Estratto dell’articolo di Antonio Padellaro per “il Fatto quotidiano”
vittorio feltri
Ieri mattina ho ricevuto sul cellulare un messaggino allarmato di un caro amico: Vittorio Feltri scrive su “Libero” un pezzo che ti riguarda. Che diavolo avrò fatto mai, rimuginavo, mentre mi affannavo a cercare nelle poche edicole aperte un copia del raro e prezioso manufatto (che leggo soltanto quando viene deposto sulla mia scrivania al “Fatto”, naturalmente gratis).
Poi ho avuto un’illuminazione: non sarà per quel pezzo a mia firma uscito sabato su “Millennium”, dedicato a un incontro con la famiglia Angelucci quando ero direttore de l’“Unità”? […] C’era una doglianza per il titolo del mio pezzo a proposito delle lenti scure indossate dagli Angelucci nel suddetto incontro. […] qui levo la mia protesta contro la suscettibilità padronale: una penna sopraffina come quella di Feltri dovrebbe essere scomodata per ben altro […]
antonio padellaro
Quando poi scrive che sono stato “scorretto” nel riferire di una “chiacchierata tra amici a distanza di anni” perché “in certi casi un gentiluomo tace, non rinvanga il passato per fare il bullo al bar”, come si dice prendo e porto a casa. […] quando scrive che lui ha fatto “meglio di me” perché “ha sgobbato di più” ha ragione da vendere. Io invece continuerò a non fare una mazza e a darmi alla bella vita convinto che nessuno avrà qualcosa da ridire, o da pretendere, per il semplice motivo, caro Feltri, che io, a differenza tua, sono il padrone di me stesso.