Valerio Cappelli per il "Corriere della Sera"
francesca neri
Si racconta e si mette a nudo in modo spietatamente sincero, con il coraggio della sua natura lunare, i suoi chiaroscuri. Come carne viva (Rizzoli) è l'autoritratto di Francesca. Non di Francesca Neri che deve piacere a tutti. L'attrice resta sullo sfondo. In primo piano ci sono il rapporto devastante con sua madre e la malattia che le ha cambiato la vita, costringendola a restare chiusa dentro una stanza di casa sua, bloccata da quel suo corpo idolatrato da tutti.
Perché la definisce un'autogeografia, è una mappatura della mente e del corpo?
francesca neri cover
«Una mappatura dell'anima. Non è una autobiografia. Qualcosa racconto del cinema, ma neanche tutto, rispetto a un racconto intimo che volevo fare non era significativo».
Lei ha una malattia cronica che le procura grandi dolori, la cistite interstiziale.
«È durata tre anni la fase acuta, non ne sono fuori, non si guarisce: impari a gestirla e a non provocarla in modo che non sia invalidante. I primi due anni, io che non credo ai social, sono stata in una chat di donne che soffrono questa patologia. Un po' come gli alcolisti anonimi? Sì - sorride - esatto».
È stato difficile starle accanto?
«È stato impossibile. Volevo essere lasciata sola. Dovevo proteggere Claudio e Rocco, mio figlio, altrimenti non ce l'avrei fatta nemmeno io, che sono il capofamiglia che si occupa di tutto. Di fatto sono stata via per tre anni, però c'ero, ero lì in casa con loro, ed è la cosa più terribile.
francesca neri
Ho accarezzato l'idea del suicidio. Ho passato mesi a giocare a burraco online di notte. Il mio lockdown è durato tre anni. E quando è arrivato per tutti, con la pandemia, sono stata meglio perché condividevo la situazione degli altri. Claudio è il mio opposto, eppure eccoci ancora qui, sono stata sedotta dalla sua parte femminile nascosta. Voleva una storia, gli dissi di andare a vedere Le onde del destino di Lars von Trier.
Bess, la protagonista, non è pazza, è soltanto nata nel posto sbagliato e nell'epoca sbagliata, come me. Ne rimasi sconvolta. Claudio mi disse: non ci ho capito niente. Ci siamo conosciuti in Amarsi un po' di Vanzina, la mia prima volta come comparsa, lui protagonista.
Stiamo insieme da venticinque anni, se non avessi avuto questa complicità e quest' affetto non ce l'avrei fatta. Rocco era intorno ai diciotto anni, faceva affidamento sul padre ed è stato il mio grande cruccio. Il dolore più grande è stato per mio figlio, il libro l'ho scritto per lui».
francesca neri carne tremula
Che cosa le ha detto Claudio della sua confessione?
«Non pensava che riuscissi a essere così sincera. Dice che è al limite della pornografia, gli uomini che l'hanno letto hanno avuto difficoltà, si sono dovuti fermare, tocco cose difficili da affrontare.
Un'altra figura positiva è Kadija, che ci supporta in casa. Senza avere gli strumenti mi ha sostenuta con un affetto smisurato, una dedizione e un approccio diverso da chi mi voleva bene e finiva per soffrire con me. Diceva che il corpo emana calore che è la vita e se non è incanalato nel modo giusto si creano infiammazioni; diceva che tutto quello che succede, succede per una ragione e non puoi non accettarlo, devi percorrerlo e cavalcarlo».
Dopo che lei era andata da mille medici...
francesca neri
«Urologia, Agopuntura, ayurveda, nutropuntura, ozonoterapia. Fino al luminare che mi proponeva un massaggio intravaginale. Ma che mi faccio penetrare da uno sconosciuto?».
Perdoni la domanda, e se non vuole non risponda: il sesso?
«Non ci pensi, ma quando ci pensi è il segno che sei viva. Si inventa un nuovo modo di avere intimità col tuo compagno, ti devi arrangiare».
Quando ha cominciato a stare meglio?
«Ho trovato un equilibrio, devo imparare a difenderlo. Ho cominciato a privarmi di cose che potevano scatenare una reazione. L'aria condizionata, il caldo, certi cibi. La vescica è una parete e se viene lesionata si creano ferite interiori. Le conosco bene, le ho anche nell'anima».
Lei racconta della totale anaffettività di sua madre.
«Il libro non l'avrei scritto se non ci fosse più. È la cosa che mi ha segnata... Ho imparato a vivere senza una madre ma con una madre presente. La malattia non l'ha capita, diceva che da giovane anche lei soffriva. Era una donna semplice e umile, senza curiosità, incapace di esprimere sentimenti. Non mi ha mai fatto un complimento in vita sua, mai stretto tra le sue braccia, mai affondato le dita nei miei capelli. Il mio terrore era di diventare come lei».
francesca neri le eta di lulu
L'analisi l'ha aiutata?
«Certo. L'ho fatta per venticinque anni, è un lusso, c'è una fase in cui ti rendi conto dei tuoi limiti. La prima volta ero una bambina, mi mandarono i miei quando dissi, senza avere alcuna idea del mio futuro: "Da grande troverò l'infinito". Oggi ho una profonda conoscenza di me. Ho imparato ad ascoltare il mio corpo, che non è interessato al lavoro che faccio e conosce il mio inconscio meglio di me e degli analisti, le emozioni passano da lì».
Nei sentimenti lei è stata una traditrice seriale...
«Quando le emozioni oltrepassavano il livello di guardia, o scappavo o tradivo. Una tattica difensiva. Sono un'inquieta e gli inquieti scappano. Tradivo perché amavo troppo. Non avendo mai avuto il gioco del sesso scollegato dall'amore, era un modo di ferire l'altro e anche me. Ora ho paura di invecchiare, non di morire. L'anima non guarisce mai del tutto, ma dove sta? Resta sempre una lacrima».
Cosa le manca della Francesca di prima?
francesca neri amendola
«Mi manca la parte ludica, il travestimento che è giocare alle bambole. Mi manca la creatività. Prima era tutto un andare, esserci, apparire, sentirsi vista, riconosciuta. Poi c'è il lato negativo.
Malgrado le copertine e il mio viso nelle sale di mezza Italia, rimanevo sempre io, con le mie fragilità. Di quel periodo folle ricordo, a un evento, la colla rimasta attaccata agli orecchini di Bulgari. Ero guardata a vista dai bodyguard, chissà, magari pensavano che me li sarei portati a casa».
Si piaceva fisicamente?
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«Non sopportavo il naso né il pomo d'Adamo, troppo pronunciati. Detestavo la mia fronte, troppo alta e larga, in casa la chiamiamo l'aeroporto. La mia pelle delicata, basta un tocco perché rimanga un segno. E' assurdo essere elogiata per la mia pelle. Mi agito? Herpes. Mi depuro? Eczema. Soffro? Gonfiore. Mi viene l'ansia? Rossori di ogni tipo, diffusi, a chiazze, pallini. E poi lo sbaglio delle labbra rifatte, a cui sono riuscita a rimediare».
Come ha reagito il mondo del cinema, un ambiente così conformista e cinico, alla sua malattia e al suo addio al cinema?
«Ha detto bene, è proprio così. Da una parte c'era incredulità. Le attrici mi chiedevano, ma come hai fatto a staccare? Altri dicevano che ero talmente drogata che non mi reggevo in piedi. I miei amici non fanno parte del cinema. Ma ricordo Massimo Troisi, un poeta della vita e dell'amore che ho riconosciuto simile a me.
francesca neri per sempre
E Pupi Avati che mi descrisse in poche parole: "Il suo sguardo raro, profondo, di chi conosce la vita. Infatti nel suo sorriso c'è sempre anche il pianto". Per ricaricare le pile sto per conto mio. Non sono debole, sono fragile, incapace di farmi scivolare le cose, penso troppo, aborro la mediazione. Ma so amare, condividere. Chi non mi conosce dice che sono stravagante, altezzosa, depressa. Io diffido di chi non è stato almeno una volta depresso».
Ricorda il suo arrivo a Roma come attrice?
«Ero una ragazza con la valigia che non sa perché c'è venuta ma sa perché c'è andata. Volevo cominciare una nuova avventura. Da ragazza mi ero iscritta a un corso di teatro perché ero convinta di essere fuori di testa, non per diventare famosa. Ho fatto di tutto, la schiava nera con Richard Gere e la controfigura di Hanna Schygulla».
Almodóvar?
giancarlo giannini francesca neri per sempre
«Carne tremula è il film in cui ha cristallizzato il suo stile, mi volle per una donna che rappresenta il senso di colpa. Potevo rifiutare? Eccomi, sono io, gli dissi. Sono stati due mesi di amicizia e complicità, Pedro usò ogni parola che pronunciavo. All'improvviso sul set mi ritrovai sola.
Mi aveva abbandonata, per il film. Un giorno presi coraggio e chiesi udienza. Lui mi gelò: non ti capisco. È il suo modo di avere controllo sugli attori. Il set è ogni volta la possibilità di avere un amico. Mi è successo con la parrucchiera, la costumista... E con Pupi Avati. La maggior parte delle volte vieni tradita».
FRANCESCA NERI
Bigas Luna?
« Le età di Lulù era una sfida con me stessa e con mia madre. Il provino era un monologo e io che mi masturbo con un vibratore. Mia madre non mi parlò per mesi. Io, senza i social, ho subìto insulti, telefonate anonime, stalking... Dopo, in Italia mi hanno vista come un intellettuale e in Spagna come un oggetto del desiderio. Destino tragicomico. In quel film ho imparato a conoscere la mia parte oscura».
Francesca Neri
Questo libro è l'elaborazione di un lutto?
«Di un lutto e di una epifania. Io sto cercando di capire chi sono diventata. Ho trovato me nella solitudine, che non era isolamento; nel silenzio, che non era mutismo. Questa sono io: se critichi il libro vuol dire che non ti piaccio. Ci ho messo la faccia. Il mio ozonoterapista mi ha detto: sei come Sacchi, l'allenatore che nel pieno della carriera scelse di ritirarsi: era troppo coinvolto. Oggi sono libera dalla necessità di compiacere tutti. Sono più pacificata. Non vedo l'ora di andare nelle librerie a parlarne».
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