Gaia Piccardi per il Corriere della Sera
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Quello sporco ultimo fischio che sabato scorso a Meda ha scatenato l' inseguimento all' arbitro (donna e minorenne: 16 anni) al termine di Real Meda-Rivanazzanese, Under 15 femminile, in cambio di pochi euro: 30 per la categoria Giovanissimi e Allievi, indipendentemente dal sesso dell' arbitro.
«La somma comprende tutto: benzina e pedaggi» fa notare l' ex fischietto Luca Marelli nel suo interessante blog. Il rimborso spese diventa di 38 euro per le trasferte sopra i 25 km: «Rare». Quelle sopra i 50 km, poi (da 42 a 88 euro), sono inesistenti: «Si tratta di gare provinciali che si svolgono su un territorio molto limitato. I designatori locali, inoltre, hanno l' indicazione di risparmiare il più possibile».
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Di Stephanie Frappart, la francese 36enne arrivata a dirigere una finale di Supercoppa europea di calcio maschile (Liverpool-Chelsea 7-6 ai rigori), ce n' è una sola. E arbitrare da donna in provincia, non è difficile da capire, non si fa per soldi. Suscitano ancora più impressione, conteggiati dall' Osservatorio Violenza dell' Associazione italiana arbitri (Aia) al 30 giugno 2019, i 3.037 episodi segnalati nelle ultime sei stagioni, 457 solo nella scorsa, così catalogati: 78 tentata violenza, 60 violenza morale, 200 fisica, 119 fisica grave con responsabilità distribuite tra calciatori, dirigenti ed estranei (Alto Adige regione più virtuosa con zero casi; Calabria maglia nera con 79). Di essi, una decina hanno riguardato un' arbitra.
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L' Aia ha aperto le porte alle donne nel 1990. Oggi in organico ci sono più di 1.600 fischietti rosa: in Europa, ne ha di più solo la Germania. Donne, spesso, pronte a tutto.
Tentativi di aggressione, sputi, insulti sessisti (nel novembre 2018 il Gazzettino di Treviso raccontò la vicenda della 19enne Sara Semenzin, invitata a «cambiare mestiere e restare ai fornelli la domenica» mentre arbitrava Marchesane-Real Stroppari, seconda categoria), spogliatoi senza serratura in cui entra - impunito - chiunque, proprio come è capitato alla minorenne della provincia di Milano che sognava di diventare brava come l' arbitro Collina (lo racconta su Instagram), assediata dai genitori della squadra ospite dopo aver convalidato al Real Meda il gol vittoria allo scadere ed essere stata affrontata con durezza da Paolo Bottazzi, l' allenatore della Rivanazzanese che si è subito scusato («Non era mia intenzione spaventarla, volevo solo richiamare la sua attenzione ma ho commesso un errore: avrei dovuto parlarle con le mani dietro la schiena, anziché toccarle il braccio») ma rischia una denuncia dei genitori della ragazza, che per sedare gli animi hanno chiamato i carabinieri.
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Un mese fa l' indecoroso trattamento spettò a una 16enne nella categoria Giovanissimi regionali a Sava, Taranto. E lo scorso maggio a Mestre la 22enne Giulia Nicastro dovette assistere allo spettacolo di un calciatore classe 2004 che si calò i pantaloncini per contestare un calcio d' angolo.
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Un' ordinaria amministrazione di piccole oscenità e grandi torti che Elisabet Spina, ex centrocampista, oggi responsabile del settore femminile del Milan, conosce bene: «Il calcio donne ha aperto le porte a tante figure professionali che una volta non esistevano: il rischio di riproporre i modelli di comportamento negativi del calcio maschile è reale. Dobbiamo essere brave a impedire la contaminazione». Come? «L' Aia sta facendo sensibilizzazione nei settori giovanili; noi al Milan proviamo a formare, oltre alle calciatrici, anche le figure genitoriali. Sul tema del razzismo, per esempio, con la prima squadra siamo stati al Binario 21 della stazione di Milano in occasione del Memoriale della Shoah e ci stiamo occupando dell' integrazione di Refiloe Jane, la prima sudafricana in A».
Per Carolina Morace, leggendaria bomber azzurra, il problema è culturale: «Succede spesso che i falliti del calcio maschile vengano da noi, portando la loro mentalità. Chi si rende responsabile di violenza va radiato. Ma il punto è la scuola: paghiamo di più i professori perché insegnino educazione e rispetto. Quando allenavo in Australia arrivavano circolari su come trattare i bimbi transgender. L' Italia è indietro, manca progettualità». Contro la violenza sugli arbitri il presidente dell' Aia Marcello Nicchi ha chiesto aiuto al ministero dell' Interno. «È ora di intervenire in modo duro, sennò il calcio non ha futuro.
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Le persone violente non devono più entrare sui campi. Per fortuna la 16enne di Meda ha reagito bene: le abbiamo messo a disposizione l' ufficio legale dell' Aia ma non ha subito traumi». Tornerà ad arbitrare già domenica (con molti in bocca al lupo).
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