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    FERRARI REVOLUTION! VIA ARRIVABENE, AL SUO POSTO AL VERTICE DELLA GESTIONE SPORTIVA DEL CAVALLINO ECCO MATTIA BINOTTO, FINO ALL’ANNO SCORSO DIRETTORE TECNICO DELLA SCUDERIA - DIETRO IL CLAMOROSO RIBALTONE, IL TITOLO SFUGGITO ALLE ROSSE E LA ROTTURA FRA I DUE DOPO LE CRITICHE DI ARRIVABENE ALLA MACCHINA – CHI E’ MATTIA BINOTTO, EX CAPO MOTORISTA, DA 25 ANNI A MARANELLO: L’INVESTITURA DI MARCHIONNE PRIMA DELLA MORTE


     
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    Luigi Perna per la Gazzetta dello Sport

     

    ARRIVABENE ARRIVABENE

    Ormai si era capito che la convivenza alla Ferrari fra Maurizio Arrivabene e Mattia Binotto non avrebbe potuto proseguire. Ma era molto più difficile prevedere il ribaltone che si è consumato nelle ultime ore a Maranello. Forse già oggi potrebbe essere infatti ufficializzato il cambio al vertice della Gestione sportiva, con l' attuale team principal sostituito da quello che fino all' anno scorso era il direttore tecnico della Scuderia. Fra i reparti della fabbrica si respirava un' atmosfera di tensione e incertezza già nelle scorse settimane, prima delle festività natalizie. Poi la svolta, col mancato rinnovo del contratto di Arrivabene, che fino a settembre sembrava saldamente in sella.

     

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    AMARO Per l' ex numero uno del marketing di Philip Morris si chiude così l' avventura al comando della rossa durata quattro stagioni, nelle quali la Ferrari ha avuto per due volte (2017-2018) una macchina in grado di contendere il Mondiale alla Mercedes, ma non è mai arrivata a giocarsi il titolo all' ultima gara come era invece accaduto negli anni di Stefano Domenicali e Fernando Alonso. Un bilancio che alla fine deve aver pesato sul destino di Arrivabene. In particolare l' ultimo campionato ha lasciato l' amaro in bocca e la sensazione di una grande occasione sprecata.

     

    Lo staff di Binotto aveva messo in pista una SF71H vincente da subito in Australia e Bahrain con Sebastian Vettel, e capace di centrare 3 pole position nelle prime 4 gare, ma poi gli errori del tedesco a luglio in Germania e a settembre nel GP di casa di Monza hanno fatto spostare l' esito della sfida dalla parte di Lewis Hamilton, che da Singapore in avanti ha preso il largo in classifica. La morte del presidente Sergio Marchionne, proprio dopo la gara in Germania, ha creato uno choc profondo e ha disorientato la squadra. La frettolosa chiamata del nuovo amministratore delegato Louis Camilleri da parte di John Elkann non ha riempito il vuoto. Intanto i rapporti fra Arrivabene e Binotto, già compromessi, sono arrivati al punto di rottura.

     

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    Non è un mistero che il d.t. nei mesi scorsi abbia pensato di lasciare la Ferrari. Nonostante le smentite, sono arrivate offerte da Mercedes e Renault. Perciò si è creata una situazione in cui c' era da scegliere fra l' uno e l' altro, posto che assieme non potevano andare avanti. Una partita decisa ai calci di rigore.

     

    EREDITà Nei piani di Marchionne sarebbe dovuta finire come è finita. Il presidente aveva già deciso di puntare per il futuro su Binotto a capo della Gestione Sportiva. Fra loro c' era un filo diretto per le scelte tecniche e non solo. Marchionne si rivolgeva direttamente all' ingegnere di natali svizzeri, che aveva acquistato potere essendo fra i grandi artefici del rilancio della scuderia dopo il primo, fallimentare anno con i motori V6 ibridi.

     

    L' improvvisa scomparsa di Marchionne ha messo in discussione il cambio al vertice e anche altre questioni, come la promozione per il 2019 del giovane Charles Leclerc sulla rossa al posto di Kimi Raikkonen (ad Arrivabene non sarebbe dispiaciuto confermare ancora il vecchio amico finlandese). Tanto più che il team principal aveva recuperato terreno con l' arrivo di Camilleri, suo capo alla Philip Morris, riprendendosi alcune deleghe che Marchionne aveva riunito fra le sue competenze. Ecco perché adesso il ribaltone voluto da Elkann, a soli due mesi dall' inizio del Mondiale di F.1, appare clamoroso.

     

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    ERRORE Fra le colpe di Arrivabene c' è il fatto di avere avuto una strategia discutibile, anche a livello mediatico. Quando si è capito che il Mondiale stava sfuggendo per l' ennesima volta, il numero uno della Ferrari ha preso a criticare la vettura, insistendo su una battuta d' arresto nello sviluppo tecnico durata appena due gare (Singapore e Sochi), anziché affrontare seriamente la crisi di risultati e personale di Vettel, rimasto fermo al successo di fine agosto a Spa. Il quattro volte iridato si è sentito lasciato solo e gli ingegneri delegittimati. Paradossale. Adesso tocca a Binotto, uno che viene dalla gavetta, ma che quando fu presentata la macchina del 2018 fu perentorio: «Il secondo posto non ci basta più». Parlava già da team principal.

     

     

    2. MATTIA BINOTTO PER MARCHIONNE ERA PREDESTINATO

    Lu.Pe. per la Gazzetta dello Sport

     

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    Molti dei messaggi in codice lanciati nel corso della stagione da Maurizio Arrivabene erano indirizzati a lui: Mattia Binotto. Non è mai stato un mistero che i due fossero su opposti fronti all' interno della Ferrari, ma la rivalità è diventata rottura quando il campionato da Monza in avanti ha preso una chiara direzione a favore di Hamilton e della Mercedes. Nel reparto tecnico è cominciata a serpeggiare una certa sfiducia nei confronti di Sebastian Vettel e per il modo in cui veniva gestita la squadra.

     

    Mentre il team principal ha cominciato a scaricare le colpe sulla macchina e sul "capo" degli ingegneri, rioccupando la scena mediatica che Marchionne gli aveva tolto.

     

    BINOTTO BINOTTO

    CONFRONTO L' apice del confronto a distanza c' è stato a Suzuka, nelle qualifiche del GP del Giappone, quando Arrivabene esplose letteralmente contro il team per la scelta sbagliata di montare gomme intermedie da bagnato quando la pista era ancora troppo asciutta. Ma già nella gara precedente, a Sochi, era cominciato il ritornello di Arrivabene sullo sviluppo della monoposto in ritardo rispetto alle Frecce d' argento. La realtà era diversa, e non deve essere sfuggito ai piani alti. Episodi come il mancato ordine di squadra fra Raikkonen e Vettel al via di Monza (replica di quello che era accaduto nel 2017 a Singapore) hanno pesato sul fallimento mondiale quasi quanto gli sbagli in serie del quattro volte iridato.

     

    MATTIA BINOTTO MATTIA BINOTTO

    CARRIERA Adesso il bastone del comando passa nelle mani di Binotto, 49 anni, uomo d' ordine che viene dal basso e ha scalato tutti i gradini gerarchici a Maranello. Nel 1995 entrò come ingegnere motorista nella squadra test e due anni dopo nella squadra corse, partecipando ai trionfi dell' era Schumacher sotto la presidenza di Luca di Montezemolo e la direzione di Jean Todt. Nel 2009 è stato nominato responsabile generale delle operazioni motore e Kers con Paolo Martinelli, poi vicedirettore motore ed elettronica con Luca Marmorini e infine nuovo direttore del reparto power unit nel 2014, per volontà di Sergio Marchionne. Il manager italo-canadese lo aveva scelto come dirigente di riferimento e referente personale, convinto dalla svolta tecnica che Binotto era riuscito a dare nel 2015 (tre vittorie) rispetto alla deludente stagione precedente.

     

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    SCOMMESSA Nel 2016 la decisione di promuoverlo direttore tecnico dopo l' allontanamento dell' inglese James Allison, passato in seguito alla Mercedes.

    Sotto Binotto, nelle ultime due annate, è andata in scena la rivoluzione che Marchionne aveva pianificato a Maranello.

     

    Con un sistema di organizzazione "orizzontale" basato sulla valorizzazione degli ingegneri di seconda fascia, soprattutto italiani. Due su tutti: Enrico Cardile e Corrado Iotti, entrambi arrivati dalla produzione a dirigere rispettivamente il settore aerodinamico e quello dei motori in F.1. Un' intuizione che ha dato i suoi frutti con macchine vincenti come la SF70H e la SF71H.

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    DURO Binotto, nato in Svizzera e laureatosi al Politecnico di Losanna, è un intransigente. Lo dipingono come un duro, dal carattere molto esigente sul lavoro. Forse proprio per questo capace di tirare fuori il massimo da tutti. C' è da capire quali cambiamenti farà nell' organizzazione della squadra sui circuiti. Se ne farà. Con lui Sebastian Vettel e Charles Leclerc partiranno alla pari, senza preclusioni per il baby cresciuto nella Ferrari Academy, per il quale Arrivabene aveva previsto un 2019 di apprendistato: «Deve venire e imparare da Seb». Di certo Binotto non avrà difficoltà a farsi sentire nelle riunioni tecniche e strategiche.

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    Mentre a livello politico dovrà essere l' amministratore delegato Louis Camilleri a imporsi nelle trattive sul rinnovo del Patto della Concordia.

     

    E ORA? E qui si apre un altro e più ampio capitolo della vicenda. Perché il cambio al vertice fra Arrivabene e Binotto potrebbe preludere ad altri clamorosi cambiamenti a Maranello. La nomina di Camilleri è stata percepita da molti come una soluzione di transizione per la Ferrari e anche i mercati sembrano averla interpretata così, con il titolo andato a picco in Borsa da settembre a oggi dopo la presentazione del piano industriale. Intanto ha sorpreso rivedere in fabbrica nelle scorse settimane l' ex amministratore delegato Amedeo Felisa, che ha visitato il reparto motori e chiesto parecchie informazioni. Dopo la separazione nel 2016 da Maranello, è rimasto membro del c.d.a. e consulente tecnico. Sarà andato in visita solo per quello?

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