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    FASE 2: QUI MILANO - DALL'APERICENA AL TAKE AWAY, LA CITTÀ PROVA A REINVENTARSI - CAFFÈ PER STRADA E CIBI D'ASPORTO, MA PER ORA POCHE FILE I RISTORATORI: VEDREMO COSA SI POTRÀ FARE CON I TAVOLINI FUORI. È L'ANNO ZERO, SPERIAMO DI APRIRE A GIUGNO


     
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    Fabio Poletti per “la Stampa”

     

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    Per gli apericena, connubio assai milanese tra drink e food, ci vorrà ancora del tempo. Ma a Milano la ripartenza già si vede. Al Bar Magenta, storico locale in centro, si sono già attrezzati. Da un ingresso si accede alla cassa senza entrare nel locale. Dall' altro esce il cameriere che appoggia su un tavolino birrette gelate o drink variopinti. I due titolari del locale, 113 anni di storia, Giuseppe Mazzeo e Paolo Marchesi, hanno una botta di ottimismo: «Il bar funziona in piena efficienza».

     

    Che ci sia più gente in giro per strada si vede. I bar sono aperti ma il caffè te lo bevi per strada in un bicchiere di carta.

    Anche i ristoranti, dopo il servizio a domicilio, da ieri si sono aperti al take away. Grandi file non se ne vedono. C' è bisogno di rodaggio, anche per i milanesi non più abituati ad essere liberi di non andare al ristorante, casomai a portarsi il ristorante a casa. Filippo La Mantia, uno di quegli chef che ha fatto la storia gastronomica di Milano degli ultimi anni, è sulla porta del suo locale in piazza Risorgimento con mascherina candida e guanti neri: «Non è ancora una ripresa, è solo un aperitivo di ripresa».

     

    La sua stellare cucina palermitana aveva conquistato molti. Il Coronavirus ha azzerato tutto: «Abbiamo riaperto il 7 aprile con le consegne a domicilio. Da oggi abbbiamo anche il servizio di take away. I numeri di prima con 240 coperti per il brunch domenicale sono impensabili. Per ora è solo un modo per essere vicino ai nostri clienti. Prima gli mandavamo i piatti a casa e loro ci mandavano le foto con whatsapp adesso possiamo rivederli in faccia. Ma qualcuno mi ha già prenotato un tavolo per giugno».

     

    In questo locale su due piani a pochi passi dal Duomo si tenevano eventi di grandi aziende. Per ora non se ne parla. Si spera che la riapertura di molti uffici faccia da volano.

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    Ma all' orizzonte qualche ombra c' è, ammette lo chef: «Ho 32 dipendenti. Di cassa integrazione per ora non abbiamo visto niente. Il locale è grande e pure con il dehor esterno che si potrebbe ampliare come concede il Comune, dovrei arrivare a 80 o 100 coperti al massimo. Rimanere in questa location così grande potrebbe essere difficile».

    In città i rider dei delivery sono in giro come sempre.

     

    Molti ristoratori si erano già attrezzati con consegne autonome. Dongiò in via Coerio, zona Sud di Milano, è uno di quei ristoranti diventato di moda negli anni. Prenotare per la sera stessa impossibile.

     

    Trovare un buco tra quei 55 coperti un miracolo. Antonio Criscuolo, il proprietario di questo fortunato ristorante calabrese, ha riaperto solo il primo maggio. Sabato le consegne a domicilio sono state appena nove, ma lui non si scoraggia e da oggi punta sul take away: «Questo è il primo mezzo liberi tutti. Con la riapertura degli uffici contiamo di servire 15 o 20 pasti al giorno, prendi e porti via. Da giugno con i distanziamenti arriveremo a 20 o 25 coperti.

    nonni e nipoti si riabbracciano a milano nonni e nipoti si riabbracciano a milano

    Vedremo cosa si potrà fare con i tavolini fuori. Siamo all' anno zero della ristorazione. Ho 56 anni, sono qui da 33 anni, 15 anni fa sarei stato più preoccupato».

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