Causa Coronavirus la stretta di mano è abolita. Torniamo al saluto romano.
— Vittorio Feltri (@vfeltri) February 22, 2020
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TRENO ITALO
Edoardo Semmola per corriere.it
Nel sentire le parole concitate «oddio, non sarà mica coronavirus, l’altro giorno ero in palestra insieme a uno dei contagiati di Lodi», ogni dubbio che fosse uno scherzo è subito svanito. E Niccolò Torrini, direttore marketing di Hard Rock Café a Firenze ed ex presidente della commissione Servizi educativi del Quartiere 1, ha iniziato a sudare freddo.
Si trovava sulla carrozza 10 del treno Italo partito da Santa Maria Novella alle 18,25 di ieri in direzione Milano quando, poco prima di Bologna, nella carrozza davanti alla sua è scoppiato un parapiglia.
«Un tizio ha cominciato a tossire in modo insistente e, evidentemente preoccupato, si è messo a parlare a telefono con qualcuno dicendo che aveva paura che fosse coronavirus perché giorni fa era stato in palestra con uno di quelli che lo hanno contratto e hanno corso insieme», racconta Torrini.
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Parte «il delirio in carrozza», «un gran trambusto», «mascherine, gente che urla, che chiede di scendere dal treno». All’altezza di San Ruffilio il treno si ferma. Salgono Carabinieri e uomini dell’Unità di crisi del Ministero della sanità. «I Carabinieri bloccano l’accesso alla carrozza 11 e siamo rimasti bloccati per circa 40 minuti, chiusi ad aspettare, mentre la tensione saliva».
Dal vetro della porta che separa i due vagoni, Niccolò vede il sospetto portatore del virus parlare con i sanitari di quello che era successo, mentre tutto intorno la gente chiedeva di «uscire e scendere». Ma pare che, «siccome erano passate 3 settimane da quella giornata in palestra, il periodo incubazione fosse passato, e i sanitari hanno detto che non c’era un pericolo imminente».
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Ma i Carabinieri «non ci facevano avvicinare», poco male perché «comunque io nel frattempo ero già scappato dalla carrozza 10 alla 8, più lontano possibile». Il primo pensiero è stato: «Sarà uno scherzo».
Il secondo: «Ma cribbio, proprio sul mio treno doveva accadere?». Il terzo invece: «Paura. La storia della palestra, tornava tutto, sembrava proprio vero. Per questo è scoppiato il delirio collettivo». Torrini non ha capito se il paziente è stato fatto scendere a San Ruffilio o se ha proseguito il viaggio, visto che era fuori dai tempi di quarantena. Ma sui binari «c’era un dispiegamento di uomini da fare impressione».
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