GIULIA CECCHETTIN E FILIPPO TURETTA
FILIPPO TURETTA VERRÀ ESTRADATO IN ITALIA: ORA C’È IL VIA LIBERA DALLA GERMANIA
Estratto dell’articolo del www.corriere.it
Mercoledì mattina è stato emesso con un decreto il mandato di custodia in attesa di estradizione nei confronti di Filippo Turetta: questo vuol dire che può rientrare in Italia.
Come scrive la Prima Sezione Penale della Corte Suprema di Naumburg in una nota vista dal Corriere, è stato emesso «con decreto del 21 novembre 2023 il mandato di custodia in attesa di estradizione nei confronti di un cittadino italiano, precedentemente detenuto provvisoriamente sulla base di un mandato di arresto europeo emanato da un tribunale italiano».
[…] La nota chiude sottolineando che Turetta ha accettato l’estradizione, per la seconda volta: «Dopo che il perseguito ha accettato l’estradizione semplificata e non sono evidenti ostacoli all’estradizione, per l’esecuzione dell’estradizione non è necessaria un’ulteriore decisione giudiziaria da parte della Prima Sezione Penale. Il mandato di custodia in attesa di estradizione emesso ieri costituisce la base giuridica per la continuazione della detenzione del perseguito fino alla sua consegna alle autorità italiane».
(dell'inviato Rodolfo Calò) (ANSA) - BERLINO, 21 NOV - Chiuso nel ventre del "bue rosso", il carcere Roter Ochse di Halle, un penitenziario tristemente famoso per la storia doppiamente tetra della Germania est dapprima nazista e poi comunista. Lì dentro si trova Filippo Turetta dopo la fine della sua fuga perchè senza soldi e benzina.
Chiuso senza altre persone in una cella perché questo è lo standard in simili situazioni in Germania o almeno ad Halle Il giovane è infatti rinchiuso nello "Justizvollzugsanstalt" della maggiore città della Sassonia-Anhalt: lo "Jva", come lo si chiama in ambienti giudiziari dove le parole sono tante e gli acronimi aiutano a convivere con quelle lunghissime tedesche.
IL CARCERE ROTER OCHSE
Ma, soprattutto, come ricorda un memoriale al suo interno e come ha sottolineato oggi a giornalisti il portavoce del Tribunale di prima istanza, per tutti è il Roter Ochse, il bue rosso, appunto. L'origine del nome non è chiara ed è presumibilmente legata al colore dei mattoni a vista che oggi erano dilavati da una pioggia fredda e insistente che veniva già da un cielo bassissimo.
FILIPPO TURETTA
Ma tragicamente chiaro è il suo passato legato alla giustizia politica di due dittature e fatto di esecuzioni capitali naziste e interrogatori della Stasi, la famigerata polizia segreta della Ddr accusata di torture. In un altro punto della città natale del compositore barocco Georg Friedrich Haendel, nella luminosità di un Palazzo di giustizia semivuoto ma con così tanti e colorati quadri da sembrare a momenti una galleria d'arte moderna, il viceportavoce dell'Amtsgericht (il Tribunale di Prima istanza) Thomas Puls ha spiegato perché Turetta venga tenuto in una sorta di isolamento: "Non sono il portavoce dello Jva ma presumo che abbia una cella singola, come di consueto".
IL CARCERE ROTER OCHSE
Contrasti della storia tedesca prima e dopo il buco nero del secolo breve delle due dittature: musica di Haendel, arte moderna e benessere dei detenuti, passando però per gli oltre 50 anni di orrori del "Bue rosso". Sotto il nazismo vi furono rinchiusi numerosi tedeschi condannati per motivi politici, prigionieri di guerra e forzati e, dall'autunno del 1942 alla fine della conflitto, vi furono eseguite un totale di 549 condanne a morte inflitte a persone provenienti da 15 Paesi europei e dalla Tunisia.
FILIPPO TURETTA
La liberazione dei detenuti da parte delle truppe americane nell'aprile 1945 fu seguita, a partire dall'estate dello stesso anno, da diversi anni di utilizzo del carcere da parte degli occupanti sovietici che vi scatenarono tribunali militari e deportazioni in gulag. Dal 1950 al 1989, il ministero della Sicurezza di Stato della Germania orientale (Mfs, meglio nota come "Stasi") lo usò soprattutto come carcere femminile.
Il memoriale "Roter Ochse Halle" allestito all'interno nel 1996 è ospitato in una struttura usata per gli interrogatori dalla Stasi. Il Centro dedica le sue mostre permanenti e i suoi progetti di ricerca ed educativi alle vittime della giustizia a sfondo politico dall'avvento del nazismo (1933) alla caduta del Muro di Berlino (1989).