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    "FATTURAVO 30 MILIONI DI EURO L'ANNO EPPURE ERO INFELICE. ORA È NATALE OGNI GIORNO" - GIORGINA SIVIERO, 80ENNE TORINESE CHE GESTISCE L'ATELIER "SAN CARLO 1973", SPOPOLA SUI SOCIAL CON OLTRE 400MILA FOLLOWER: "NON SONO UNA BOTTEGAIA. TENGO POCO IN CONTO QUELLO CHE MI CHIEDI. QUANDO GUARDO UNA DONNA PENSO: “COME POSSO TRASFORMARLA?”" - "QUI SONO PASSATI TUTTI: DONNA MARELLA, ROMILDA TURATI, BETTINA GABETTI, MARIA TERESA LAVAZZA. DIVERSISSIME TRA LORO, A TUTTE MI SONO ISPIRATA" - "MI DEFINISCO UNA 'DISINFLUENCER' PERCHE'…"


     
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    Estratto dell'articolo di Francesca Angeleri per www.corriere.it

     

    GIORGINA SIVIERO GIORGINA SIVIERO

    [...] Ognuno al mondo nasce per un motivo. Giorgina Siviero, per raccontare una storia umana attraverso le stoffe.

     

    Lei non vuole solo vendere vestiti.

    «Non sono una bottegaia. Tengo poco in conto quello che mi chiedi. Io capisco immediatamente quello che voglio fare di te. Ho un’idea. Forse persino in questo momento ce l’ho».

     

    Lo vedo.

    «È come manipolare la materia. Un riflesso incondizionato. Quando guardo una donna penso: “Cosa vorrei fare con lei? Come posso trasformarla?”. Cancello la parte che non mi piace ed esalto quella che mi piace. Non c’entra l’età. La maggior parte delle volte mi danno ragione. E comprano quello che dico».

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    Adesso comprano da tutto il mondo. È diventata una star su Instagram (400mila follower con una crescita quotidiana pazzesca) da quando sua figlia Elena Cecchi ha avuto l’idea di seguirla facendole dei reel. Com’è cambiata la sua vita?

    «Ogni giorno è Natale. È come essere tornati ai primi anni 2000 quando la roba si vendeva da sola. All’epoca fatturavo 30 milioni di euro l’anno… eppure non sono mai stata così infelice. I momenti speciali della mia vita sono quelli che ho vissuto con più tristezza. A quel tempo, non ero in grado di guidare il mio vascello».

     

    [...] «Sul serio. La gente viene qui, si commuove, mi abbraccia, mi porta la focaccia da Genova, l’olio dalla Sicilia. Arrivano dalla Francia, io che prima i francesi non ero mai riuscita a vestirli, dalla Svizzera, prendono aerei… per me. Neanche per comprare, per me. Mi scrivono cose bellissime, che non vorrei dimenticare mai».

     

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    [...] Il difetto più grande?

    «Non sappiamo comunicare. Guardi me: per comunicare me stessa al mondo ho aspettato 80 anni. Gli addetti ai lavori, ovunque, mi conoscevano. Anche in Piemonte. Ma oggi il mio pubblico sono 400 mila follower, domani saranno un milione. Posso fare qualunque progetto mi venga in mente. Faccio, disfo, aggiungo, tolgo. Sono libera».

     

    È diventata un’influencer.

    «Per carità. Me ne guardo bene. Non vendo nemmeno on line, solo in negozio. E vendo merce che prima ho comprato di tasca mia. Piuttosto, sono una disinfluencer».

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    Ha aperto almeno una ventina di negozi, prima di arrivare a questo che è la sintesi di tutto. Senza più marchi né «schiavitù». In quel suo prima, quali clienti ricorda?

    «Qui sono passati tutti. Tra le donne più importanti che abbiamo avuto a Torino penso a Donna Marella, Romilda Turati, Bettina Gabetti, Maria Teresa Lavazza. Diversissime tra loro, a tutte mi sono ispirata. In modo diverso, riassumevano l’essenza torinese. Personalità fortissime, con loro non ho potuto esprimermi al 100 per cento. Erano speciali. Anche chi non sapeva chi fossero, quando arrivavano da me, percepiva che era entrato qualcuno di speciale. Si faceva un attimo di silenzio».

     

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    Cos’è la bellezza?

    «Proporzione».

     

    [...] Che famiglia era la sua?

    «Mio padre era un musicista maledetto, era la prima fisarmonica di Gorni Kramer. Mia madre ha dovuto inventarsi come andare avanti. Ho vissuto un’infanzia molto triste e tormentata, all’epoca essere figlia di separati era un’onta».

     

    Si è sentita poco amata?

    «Amata sì, non seguita. Poche regole ma ferree».

     

    Quali?

    «Cavatela da sola. Non chiedere aiuto, mai mostrare debolezza. Non perdere la faccia per nessun motivo. I soldi mal guadagnati fanno sempre una brutta fine». [...]

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