Michelangelo Borrillo per il "Corriere della Sera"
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Passione di famiglia, recita lo slogan aziendale. E giornate di passione, queste di inizio 2022, lo sono certamente per Francesca Amadori, licenziata dal padre e consolata dal nonno. Sensazioni forti determinate proprio dalla famiglia che, nel suo caso, coincide con l'azienda per cui lavorava. Fino a martedì 11 gennaio, quando il gruppo di cui è presidente il padre Flavio l'ha licenziata. In tronco.
Con una lettera che le comunicava l'interruzione, con effetto immediato, del rapporto di lavoro. Perché «le regole aziendali - hanno fatto sapere dal quartier generale di Cesena con una nota stringata - sono valide per tutti i dipendenti, senza distinzione alcuna». Anche se sei la figlia del presidente e la nipote del fondatore - oggi 89enne - che con la frase dello spot pubblicitario «parola di Francesco Amadori» è entrato nelle case di tutti gli italiani attraverso la tv. Francesca - 45 anni, da 18 in azienda, prima nelle risorse umane, poi nella comunicazione - non se lo aspettava.
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Sebbene gli screzi, sia a livello aziendale che familiare, fossero già evidenti da un anno, non pensava che si potesse arrivare a tanto: licenziata dal padre, nell'azienda fondata nel 1969 dal nonno a cui, da sempre, è fortemente legata. Tanto da considerarlo il suo Steve Jobs per le scelte innovative che hanno consentito al marchio con il nome di famiglia di fare il balzo da Cesena all'Italia intera fino a raggiungere una quota del 30% del mercato di carni avicole nazionale con 8.900 collaboratori che hanno portato il pollo Amadori sulla tavola di tutti gli italiani e il fatturato a 1,2 miliardi di euro.
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«Non credevo si arrivasse al licenziamento - spiega Francesca, ormai ex responsabile dell'area comunicazione del gruppo che porta il suo cognome - dopo 18 anni di attività lavorativa nel gruppo di famiglia in cui ho sempre operato in maniera eticamente corretta e nell'interesse dell'azienda». Non solo per la dedizione al lavoro, ma anche perché «animata dal sentimento di attaccamento che da sempre mi lega all'impresa fondata da mio nonno Francesco».
Con cui anche ieri si è sentita, come ogni giorno, e che l'ha consolata. Così come ha fatto la madre, che da qualche tempo non vive più con il papà - il 66enne presidente Flavio - che ha una nuova compagna. Francesca preferisce non approfondire i temi dello scontro familiare e aziendale (che hanno un precedente: nel 1998 i fratelli fondatori Francesco e Arnaldo, poi deceduto nel 2017 a 82 anni, si separarono, con l'azienda che rimase nelle mani del primo): «Penso che sia giusto farlo in altra sede: sto valutando le iniziative più opportune per oppormi a un provvedimento che ritengo ingiusto e illegittimo e che non riguarda la violazione di alcuna regola aziendale, trovando al contrario fondamento in altre logiche che dovranno essere appurate, appunto, nelle opportune sedi».
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All'orizzonte, quindi, si profila uno scontro in tribunale: sarà un giudice a stabilire se le divergenze di strategie aziendali - con ogni probabilità relative all'approccio comunicativo al mercato in un periodo in cui anche nella filiera avicola i prezzi delle materie prime sono balzati del 40%, mettendo in crisi il settore - possano essere state così gravi da determinare un licenziamento in tronco. In attesa dei giudici, Francesca Amadori dovrà tornare a confrontarsi con il mercato del lavoro esterno al nucleo familiare, come a inizio carriera.
Quando cominciò a lavorare nelle risorse umane di Ikea Italia e poi, per un anno circa, anche in Ikea Australia, dall'altra parte del mondo rispetto alla Romagna dei polli di famiglia. «Sto ricevendo telefonate di stima e solidarietà da parte dei tanti imprenditori, associazioni, società con le quali da anni sono in contatto. Lo trovo di grande aiuto - conclude Francesca Amadori - e molto gratificante in questo momento».
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Perché non capita tutti i giorni di essere licenziati dal padre, a capo di quell'azienda che sarà anche di famiglia ma che si è comportata come fanno le multinazionali quando decidono di trasferirsi all'estero. Se «loro», i parenti, puntualizzano che le «regole sono valide per tutti i dipendenti senza distinzione alcuna», allora anche la replica - quella di rivedersi in tribunale - non ammette parentele di sorta. C'è da scommettere che la guerra familiare è soltanto agli inizi.