FLASH - I SONDAGGI SULLE REGIONALI FANNO TREMARE IL PARTITO DEMOCRATICO, A OGGI QUATTRO REGIONI SICURE AL CENTRODESTRA E TRE IN BILICO... - DOPO IL VOTO, GLI UNICI ZINGARETTI CHE RITROVEREMO ANCORA IN GIRO SARANNO QUELLI NEI CAMPO ROM...
Marcello Sorgi per “la Stampa”
ZINGARETTI - CONTE - DI MAIO
Per qualche verso, bisogna riconoscerlo, Giuseppe Conte comincia a ricordare i vecchi democristiani di una volta, ne sta diventando una specie di parodia involontaria. Quei presidenti del consiglio, tipo Rumor, incaricati di farsi un ultimo giro a Palazzo Chigi, avendo come unico compito di temporeggiare, senza decidere nulla, o fare spostamenti minimi, di centimetri, dall'estrema sinistra della destra all'estrema destra della sinistra del partito, restando in pratica assolutamente immobili.
NICOLA ZINGARETTI LUIGI DI MAIO
A chi ha buona memoria, il paragone è venuto in mente, ascoltando le dichiarazioni accomodanti del premier in risposta al leader olandese Rutte, che aveva invitato l'Italia «a farcela da sola», e dopo l'incontro con il segretario Zingaretti, seguito da un'inattesa presa di posizione di Conte a favore delle intese Pd-5stelle per le regionali e dalla prevedibile promessa di un'accelerazione per il decreto semplificazioni, bloccato da giorni per le divisioni interne alla maggioranza.
DI MAIO ZINGARETTI E LE REGIONALI IN UMBRIA
Che il leader del Pd, da tempo inquieto per l'andamento del governo, possa ritenersi soddisfatto, non sembra, a giudicare dalle esortazioni che ha ribadito, sottolineando l'eccezionalità della situazione post-emergenza.
Una situazione che richiederebbe scelte rapide e non continui rinvii. Ce n'è abbastanza per dire che, al di là della buona volontà e della probabile approvazione entro la prossima settimana di un depotenziato decreto semplificazioni, la situazione è rimasta quella di prima, e non poteva essere altrimenti, in costanza della campagna elettorale e dello stato di confusione che regna tra i grillini.
Giovanni Grasso Mattarella
Con una differenza che non tarderà a emergere, se la situazione dovesse mantenersi così. Nel Pd sta montando una crescente insoddisfazione che potrebbe arrivare a mettere in discussione la scadenza del 2022 dell'elezione del Presidente della Repubblica come data limite per non rompere l'alleanza con il Movimento.
Questo perché, giorno dopo giorno, sta maturando tra i Democrat la convinzione che se si sono rivelati impossibili gli accordi per le regionali, aprendo la prospettiva di un capovolgimento in almeno due (Marche e Puglia) delle sei amministrazioni in gioco, un accordo per eleggere il successore di Mattarella con i 5 stelle non sia affatto garantito.
Nicola Zingaretti Luigi Di Maio Giuseppe Conte
Tutt' altro. Sebbene Grillo si ostini a ribadire la non provvisorietà dell'intesa giallo-rossa, esiste il rischio che in un colpo, approfittando dell'imprevedibilità delle votazioni per il Quirinale, Di Maio, Crimi e soci se ne escano con un controribaltone, pur di eleggere un Capo dello Stato che in nessun modo risulti riconducibile al vecchio regime.
Inoltre Conte e M5S continuano a nicchiare sulla legge elettorale proporzionale, che il Pd vorrebbe a tutti i costi approvare almeno in uno dei due rami del Parlamento prima della pausa estiva, perché è l'unica in grado di evitare la vittoria di Salvini e Meloni in caso di voto anticipato, che a questo punto torna ad essere un'eventualità da non escludere.
nicola zingaretti dario franceschini
Il ritorno al proporzionale, però, al momento, conviene ai 5 stelle e forse al Pd. Ma certamente non a Renzi, il cui partito è molto in basso nei sondaggi e che solo dal mantenimento dell'attuale sistema, parzialmente maggioritario, potrebbe ricavare, grazie a un sacrificio che Zingaretti non ha alcuna voglia di fare, una rappresentanza parlamentare minima per continuare a restare in gioco.
conte renzi
Al punto che non sarebbe sorprendente, se Conte e I 5 stelle si decidessero ad accontentare il Pd proprio su questo terreno, che Renzi faccia saltare il banco. Regalandoci di nuovo una crisi ad agosto.