1 – NELLE FILIPPINE UNA GIORNALISTA È SOTTO ATTACCO INSIEME ALLA DEMOCRAZIA
Pierre Haski per “France Inter” , pubblicato da www.internazionale.it
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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Si chiama Maria Ressa, è una giornalista, è una donna, è coraggiosa. Per tutti questi motivi, Maria Ressa è stata arrestata, e poi rilasciata su cauzione il 13 febbraio, a Manila, la capitale delle Filippine dove dirige un sito internet sgradito al governo.
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A dicembre la rivista americana Time aveva pubblicato il suo nome in copertina insieme a quello di altri giornalisti coraggiosi di tutto il mondo, definendoli “guardiani della democrazia” e premiandoli come “personalità dell’anno” 2018. Per la rivista era un modo di rendere omaggio a Jamal Khashoggi, il giornalista saudita assassinato da uomini inviati dal governo saudita. L’omicidio di Khashoggi è stato uno degli eventi cruciali dell’anno scorso.
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Maria Ressa sapeva di essere in pericolo. Ne aveva parlato a novembre, quando ha partecipato a Parigi al Forum della pace, doveva aveva incontrato Emmanuel Macron. Lo ha ribadito, con trasporto, quando ha ricevuto un premio per la libertà di stampa a New York, in autunno. Oggi rischia più di dieci anni di prigione.
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Indipendente e fastidiosa
Ufficialmente l’accusa è quella di diffamazione, nata da una denuncia presentata da un imprenditore filippino. Ma Maria Ressa sa benissimo che il governo vuole farle pagare le coraggiose inchieste del suo sito, Rappler, sulle migliaia di esecuzioni extragiudiziarie messe in atto dalla polizia nella guerra contro la droga o sugli episodi di corruzione nei corridoi del potere.
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Rappler è una testata indipendente e dunque fastidiosa, ed è stato fatto di tutto per ridurla al silenzio. Il sito, accusato di aver ricevuto finanziamenti dalla Cia quando in realtà i pagamenti provenivano da fondazioni private, è il bersaglio della persecuzione da parte del governo, anche perché la sua fondatrice è una donna e dunque oggetto di scherno per il maschilista presidente Rodrigo Duterte.
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Il caso di Maria Ressa è sintomatico di cosa può accadere in un paese quando la democrazia vacilla, quando lo stato di diritto cede il passo a un “uomo forte”, a un autocrate democraticamente eletto.
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È quello che sta accadendo nelle Filippine, paese diventato democratico dopo la caduta della dittatura di Marcos nel 1986 e che ha vissuto una palese regressione. Ma potrebbe accadere anche in Turchia, in Brasile, in Russia e in qualunque luogo dove la democrazia è in difficoltà. Anche in Europa e Stati Uniti.
Recentemente Maria Ressa aveva raccontato come le accuse contro il suo sito siano apparse inizialmente sulle reti sociali, diventate il luogo della disinformazione, per poi essere riprese dalle autorità filippine.
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La giornalista è stata particolarmente critica nei confronti di Facebook, diventato per il 97 per cento dei filippini la principale fonte di informazioni e trasformato, a suo dire, in “arma” di manipolazione. “È un veleno per la democrazia”, aveva accusato.
La battaglia di Maria Ressa è nelle Filippine. Ma è anche una battaglia universale, perché le derive che ha denunciato e il giornalismo che ha difeso sono al centro di una democrazia sotto pressione ovunque.
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2 – MARIA RESSA, LA GIORNALISTA FILIPPINA CHE SFIDA IL POTERE DI DUTERTE
Giovanna Pavesi per www.ilgiornale.it (articolo del 23 novembre 2018)
Negli ultimi giorni, le sono stati dati riconoscimenti importanti. È una donna, è filippina ed è una giornalista. Si chiama Maria Ressa e negli Stati Uniti hanno riconosciuto le sue battaglie contro i bavagli alla stampa. Nel suo Paese. Dove lei vive da sempre.
La creazione di "Rappler"
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Secondo quanto riportato da Repubblica, Ressa si trova, da anni, in bilico tra rischi di condanne giudiziarie e minacce di morte da parte del suo governo. Ha studiato in America e in Asia è ritornata come reporter specializzata in terrorismo a capo delle redazioni di Cnn di Giakarta e di Manila. Sei anni fa, insieme a un gruppo di altri colleghi, Ressa ha fondato il sito di news Rappler.
Che ha raccontato una delle piaghe del paese: gli abusi della polizia nella campagna antidrogra che ha fatto, dal 2016, circa 8mila morti. La giornalista è spesso osteggiata dal presidente Rodrigo Duterte. Temuto dalla popolazione e sfidato, più volte, da lei.
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Il bavaglio di Duterte
Duterte ha dimostrato, infatti, nel tempo, di non amare la creatura giornalistica di Ressa. Che conta diversi redatori. Gli uomini del presidente, in passato, avevano già tentato di togliere la licenza a diversi network di informazione. Come ABS-CBN. Ma gli attacchi di Rappler all’esecutivo del “presidente-giustiziere” non sono mai limitati agli eccessi della polizia. I giornalisti, infatti, hanno denunciato più volte casi di sfruttamento dei lavoratori da parte di un potente uomo d’affari vicino al presidente. Che sta cercando, con tutti i mezzi a sua disposizione, di far chiudere il giornale. E portare la reporter a giudizio.
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Le minacce di morte
Ressa ha ricevuto circa 90 minacce di morte al giorno. Ma non si è mai fermata. E a Repubblica aveva detto: "Qualsiasi giornalista che ponga domande critiche, chiunque si interroghi in merito alle uccisioni extragiudiziali è stato bombardato di abusi. Io e altre colleghe abbiamo ricevuto minacce di violenza e stupro o mesaggi di morte, moltiplicati con falsi account Facebook". La giornalista ha fatto sapere che, in 38 anni di carriera, non aveva mai visto una violenza simile nelle Filippine. Nel luglio dello scorso anno Duterte utilizzò buona parte del suo primo discorso alla Nazione da capo di Stato per dire che Rappler era "finanziato dagli americani" per attaccare lui e la sua amministrazione. Alla Casa Bianca allora c’era ancora Obama ma l’opinione verso la rivista non è cambiata con il cambio di poteri a Washington.
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Le minacce "giudiziarie"
Il governo guidato da Duterte, negli ultimi mesi, ha avviato indagini finanziarie sul lavoro giornalistico della testata. Prima è stata aperta un’inchiesta sulla struttura proprietaria di Rappler, che ha portato alla revoca della licenza di pubblicazione. Poi è stata la volta di un’istruttoria su 2 milioni e mezzo di dollari di tasse non pagate, almeno secondo il fisco. Accuse considerate totalmente false da Maria Ressa.
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