Simona Lorenzetti per il “Corriere della sera”
ARRESTATI 6 AGENTI DELLA PENITENZIARIA ACCUSATI DI TORTURE AI DETENUTI
Detenuti costretti a rimanere in piedi per ore e a declamare a voce alta le colpe di cui si erano macchiati. Detenuti picchiati, insultati, umiliati. Succedeva nel carcere Lorusso e Cutugno di Torino. Nel blocco «C», quello degli «incolumi», dove scontano la condanna gli uomini responsabili di crimini sessuali.
In quei corridoi, spesso di notte, alcuni agenti di polizia penitenziaria infliggevano ai reclusi le punizioni che ritenevano più adeguate. Forti di un senso di impunità, agivano al di sopra della legge e della giustizia dei tribunali autoproclamandosi «giustizieri morali», come li definisce il gip nell' ordinanza.
Ora sei di loro, tutti trentenni, sono finiti agli arresti domiciliari con l' accusa di tortura, perché «con violenza e minacce gravi, nonché agendo con crudeltà, cagionavano acute sofferenze fisiche nonché trauma psichico» a sei detenuti. Un' altra decina di persone è indagata per non aver impedito gli abusi o per aver preso parte in maniera marginale alle spedizioni punitive.
ARRESTATI 6 AGENTI DELLA PENITENZIARIA ACCUSATI DI TORTURE AI DETENUTI
L' inchiesta ha mosso i primi passi nel dicembre dello scorso anno, dopo la denuncia della garante delle persone private della libertà del Comune di Torino, Monica Gallo, che aveva raccolto lo sfogo di un detenuto: l' uomo le aveva confidato di essere stato maltrattato da tre agenti. Le guardie lo avevano brutalmente schiaffeggiato. E in un' altra occasione lo avevano costretto a rimanere faccia al muro per 40 minuti e a ripetere a voce alta «sono un pezzo di m...». Partendo da quella denuncia, i pm Enrica Gabetta e Francesco Pelosi hanno ricostruito numerosi episodi avvenuti tra l' aprile del 2017 e il novembre del 2018. Lo spaccato che emerge è una narrazione di crudeltà e sadismo.
«Vivevo con l' ansia di incontrarli», ha ammesso una vittima. I reclusi venivano «battezzati» al loro arrivo. Il messaggio era chiaro fin da subito: «Ti renderemo la vita molto dura, ti faremo passare la voglia di stare qua dentro».
ARRESTATI 6 AGENTI DELLA PENITENZIARIA ACCUSATI DI TORTURE AI DETENUTI
E poi le botte, le perquisizioni arbitrarie delle celle fino a distruggere gli effetti personali o a imbrattare lenzuola e vestiti con il detersivo per i piatti. I detenuti hanno raccontato di come gli agenti li portassero in aree discrete, senza telecamere: dopo essere stati costretti a denudarsi, venivano colpiti nelle parti intime o sul costato. Scrive il gip: gli indagati si sono comportati con «spudorato menefreghismo e senso di superiorità verso le regole del loro pubblico ufficio», dimostrando di «non credere nell' istituzione di cui fanno parte».
«Nei casi come questo non resta che augurarsi che si faccia al più presto chiarezza - spiega Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, associazione per i diritti dei detenuti -.
Avevamo più volte segnalato come il clima nelle carceri stesse peggiorando». «Uno Stato civile punisce gli errori, ma che la parola di un detenuto valga gli arresti di un poliziotto mi fa girare le palle terribilmente. La mia massima solidarietà a quei sei padri di famiglia», è invece il commento del leader della Lega Matteo Salvini.
2 - "IMPICCATI, DEVI MORIRE QUI DIETRO LE SBARRE" INSULTI E BOTTE AI DETENUTI, SEI AGENTI ARRESTATI
Claudio Laugeri per “la Stampa”
ARRESTATI 6 AGENTI DELLA PENITENZIARIA ACCUSATI DI TORTURE AI DETENUTI
«Per quello che hai fatto, devi morire qui». L' umiliazione, gli insulti e le minacce. Dopo le botte. Era il trattamento riservato a una mezza dozzina di detenuti delle quattro «sezioni incolumi», nel padiglione C del carcere «Lorusso e Cutugno» di Torino. Da ieri mattina, sei agenti di polizia penitenziaria sono agli arresti domiciliari per tortura, reato introdotto due anni fa nel codice penale. La pena è dai cinque ai dodici anni di carcere.
A indagare sugli agenti sono stati i colleghi del Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria. Gli episodi sono avvenuti tra aprile 2017 e novembre 2018. Riguardano una mezza dozzina di detenuti, ma il sospetto degli inquirenti è che il fenomeno fosse più esteso.
L' indagine è scaturita dalla segnalazione della Garante comunale per i diritti dei detenuti, Monica Cristina Gallo. È stata lei a raccogliere le confidenze di alcuni carcerati, tutti sotto i 40 anni e arrestati per reati sessuali. Pedofili e stupratori, la categoria più odiata in carcere. E sovente, anche fuori. Per questo, gli agenti avevano deciso di fare i «vigilantes», i «giustizieri» che applicavano pene anche prima della sentenza.
Sapevano che quei personaggi non sono amati. Ma soprattutto, immaginavano che per loro sarebbe stato difficile trovare sostegno, dentro e fuori dal carcere.
L' umiliazione era continua. A uno avrebbero spruzzato detersivo per i piatti sul materasso e strappato le mensole dal muro, un altro sarebbe stato costretto a dormire sull' asse di metallo del letto, senza il materasso, un altro ancora ignorato quando ha chiesto una visita medica. Poi insulti e minacce. Tutto reso ancora più cupo dai toni, dalla veemenza. Violenza verbale. «Figlio di puttana, ti devi impiccare», dicevano a uno.
Per un altro, il trattamento era costringerlo a ripetere «sono un pezzo di merda».
cella del penitenziario
Un altro ancora veniva preso a calci nel sedere mentre scendeva le scale, con la litania di sottofondo: «Ti ammazzerei e invece devo tutelarti». C' è questo e altro nella quarantina di pagine dell' ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Sara Perlo, che ha esaminato il materiale raccolto dal Nucleo investigativo della polizia penitenziaria, coordinato dal procuratore aggiunto Enrica Gabetta e dal pm Francesco Pelosi.
Un' indagine senza intercettazioni, senza «pentiti». Gli inquirenti hanno raccolto testimonianze. Qualche compagno di cella dei detenuti picchiati. E poi, le parole di quelli che hanno preso le botte. Hanno raccontato le modalità di quei pestaggi. Gli agenti infilavano i guanti, per lasciare meno segni. Ma anche per intimidire. Sferravano pugni nello stomaco, sempre per non lasciare segni. Qualche volta, però, si lasciavano andare: un detenuto ha preso un pugno in faccia e gli è caduto un dente, un altro ha zoppicato tre mesi per un calcio su una gamba tesa. Poi, ci sarebbero sputi, schiaffi, calci nel sedere e nei testicoli, pestoni sui talloni.
salvini pontida
Dolore fisico e psicologico. Alimentato da frasi del tipo: «Per quello che hai fatto, devi morire qui». «È prematuro entrare nel merito, ma posso dire che va inquadrata in un problema più ampio», sostiene l' avvocato Antonio Genovese, difensore di un agente arrestato. E spiega: «La situazione diventa esplosiva quando in un carcere come quello di Torino ci sono mille e 523 detenuti anziché mille e 61. Bisogna risolvere questi problemi, per rendere più umana la vita in carcere. Per i detenuti, ma anche per chi lavora in quelle strutture».
matteo salvini sul lago trasimeno 7
La vicenda ha scatenato anche la reazione di Matteo Salvini: «Uno Stato civile punisce gli errori, se uno sbaglia in divisa sbaglia come tutti gli altri. Però che la parola di un detenuto valga gli arresti di un poliziotto a me fa girare le palle terribilmente».