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    “COME FINIRA’ LA CORSA AL QUIRINALE? VEDO MATTARELLA CHE CHIUDE IL PORTONE DIETRO DI SÉ E SI CHIEDE: "AVRÒ CHIUSO IL GAS?" – LA SATIRA ROMANZATA DI FEDERICO PALMAROLI (OSHO) – “SONO DI DESTRA MA A GENTILONI AUGURO DI ANDARE AL COLLE. MI MANCA CONTE, IL PERSONAGGIO-MACCHIETTA, LA COPPIA CON ROCCO CASALINO, LE DIRETTE FACEBOOK INFINITE. FONTI DI ISPIRAZIONE QUOTIDIANA" – LE BORDATE CONTRO IL POLITICAMENTE CORRETTO E IL CATCALLING – IL LIBRO


     
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    Federico Novella per "la Verità"

     

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    C'è Mario Draghi che dichiara: «Nella terza dose ce sta pure l'antigelo». C'è la regina Elisabetta che dice al principe Carlo: «Te che sei cagionevole, fattelo subito 'sto vaccino». C'è papa Francesco che uscendo dall'auto dice: «Qui non puoi fa' uno starnuto che già accendono la stufa der conclave». Federico Palmaroli, in arte Osho, a volte sembra leggere nel pensiero dei potenti.

     

    Che però, nella sua satira fotoromanzata, diventano irresistibili maschere romanesche: un mondo dove Luigi Di Maio ricorda Alberto Sordi, Sergio Mattarella si avvicina ad Aldo Fabrizi, e Giorgia Meloni assume la calata della Sora Lella. Lampi di genio scelti fior da fiore, nell'ultima raccolta con Draghi in copertina: Carcola che ve sfonno (Rizzoli editore).

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    Com' è la satira al tempo di Draghi?

    «È complicato, perché con Draghi si è persa la battaglia politica, e la satira si nutre di scontri. Invece qua è tutto piatto. L'attualità politica si riduce al resoconto delle decisioni governative. Insomma, mi manca un po' Conte».

     

    Addirittura?

    «Non politicamente. Mi manca il personaggio-macchietta, la coppia con Rocco Casalino, le dirette Facebook infinite. Fonti di ispirazione quotidiana».

     

    In una vignetta c'è un'ambulanza tra i passanti: «Donne, è arrivato il vaccino». La tragedia può ridursi in farsa?

    «Non posso non parlare di Covid. Fa parte ormai della nostra quotidianità, molto più delle vicende dei partiti. Cerco, a modo mio, di uscire dalla manfrina quotidiana dei contagi, vaccini, tamponi».

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    Viviamo nell'epoca della cancel culture. Si sente minacciato dal politicamente corretto?

    «Sì, soprattutto sui social, dove l'algoritmo rischia di bloccarti un contenuto. Tutta colpa delle nuove sensibilità artificiali indotte nelle persone. La polemica sull'Europa che vieta la parola "Natale" è un eccesso che rende bene l'idea. Un'altra follia è il cosiddetto "catcalling"».

     

    Dalla Treccani:«Molestia consistente nell'espressione di apprezzamento di natura sessuale rivolto in modo esplicito a una donna». Non è d'accordo?

    «Un'idiozia. A me viene solo in mente Fiorella Mannoia, icona di sinistra: "Dalle macchine per noi, i complimenti dei playboy"».

     

    Diverso il caso della giornalista molestata da un tifoso della Fiorentina.

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    «La pacca sul sedere? No, quella è una schifezza. Ci fossi stato io, gli avrei dato due ceffoni a quel tifoso. Ecco, magari condannarlo all'ergastolo, come vorrebbe qualcuno, mi pare un filo esagerato».

     

    In una vignetta si vede Greta Thunberg che strilla: «Non si sa più come vestirsi!». Il dovuto rispetto per le donne limita la sua fantasia?

    «Il mio limite è la buona educazione, non il politically correct. Quando ci fu una missione spaziale tutta al femminile, ho pubblicato la foto di un'astronauta in orbita con le buste della spesa: "Oddio, non trovo più le chiavi dell'astronave!"».

     

    C'è il generale Figliuolo che annuncia in pompa magna: "Con la terza dose si vede anche Dazn". È ancora vero che la satira è in mano alla sinistra?

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    «Ormai quasi non ho più voglia di parlarne. È chiaro che a sinistra c'è ancora un'egemonia. Gli altri sono una nicchietta, che cerca di fare il suo. Io mi considero fortunato: piaccio in maniera bipartisan. Forse perché colpisco un po' tutti, ma sempre in modo inoffensivo. Forse se mi fossi dichiarato di sinistra avrei avuto più successo. Forse, eh».

     

    Nella sua controcopertina c'è un sonetto di Ettore Petrolini. E poi una frase eloquente: «Questo libro è dedicato a quell'idiota che lo prenderà sul serio». Con le sue vignette vuole solo strappare una risata, o lanciare chissà quali messaggi?

    «Ma no: è solo una parodia. Una caricatura. È come nel film L'aereo più pazzo del mondo. Poi, quando riesco, mi piace trasporre i grandi temi politici nel linguaggio di vita quotidiana. Così la scelta del vaccino mi ricorda la selezione del vino al ristorante: "Pfizer o Moderna? Grazie, prendo quello della casa"».

     

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    In una vignetta c'è Mario Draghi che ricorda a tutti: «Comunque una mascherina appresso portatevela, che la sera rinfresca sempre». Da dove pesca il luogocomunismo romanesco?

    «Ho assorbito gli stereotipi verbali di mia madre. "Me raccomando, pòrtate er K-way, almeno sulle spalle, che la sera rinfresca". Una delle tante frasi che mi è rimasta in testa, anche perché il giacchetto per me era un incubo: piuttosto che legarmelo sulle spalle, preferivo fracicamme».

     

    Il suo romanesco non sembra essere quello dei quartieri alti: piuttosto somiglia al lessico delle borgate.

    «Tutti i romani parlano la stessa lingua: poi c'è chi cerca di nasconderlo, e chi non si fa problemi. Ma il linguaggio è lo stesso».

     

    C'è il presidente Mattarella a una cena di Stato che dice: «Fatemi la cortesia di ordinare solo un primo sennò me fate litigà cor cuoco».

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    «I presidenti funzionano sempre, e forse un motivo c'è. Oggi, con i social, la distanza tra il politico e l'uomo della strada si è assottigliata. Ma i capi di Stato, invece, dispongono ancora di una certa aura di prestigio. Penso al Papa, a Biden, ai reali. Dunque, appena provi ad abbassarli al linguaggio del popolo, ecco che l'effetto contrasto fa scattare la magia».

     

    Dopo la pubblicazione, i politici le telefonano?

    «Quasi tutti. Molti vorrebbero la vignetta in originale: richiesta che comprendo poco, visto che su Internet si possono scaricare tranquillamente. Alberto Bagnai e Giorgia Meloni sono miei grandi estimatori. Anche l'ex ministro Roberta Pinotti mi ha fatto i complimenti per una vignetta. Dopo l'affossamento del ddl Zan, le avevo affibbiato un dubbio amletico: "Ma il cane della Cirinnà li fiuterà i franchi tiratori?"».

     

     La sua vignetta preferita?

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    «La travagliata storia d'amore tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio durante il governo gialloblu fu per me un'epoca d'oro. Ricorda? Quando Salvini troncò la relazione e poi cercò disperatamente di ricucire. Era una telenovela. Finché il leader della Lega non chiama Di Maio al telefono: "Luigi, aspetto un bambino"».

     

    Diventò subito virale.

    «Sembrava un'immagine presa da un fotoromanzo. Ognuno si sarà identificato in quel tira e molla amoroso, no?».

     

    «Le frasi di Osho» ha più di 400.000 follower solo su Twitter. Oggi fa il vignettista a tempo pieno?

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    «No, ho un lavoro normalissimo, che mi tiene con i piedi per terra. E che mi consente ogni giorno di tuffarmi tra la gente, e attingere nuovi spunti».

     

    Se Berlusconi diventa presidente della Repubblica, lei vince la lotteria?

    «In realtà certi cliché su di lui sono ormai ridondanti: le donne, le feste, eccetera. La gente si abitua in fretta e non ride più. Semmai Berlusconi preferisco ritrarlo a colloquio con Mattarella al Quirinale: "Ahò, ma qua i vicini come sò? Rompono?"».

     

    Il primo politico vittima della sua ironia?

    «Paolo Gentiloni, che da premier era perfetto. Gli voglio bene: quando ero agli inizi mi invitò pure a Palazzo Chigi. Sono di destra, ma gli auguro di vincere il Colle».

     

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    Proviamo a improvvisare. Cosa dirà Sergio Mattarella il giorno in cui lascerà il Quirinale, chiudendosi il portone alle spalle?

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    «"Oddio, avrò spento il gas?"».

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