Simone Battaggia per “La Gazzetta dello Sport”
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C'è l'urlo, appena il suo nome compare sotto a quello di Su Bingtian, a fianco del magico numero 9"99. Poi c'è la corsa verso il fratello Giacomo, "la persona più importante" come l'ha definito una volta: il primo abbraccio è per lui.
Poi arrivano minuti di caos e di gioia, i cinque agli avversari, lo speaker che lo insegue e lo fa parlare davanti al pubblico perché un record nazionale è sempre un record. C'è papà Salvino che corre alla caccia di un responsabile dell'antidoping, "perché entro un'ora bisogna fare il test, altrimenti il tempo non vale".
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C'è l'abbraccio a mamma Paola, a nonna Titta, al preparatore atletico Flavio di Giorgio e a un clan che si allarga di mese in mese, come è giusto, mantenendo però una dimensione familiare. Ci sono giornalisti che spuntano, autografi da firmare e un paio di scarpe che a un tratto scompaiono, costringendo Filippo a presentarsi all'antidoping scalzo.
E poi c'è, sul fianco sinistro di Filippo, un tatuaggio. Si vede una piccola porzione, ma la forma è inconfondibile: è la sagoma della Sardegna, la terra dei suoi padri, impressa ben più in profondità di quanto possa testimoniare il cognome. "L'ho fatto nel settembre scorso — rivela Filippo —, non l'ho mai rivelato a nessuno".
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Tortu, ci racconta quello che ha provato in quella quinta corsia?
"Ho pensato solo a correre il più veloce possibile, senza guardare gli altri. Con un po' di fortuna è andata bene"
Che significato dà a questo primato?
"Ho cercato di portare in alto il nome dell'Italia, e il fatto di aver centrato il record all'estero serve a dire che il nostro Paese c'è. Sono molto patriota, questo è un segnale per tutta la nostra atletica.
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È una cosa che sogno fin da piccolo, difficile poter immaginare che ci sarei riuscito così presto. Sono felice, non posso dire altro".
Ha cancellato il record di Mennea, se ne rende conto?
"Mennea resta il più grande atleta italiano di sempre. Credo comunque che quello di oggi, più che essere il record di Tortu Filippo, sia quello di Tortu Salvino, un grande allenatore che ha rivoluzionato l'approccio alla velocità. Non lo dico perché sono suo figlio, ma sono davvero orgoglioso di essere un suo allievo.
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So quanti anni di studio, di lavoro e di tenacia ci sono dietro, per raggiungere un risultato così eclatante. I suoi metodi sono innovativi, non li ha mai usati nessuno nel nostro Paese. Credo che possano essere importanti per il nostro movimento".
Altre persone da ringraziare?
"Il preparatore Flavio Di Giorgio, tutta la mia famiglia tra Confalonieri, Tortu, Foschini e Morelli, i miei amici, Alessandro Pozzi, Mario Ruggiu, Ferdinando Savarese, la responsabile media Chiara Signorotto, i manager Marcello Magnani e Natale Bellati, mio fratello Giacomo".
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Correre due 100 nella stessa giornata le riesce bene.
"Se in batteria riesco a qualificarmi, allora mi piace sfruttare la finale per cercare di migliorarmi. Per questo meeting ero carico, consapevole.
Ho pensato soltanto a stare rilassato e non fare attenzione a come correvano i miei avversari, cosa che invece avevo fatto in batteria".
Crede di aver raggiunto il limite?
"Spero proprio di no. Alla fine sono venuto qui per migliorarmi, ho sempre cercato di andare al di là dei miei limiti, anche quando non era in ballo il record di Mennea".
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E ora, dove vuole arrivare?
"Il mio obbiettivo stagionale restano gli Europei di Berlino. Sarebbe assurdo sedersi ora".
E i 200?
"Continuo a pensarci, certo. Su quella distanza, viste le mie caratteristiche, posso esprimermi al meglio. Adesso però per 24 ore almeno voglio staccare la testa
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