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    COME MAI IL GOVERNO NON TOCCA PALLA SULLA FUSIONE FIAT-PEUGEOT? - LO STATO ITALIANO NON HA QUOTE IN FCA, MA CON TUTTE LE AGEVOLAZIONI CHE NEI DECENNI SONO STATE ACCORDATE AL LINGOTTO AVREBBE MOLTI TITOLI PER INTERVENIRE. EPPURE JOHN ELKANN NON HA PENSATO MINIMAMENTE AD AVVERTIRE CONTE O PATUANELLI. IN BALLO CI SONO MOLTI POSTI DI LAVORO E I 5 MILIARDI PROMESSI DAGLI AGNELLI…


     
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    Alberto Gentili per “il Messaggero”

     

    john elkann john elkann

    Il governo italiano, al contrario di quello francese che possiede quasi il 13% di Peugeot, non ha quote azionarie in Fiat-Chrysler (Fca). E tuttavia a avrebbe molti titoli per intervenire con determinazione nella partita: basti pensare alle agevolazioni che nei decenni sono state accordate a Torino. Eppure, sorprendentemente, non ha assolutamente toccato palla nella fusione tra il Lingotto e Peugeot. Ad ammetterlo candidamente, senza celare un leggero fastidio, è il premier Giuseppe Conte. E a confermarlo è il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli.

    GIUSEPPE CONTE GIUSEPPE CONTE

     

    Ecco l'ammissione di Conte: «Non posso giudicare l'accordo tra Fca e Peugeot visto che non conosco i dettagli e i contenuti». Ma possibile che John Elkann non l'abbia avvertito, chiedono i cronisti a margine dell'assemblea di Confitarma? E il premier: «Non siamo riusciti a parlarci, c'è stato un contatto telefonico mancato, ci aggiorneremo presto con Elkann, con i vertici Fiat e conoscerò i dettagli». Patuanelli, invece, fa sapere di avere incontrato Elkann «qualche giorno fa». Prima, però, che diventasse operativo il progetto della fusione. Insomma, il ministro dello Sviluppo sarebbe stato informato solo dell'ipotesi di fusione con il gruppo francese. Ma non è stato avvertito quando il piano è scattato.

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    stefano patuanelli stefano patuanelli

    Conte, criticato dalla Fiom per il suo ruolo di «semplice osservatore», ora vorrebbe recuperare: «Fermo restando che è un'operazione di mercato, il governo non può restare indifferente rispetto a un progetto industriale così importante». E ai vertici di Fca il presidente del Consiglio è determinato a chiedere che «sia assicurata la produttività e la continuità aziendale in Italia. Se ci sono economie di scala, ben vengano, ne beneficeranno entrambi i gruppi, ma l'importante è che garantiamo il livello di occupazione e gli investimenti in Italia».

     

    I PALETTI DEL MISE

    GIUSEPPE CONTE E IL MASSAGGIO CARDIACO GIUSEPPE CONTE E IL MASSAGGIO CARDIACO MIKE MANLEY JOHN ELKANN MIKE MANLEY JOHN ELKANN

    Patuanelli, nel ruolo di ministro competente sul dossier, dà maggiori dettagli dell'allert lanciato dal governo: «Chiederemo ovviamente a questo nuovo gruppo di garantire la continuità del piano industriale che Fca aveva previsto nel nostro Paese con tutti gli investimenti previsti negli stabilimenti».

     

    JOHN ELKANN CON LA STAMPA JOHN ELKANN CON LA STAMPA

    Circa 5 miliardi. Ancora: «È ovvio che l'unione di questi due grandi gruppi costituirà il quarto colosso mondiale di produzione delle automobili, ci potranno essere delle economie di scala rispetto ai costi. Ebbene, noi richiederemo che queste economie e questa riduzione di costi non si ripercuota poi sulle previsioni industriali negli stabilimenti italiani e quindi che non vadano a incidere sui lavoratori del nostro Paese».

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    Patuanelli fa anche sapere che di non avere «ancora incontrato» i vertici di Fca. Ciò fa pensare che a breve il ministro dello Sviluppo possa convocare Elkann. Ma al Mise fanno filtrare che al momento non è previsto alcun incontro con lo stato maggiore di Fca. E c'è un altro aspetto che irrita il governo. Ed è la scelta di Fca, legata a ragioni fiscali, di confermare la sede del nuovo gruppo in Olanda.

     

    paola de micheli parla fitto fitto con stefano patuanelli paola de micheli parla fitto fitto con stefano patuanelli

    «L'ho già scritto in una lettera ufficiale ai rappresentanti delle istituzioni europee e ai miei omologhi dopo le elezioni europee, dobbiamo lavorare affinché all'interno dello spazio comune europeo non ci siano agevolazioni fiscali tali da rappresentare forme indirette di concorrenza sleale». Ancora: «Se in alcuni Paesi c'è un tale dislivello di costo di manodopera o agevolazioni fiscali si creano disarmonie e scorrettezze concorrenziali».

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