Filippo Di Giacomo per "il Venerdì - la Repubblica"
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Il 9 maggio il giudice Rosario Livatino, ucciso dalla mafia nel 1990, è diventato beato. Dopo don Pino Puglisi, portato sugli altari il 25 maggio 2013, davanti a una folla di circa centomila fedeli, è il secondo "martire della Chiesa" riconosciuto tale perché vittima della mafia. Mancano all' appello don Peppe Diana, ucciso a 38 anni il 19 marzo 1994, a Casal di Principe, mentre si accingeva a celebrare la Messa, e don Cesare Boschin, parroco di Borgo Montello in provincia di Latina, misteriosamente assassinato il 29 marzo 1995 perché si opponeva alle infiltrazioni della camorra nel Lazio.
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Nonostante la loro vita specchiata, dopo la morte, tutti e quattro sono stati vittime di racconti calunniosi, anche da parte di legulei in toga e in uniforme. Oltretutto, don Boschin aveva 81 anni e fu ritrovato morto sul suo letto incaprettato e vestito di tutto punto, talare compresa.
La causa per la morte di Rosario Livatino era caduta in queste e altre sabbie mobili fino a quando, dopo numerose sollecitazioni, da Casa Santa Marta è partita l'indicazione di rivolgersi a un vaticanista noto al Pontefice per trovare una testimonianza dirimente. Compito che il professionista ha assolto rintracciando, contattando e convincendo a deporre uno dei quattro mandanti dell'omicidio.
DON GIUSEPPE DIANA - ARTICOLO DEL CORRIERE DELLA SERA
È stato questo interrogatorio (al quale il giornalista era presente) a contenere gli elementi decisivi, hanno scritto gli esperti della Congregazione, perché fosse processualmente riconosciuto al giudice di essere stato ucciso «in odium fidei». La cosa strana è che in un libro, prefato da papa Francesco, il lavoro del giornalista viene taciuto e appaiono i nomi di due-tre personaggi che se ne attribuiscono il merito. Come se al "giudice ragazzino", oltre ai colpi sparati da chi spaccia droga e morte, toccasse subire anche quelli di chi spaccia fake news.
DON CESARE BOSCHIN DON GIUSEPPE DIANA - ARTICOLO DI IL MATTINO