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    FOOD SELFIE MANIA! 1 ITALIANO SU 3 FOTOGRAFA IL CIBO PRIMA DI MANGIARLO IL MONDO DELLA PSICOLOGIA E’ UNANIME NEL CONSIDERARE IL FENOMENO UN DISTURNO OSSESSIVO COMPULSIVO - PER I FOODSTAGRAMMER, È SOLO SVAGO, DIVERTIMENTO, CONDIVISIONE. CHI HA RAGIONE?


     
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    FOOD SELFIE MANIA FOOD SELFIE MANIA

    Sarah Galmuzzi per “www.scattidigusto.it”

     

    Fotografi il cibo? Sei malato. Ma niente di grave, sei in buona compagnia.

    Da un recente studio effettuato da Coldiretti in occasione della 66esima Giornata nazionale del Ringraziamento viene fuori che i ‘malati’ in Italia, sono oltre il 30%.

    Vale a dire che la terza parte dei nostri connazionali, e noi in testa, consegna all’eternità quanto sta per ingurgitare. E se si levano quei circa 6 milioni di bambini e oltre 13 milioni di ultra 65enni, tendenzialmente tecnolesi, viene fuori che vittime del Foodstagram sono circa 40 milioni.

     

    Praticamente un esercito di deviati mentali che scatta ogni minuto oltre 3.500 foto per un totale, udite udite di 5 MILIONI al giorno.

    Dal kaffèèèè al cuoppo fritto il mondo della psicologia è unanime nel concordare che ci si trova di fronte ad un vero e proprio disturbo ossessivo compulsivo.

    Ma no, risponderebbero in coro tutti i Foodstagrammer, è solo svago, divertimento, condivisione!

    FOOD SELFIE MANIA FOOD SELFIE MANIA

     

    Allora chi ha ragione? I portatori sani di click o il gotha delle neuroscienze?

    Come sempre la verità sta nel mezzo: pare che sia concesso fotografare il cibo senza rischiare il t.s.o. solo se esso non è l’unico protagonista della nostra foto.

     

     

    Vale a dire se la pietanza è contestualizzata e intorno al panino si intravedono tovaglie, fazzoletti, boccali di birra e amici che ruttano allora ok, possiamo andare a fare il militare, viceversa, se le pietanze sono immortalate nella loro assolutezza allora TAAAAC scatta la monomania, che dice di noi essere dei soggetti tristi, solitari, che ruotano –e fanno ruotare- la propria esistenza solo intorno al social, affamati di like più che di zeppole e panzarotti.

     

    Roba serissima che ha portato nell’altra metà del mondo, nel verdissimo Canada alcuni ristoratori ad imporre addirittura ai propri clienti il divieto di fotografare quanto hanno davanti, crociata sposata successivamente dai ristoratori newyorkesi e tedeschi e da qualche tempo diffusa anche in Italia, ma non sempre per preservare la salute mentale dei clienti, quanto piuttosto il diritto d’immagine dei piatti.

     

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    E voi, cari lettori, siete in pieno possesso delle vostre facoltà mentali o avete già fatto richiesta per la 104?

     

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