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    FERMI TUTTI, PARLA L’AUTISTA E BODYGUARD DI DIABOLIK: ‘HO RICONOSCIUTO IL KILLER. ERA ALTO, ATLETICO E CON LA BARBA’ - IL VERBALE DELLA GUARDIA DEL CORPO CUBANA: GLI ERO SEDUTO ACCANTO SULLA PANCHINA DOVE SAREBBE STATO UCCISO. DOPO CIRCA UN' ORA HO VISTO UN UOMO ARRIVARE ALLE NOSTRE SPALLE E…” – IL RACCONTO DELL’ULTIMO GIORNO DI VITA DI PISCITELLI


     
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    Giulio De Santis per il Corriere della Sera - Roma

     

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    Ecco l' identikit del killer di Fabrizio Piscitelli nelle parole di chi lo ha visto in viso, il cubano Eliobe Creagh Gomez, autista e bodyguard di Diabolik: «Era alto circa 1,85, 1,90, corporatura atletica, calzava in testa una bandana verde, aveva la barba di colore nero media lunghezza, indossava sia sulle braccia che sulle gambe una specie di calza maglia, a coprire i tatuaggi che avrebbero potuto farlo identificare».

     

    Non solo il cubano l' ha avuto a pochi centimetri dagli occhi, ma, interrogato dalla Squadra mobile subito dopo l' omicidio, l' ha anche identificato. Con una percentuale di precisione del 90%, secondo gli investigatori.

     

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    La testimonianza è contenuta nell' informativa consegnata al pm Nadia Plastina, in cui la polizia ricostruisce i minuti successivi all' omicidio di Piscitelli, ucciso con un colpo di pistola nel parco degli Acquedotti nel tardo pomeriggio del 7 agosto 2019. Subito dopo la notizia dell' esecuzione, alle 20.40, la Squadra mobile interroga Gomez, 30 anni. Questo è il racconto del bodyguard dell' ultimo giorno di vita di Diabolik dalle 16 in poi di quel pomeriggio di dieci mesi fa.

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    «Andiamo a trovare un suo amico. Non so dire il suo nome, era alto un 1,80, capelli biondi, ben vestito. I due hanno parlato della Lazio. Dopo dieci minuti è arrivato Fabrizio Fabietti (il braccio destro di Piscitelli, ndr ). Nel corso dell' incontro, Fabrizio ha avvisato Fabietti che "stava andando là". Fabietti gli ha risposto: "Ok"».

     

    Domanda degli investigatori: «Fabietti sapeva con chi Diabolik aveva appuntamento al parco degli Acquedotti?» La risposta non c' è nell' informativa. Prosegue Gomez: «Siamo arrivati alle 18 al parco. Fabrizio mi ha chiesto, dato che eravamo in anticipo, di fargli compagnia sulla panchina dove sarebbe stato ucciso. Stavamo seduti dando le spalle al parco e guardando la strada.

     

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    Dopo circa un' ora ho visto un uomo arrivare alle nostre spalle e senza dire nulla ha sparato in testa a Fabrizio, per poi scappare sulla sinistra rispetto a dove eravamo seduti, verso il centro della città. Appena l' uomo ha sparato, mi sono alzato dalla panchina e ho sollevato le mani per far capire che non volevo essere ucciso. Questi del tutto incurante si è dato alla fuga senza proferire parola». All' interrogativo degli inquirenti, se fosse in grado di riconoscerlo, la risposta del cubano è stata secca: «Sì».

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