ ESSERE TRANQUILLAMENTE LETTA DALL'AMERICA
L'UE IMPONE A FACEBOOK DI CANCELLARE ANCHE CONTENUTI SIMILI A ILLECITI
Alessandro Longo per www.repubblica.it
MARK ZUCKERBERG
Qualunque Paese può ordinare a Facebook di eliminare post, fotografie e video e limitarvi l'accesso a livello mondiale: è quanto stabilito oggi dalla Corte di Giustizia europea. La sentenza implica che i Paesi possano espandere i divieti su certi contenuti (ritenuti illegali) oltre i propri confini. Non solo: la piattaforma è chiamata a eliminare sua sponte anche commenti "equivalenti" a quelli denunciati.
facebook e le notizie 3
Secondo i primi commenti, si tratta di "una decisione molto importante in tema di responsabilità delle piattaforme social, in particolare Facebook, per la quale è stato previsto un obbligo, dietro richiesta di un giudice, di monitorare l’attività dei propri utenti al fine di evitare la proliferazione di contenuti illeciti identici o similari. Il punto di partenza sarebbe però un contenuto illecito riconosciuto da un giudice nazionale", dice Innocenzo Genna, esperto di policy digitali a Bruxelles.
mark zuckerberg
La decisione della Corte di giustizia europea è arrivata dopo che un politico austriaco, Eva Glawischnig-Piesczek, ex leader del Partito verde austriaco, ha cercato di far rimuovere a Facebook commenti denigratori su di lei (qui il pdf). La politica ha sostenuto che Facebook doveva eliminare il materiale nel Paese e limitare l'accesso in tutto il mondo.
CORTE DI GIUSTIZIA UE
Già in queste prime ore, la sentenza appare subito come un brutto colpo per le grandi piattaforme web come Facebook: attribuisce loro maggiori responsabilità, come quella di sorveglianza su contenuti giudicati illegali. Laddove finora hanno avuto solo l’obbligo di rimuoverli dopo aver ricevuto una segnalazione.
Filtri per contenuti illeciti
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"È un forte cambiamento rispetto al regime attuale, che prevedeva obblighi solo per i contenuti dichiarati illeciti e notificati alla piattaforma, ma non per quelli futuri", dice Genna. Il motivo di fondo è che per applicare il nuovo tipo di blocco, globale, probabilmente Facebook sarà costretta a usare filtri automatizzati per i contenuti, come avvisa la stessa società. Solo così potrebbe tentare di rimuovere anche contenuti "equivalenti" - come scrive la Corte - a quelli segnalati.
Da molti anni numerose associazioni dei diritti civili, così come Google, Facebook e altre piattaforme, sostengono che tali filtri sarebbero un grave danno per la libera espressione sul web. Tra l’altro perché l’automatismo (ormai basato in parte sull'intelligenza artificiale) non sarebbe ancora in grado di cogliere le sfumature del discorso.
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Il rischio è di bloccare anche la satira, discorsi politici e critici. Per esempio, i filtri potrebbero scambiare per razzisti i i post di coloro che, magari con ironia, criticano e denunciano gli stessi razzisti. Come il recente casp italiano dei Socialisti Gaudenti, la cui pagina è stata oscurata da Facebook e poi riabilitata. Il post originale, di cui tratta la sentenza, si agganciava a un articolo su Glawisching-Piesczek a favore di un reddito minimo per i rifugiati e la definiva "traditrice del popolo".
google e la supremazia quantistica
"Il diritto dell'Ue non preclude a un fornitore come Facebook l’obbligo a rimuovere commenti identici e, in determinate circostanze, commenti equivalenti precedentemente dichiarati illegali", ha dichiarato la Corte di giustizia europea.
Rischio di fraintendimenti e censura
"Nessun problema per la rimozione di contenuti identici - commenta l'avvocato Guido Scorza, presidente dell’Istituto per le politiche dell’innovazione, - ma dobbiamo intenderci su identico perché identico per un sistema automatizzato non è identico per un umano". La sfumatura non è da poco, spiega Scorza: "C'è il rischio che venga rimosso un contenuto che contiene quello rimosso criticandone la pubblicazione". Così come è "rischioso il concetto di analogo o di contenuto equivalente perché quando si parla di libertà di parola il diavolo sta nei dettagli e, se si legittima l'uso degli algoritmi alla ricerca di contenuti analoghi, il rischio di censura è elevato".
"Infine, - conclude Scorza - sono contrario all'estensione globale di un provvedimento di rimozione di contenuto nazionale, salvo che l'ordine di un giudice nazionale del Paese 1 non venga validato da quello del Paese 2 nel quale si vorrebbe che il contenuto fosse rimosso. Pensiamo a cosa accadrebbe se qualsiasi contenuto sgradito a governi censori dovesse divenire inaccessibile anche in Italia".
"E’ interessante che nel caso di Facebook la Corte Ue abbia adottato un principio di diritto alla rimozione molto ampio, mentre nel caso recente del diritto all’oblio per la protezione dei dati personali, basandosi sulla legislazione Gdpr, la stessa Corte ha negato che la rimozione debba essere globale", aggiunge Fulvio Sarzana, avvocato ed esperto di nuove tecnologie. "Non si comprende la ratio di queste difformità. Ora, così, se sei un politico puoi avere la cancellazione ovunque per diffamazione. Se invece chiedi il diritto all’oblio, no, e il contenuto resta visibile fuori dall’Europa", aggiunge Sarzana.
proteste contro google 4
"Cosa significa identico o equivalente"
"Speriamo che i tribunali adottino un approccio proporzionato e misurato, per evitare di limitare la libertà di espressione", commenta Facebook in una nota. "Questa sentenza - si legge nel documento - solleva interrogativi importanti sulla libertà di espressione e sul ruolo che le aziende del web dovrebbero svolgere nel monitorare, interpretare e rimuovere contenuti che potrebbero essere illegali in un determinato Paese. Su Facebook abbiamo già degli standard della Comunità che stabiliscono ciò che le persone possono e non possono condividere sulla nostra piattaforma e un processo in atto per limitare i contenuti che violano le leggi locali. Questa sentenza si spinge ben oltre, mina il consolidato principio secondo cui un Paese non ha il diritto di imporre le proprie leggi sulla libertà di parola ad un altro Paese. Inoltre, apre la porta ad obblighi imposti alle aziende del web di monitorare proattivamente i contenuti per poi interpretare se sono 'equivalenti' a contenuti ritenuti illegali. Per ottenere questo diritto - conclude la nota - i tribunali nazionali dovranno prevedere definizioni molto chiare su cosa significhino 'identico' ed 'equivalente' concretamente".
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