Federica Zaniboni per “il Messaggero”
Videosorveglianza 2
I momenti più intimi venivano venduti online, al costo di 20 euro. O 40 con l'account vip.
Le docce, i rapporti sessuali, il bagnetto del figlio: tutto veniva messo sul mercato e poi guardato da migliaia di spettatori.
Undici persone, appartenenti a due gruppi criminali distinti, sono state indagate a vario titolo per i reati di accesso abusivo al sistema informatico e di associazione per delinquere, dopo che avrebbero violato gli impianti di videosorveglianza di case, alberghi, spogliatoi, palestre, piscine e perfino studi medici.
hacker
La vita privata di centinaia di cittadini ignari ma ritenuti dagli indagati abbastanza interessanti veniva data in pasto agli utenti di un account Telegram, creando così un vero e proprio business. Dopo una lunga indagine coordinata dalla Procura di Milano, nei giorni scorsi sono state eseguite 10 perquisizioni su tutto il territorio nazionale. Tra i filmati, molti riguardavano anche bambini, a loro volta ripresi in momenti intimi o di nudità. I magistrati, per questo, stanno valutando anche la possibilità di contestare il reato di pedopornografia
LE RIPRESE
Ciascuno degli indagati, all'interno della propria organizzazione criminale, aveva un ruolo ben definito. Chi era più esperto in materia informatica si occupava di scandagliare la rete in cerca di sistemi di videosorveglianza che fossero connessi a internet. Questo era il requisito fondamentale per accedere ai filmati, che venivano poi rubati attraverso attacchi hacker che consentivano di risalire alle password.
smart home 6
A questo punto, il lavoro veniva portato avanti da un altro membro del gruppo, che era incaricato di verificare la tipologia degli impianti, gli ambienti inquadrati dalle telecamere e la qualità delle riprese.
Naturalmente venivano prediletti i bagni, le camere da letto o gli spogliatoi. Un compito fondamentale, poi, era quello di pubblicizzare il servizio. «Benvenuto nel primo canale in Europa dedicato alle Spycam» scrivevano sulla chat Telegram, con l'obiettivo di far conoscere al pubblico quel «maxi archivio dedicato al mondo delle telecamere dove puoi trovare materiale unico».
smart home
Il prezzo di 20 euro veniva messo ben in evidenza e si spiegava che il pagamento poteva essere effettuato tramite Paypal o Bitcoin. In questo modo, con l'account chiamato premium, gli utenti potevano usufruire delle immagini condivise dagli amministratori del gruppo. Ma secondo quanto emerso dall'indagine coordinata dai procuratori aggiunti Letizia Mannella ed Eugenio Fusco, pagando il doppio, il profilo diventava vip: gli utenti ricevevano direttamente le credenziali degli impianti e a quel punto potevano accedere alle singole telecamere disponibili.
C'era anche un canale aperto a tutti, dove venivano mandati frammenti di pochi secondi per attrarre la clientela. Oltre a Telegram, inoltre, inizialmente gli indagati si servivano anche del social network Vkontakte, conosciuto come la versione russa di Facebook.
LA SEGNALAZIONE
casa domotica
Il fenomeno è stato scoperto dagli investigatori della polizia postale tramite la segnalazione da parte di un cittadino che aveva riconosciuto un filmato girato nello spogliatoio di una piscina in provincia di Monza e Brianza.
Nel 2019, inoltre, nell'ambito di una collaborazione con la postale neozelandese a contrasto della pedopornografia, erano emersi indizi riconducibili a questa operazione, denominata Rear Window. Tra gli 11 indagati, l'unico straniero è un cittadino di nazionalità ucraina, al momento irreperibile. Gli altri sono tutti italiani, di un'età compresa tra i 20 e i 56 anni. Una delle due organizzazioni aveva l'obiettivo di investire i proventi illeciti in strumentazioni tecnologiche sempre più sofisticate.
videosorveglianza 1
All'altra, invece, sono state scoperte transizioni finanziarie in criptovalute da 50mila euro. Durante le perquisizioni eseguite nei comuni di Milano, Ovada (Alessandria), Maranello (Modena) Treviso, San Remo, Rimini, Pisa, Roma, Caserta e Ragusa sono stati sequestrati diversi dispositivi elettronici. Oltre a 10 smartphone e 5 pc portatili, anche 3 workstation, 12 hard disk e svariati spazi cloud, per una capacità di storage complessiva di oltre 50 Terabyte.
smart home smart home 4 hacker