Guido Santevecchi per www.corriere.it
LOCKDOWN SHANGHAI
Risalgono i casi di Covid-19 a Shanghai (23.370 oggi) e la fine del lockdown si allontana di nuovo. Dal punto di vista biologico la sottovariante Omicron BA.2 che ha aggredito Shanghai e l’ha spinta in lockdown non è differente da quella che circola nel resto del mondo.
Nelle nostre città, come nella megalopoli cinese, prevalgono i casi asintomatici. Simile anche l’andamento dell’ondata: una impennata dei contagi, poi una stabilizzazione dei numeri e infine una discesa senza curva. Però, se si guardano i numeri, Shanghai e la Cina stanno affrontando una pandemia diversa da quella che il resto del mondo ha deciso di gestire senza più blocchi e chiusure. L’ondata a Shanghai è cominciata l’1 marzo e fino al 17 aprile, quando i contagi avevano superato quota 350 mila, le autorità non avevano riscontrato alcun decesso, solo una decina di pazienti in condizioni critiche.
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Da giorni, però, sui social media circolavano voci su decine di morti causate dal Covid-19 in ospedali geriatrici: testimonianze dettagliate sono state raccolte dal Wall Street Journal e dalla Bbc. Ma i funzionari politici tacevano. Pochi contagi sintomatici, nessun morto. Xi Jinping che chiedeva di ridurre al minimo l’impatto del Covid-19 sulla ripresa dell’economia. Eppure, dopo aver escluso la possibilità di fermare Shanghai, cuore finanziario e commerciale della Cina, il 28 marzo le autorità hanno deciso il lockdown.
TRAFFICO FUORI DAL PORTO DI SHANGHAI
Il lockdown di Shanghai sarebbe dovuto durare otto giorni in tutto, ma prosegue a oltranza da quasi un mese. La mancanza di decessi e l’altissima percentuale di asintomatici hanno alimentato i dubbi degli shanghaiesi su una strategia sanitaria estrema: 26 milioni di cittadini chiusi in casa, carenze nell’approvvigionamento di generi di prima necessità, condizioni da lazzaretto nei centri di quarantena. Sui social network sono stati fatti circolare video di contestazioni senza precedenti per Shanghai.
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Forse per convincere la gente della pericolosità della situazione virale, il 18 aprile la Commissione sanitaria di Shanghai ha comunicato i primi decessi: tre malati tra gli 89 e i 91 anni che soffrivano di gravi patologie pregresse. Dal 18 aprile il conto dei decessi è arrivato a 48, sempre descritti come pazienti tra i 65 e i 101 anni e con malattie croniche sulle quali si sarebbe innestato il Covid-19. Quindi, dall’1 marzo quando furono registrati i primi contagi di questa ondata (32) a oggi, quando il totale dei positivi individuati è salito a 466.000, i morti sono solo 48. Per fare un paragone, ieri in Lombardia sono stati contati 9.195 casi e 36 morti.
NAVE FUORI DAL PORTO DI SHANGHAI
I numeri della pandemia in Cina sono controversi: per i primi due anni le autorità hanno censito solo i casi sintomatici. In questa nuova ondata hanno deciso di comunicare anche quelli asintomatici, che sono circa il 95% del totale. Per quanto riguarda i morti, dal 2020 a inizio 2022 la Cina ne aveva contato 4.600: 3 morti per milione di abitanti; gli Stati Uniti 970 mila morti: 2.900 per milione di cittadini.
Per mesi, il governo di Pechino ha propagandato la superiorità del modello di controllo «Tolleranza Zero» rispetto al «caos occidentale». Dopo il disastro di Wuhan (dove tra gennaio e fine marzo del 2020 sono stati registrati quasi tutti i 4.600 morti cinesi), solo Hong Kong è stata aggredita da un’ondata letale di questa pandemia. È stata probabilmente l’enorme impressione creata dall’esempio di Hong Kong a spingere il governo centrale della Cina a imporre il primo lockdown a Shanghai il 28 marzo e a mantenerlo a tempo indeterminato. Tra i 7,2 milioni di abitanti di Hong Kong l’ondata di febbraio-marzo ha causato circa 1,2 milioni di contagi e 9.000 morti, il sistema ospedaliero è stato sopraffatto.
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Shanghai è la città più ricca della Cina continentale, vanta uno sviluppo e un tenore di vita paragonabile a quello di Hong Kong; anche la percentuale di anziani e quella dei vaccinati in tutte le fasce di età sono simili tra le due metropoli, sono uguali i tipi di vaccino somministrati (quelli sviluppati dall’industria farmaceutica di Pechino, che offrono una protezione di alcuni punti percentuali al di sotto di quelli occidentali).
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Possibile una differenza così pronunciata nella curva di letalità del Covid-19? A Hong Kong 9.000 morti; a Shanghai che ha oltre il triplo degli abitanti solo 48. Uno studio appena pubblicato dalla rivista scientifica “The Lancet” https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(22)00484-6/fulltext ha rilevato che dal gennaio 2020 e fino allo scorso novembre nel mondo sono state registrate in media 195 morti da SARS-CoV-2 per 100.000 unità di popolazione (298 negli Stati Uniti; 376 in Russia; 188 in Germania; 168 in Gran Bretagna; 375 in Italia; 315 in Spagna; 76 in Giappone). Ci sono differenze nel conteggio dei decessi, com’è noto si discute su «morti per Covid» e «morti per i quali il Covid sia stato un fattore aggiuntivo». Ma comunque si conti, il dato cinese risulta sorprendente: 1 morto su 100.000.
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