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    “IL QUESITO SUL FINE VITA? SE FOSSE PASSATO NON SAREBBE STATO PIÙ POSSIBILE PUNIRE NEMMENO CHI LANCIA SFIDE MORTALI SU TIKTOK” – PER IL PRESIDENTE EMERITO DELLA CONSULTA GIOVANNI FLICK, GLI ATTACCHI PER LA BOCCIATURA DEL QUESITO CHE AUTORIZZAVA L’OMICIDIO DEL CONSENZIENTE SONO "ATTACCHI INGIUSTIFICATI. SUL FINE VITA DEVE DECIDERE IL PARLAMENTO, NON LA CORTE COSTITUZIONALE"


     
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    Virginia Piccolillo per corriere.it

     

     

    giovanni maria flick foto di bacco giovanni maria flick foto di bacco

    Il quesito sul Fine Vita non è stato accolto. E ora la Corte Costituzionale è al centro delle polemiche. Giovanni Maria Flick, da presidente emerito della Corte Costituzionale, cosa ne pensa?

    «Sono polemiche ingiustificate. E bene ha fatto il presidente Giuliano Amato a rispondere. Il primo dovere della Corte è spiegare. Poi leggeremo la motivazione».

     

    Sull’eutanasia c’era una forte aspettativa che il quesito venisse accolto. Invece è stato respinto.

    «Non è stato accolto il quesito che in sostanza richiedeva di trasferire le norme sull’aiuto al suicidio all’omicidio del consenziente, attraverso la pronuncia della Corte. Ciò non è possibile con un referendum abrogativo che non può comportare aggiunte al quesito e al testo».

    Tre anni fa la Corte non si era espressa in quella direzione?

    «No. Aveva detto che l’aiuto al suicidio rimane reato. Proprio a difesa dei soggetti fragili. Ma in casi particolari, ovvero quando c’è sofferenza intollerabile, infermità irreversibile e necessità di interventi salvavita continui, aveva previsto la possibilità di non punire chi aiuta il suicidio. Ma qui è diverso».

     

    Perché?

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    «Perché l’aiuto al suicidio è cosa diversa dall’omicidio. Anche di chi lo consenta o lo chieda. Se fosse stato accolto il quesito sarebbe rimasto punito solo l’omicidio dell’infermo di mente o del minore. Non di colui che accoglie la richiesta dell’amico: “Premi tu il grilletto perché non me la sento”. O di chi lancia una sfida. Pensiamo a Tik Tok»

     

    Cosa c’entra Tik Tok?

    «Ci sono le sfide per gioco tra ragazzi che possono essere mortali: chi rimane più a lungo con un sacchetto di plastica in testa o su un binario di un treno. Tutto sarebbe stato legalizzato».

     

    Non si potevano trasferire le stesse cautele previste per l’aiuto al suicidio?

    «Lo deve fare la legge e non una pronunzia della Corte. Invece, paradossalmente, il quesito finiva per includere tutte le possibilità, non solo le situazioni di sofferenza».

     

    Ma se il Parlamento non decide?

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    «Si va sotto il Parlamento e si chiede di decidere, oppure alle elezioni se ne vota un altro. Non è un’offesa alla democrazia il fatto che la Corte faccia il suo dovere. E che serve una legge per risolvere un problema di questo genere. Come ha detto Amato, il Parlamento è il luogo dove discute di valori e non può venire meno ai suoi doveri».

     

    Anche il quesito sulla cannabis è stato escluso.

    «Dipende da come sono formulati i quesiti. Quello della cannabis, ad esempio, coinvolgeva tutte le droghe e non solo la coltivazione per uso personale. Perciò incideva su una situazione regolata anche da trattati internazionali: cioè su una situazione in cui non può richiedersi un referendum abrogativo».

     

    giovanni maria flick giovanni maria flick

    Da ex ministro cosa pensa dei 4 quesiti sulla giustizia accolti, a partire da quello sulla legge Severino?

    «Sono stato 9 anni alla Corte, non entro nel merito. Ma quei quesiti incidono solo, ancorché profondamente, sulle leggi ordinarie. Non c’è una richiesta alla Corte di andare oltre i quesiti. Poi diverrà decisiva la volontà popolare, la cui massima espressione è il referendum».

    C’è chi dice che sul Fine vita la Corte non ha considerato la sofferenza.

    «C’è una grande responsabilità dei media. La Corte ha esercitato il suo potere: non deve tener conto della sacralità della vita, che è un concetto religioso (e c’è chi non lo è). Ma nemmeno deve ignorare il principio della solidarietà e la tutela dei soggetti deboli».

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