Da “la Stampa”
dario franceschini e michela di biase
Nella lunga battaglia per garantire il bonus cultura a chi compie 18 anni il momento più importante non è stato l'avvio della nuova misura nel 2016, quando presidente del Consiglio era Matteo Renzi e ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini. La vittoria più grande è stata ottenuta cinque anni dopo, a fine dicembre del 2021, quando presidente del Consiglio era Mario Draghi e ministro dei Beni Culturali ancora Franceschini. Nella legge di Bilancio fu inserito l'articolo 108 che rendeva strutturale il bonus con una voce di spesa apposita e fondi per 230 milioni di euro.
DARIO FRANCESCHINI SERVE AI TAVOLI ALLA FESTA DELL UNITA
«Era stata una svolta - commenta Dario Franceschini - All'inizio il bonus era una misura sperimentale. Ogni anno si presentava il problema di rifinanziarlo». Ed era un problema - sottolinea Franceschini - perché era un successo. «Ogni anno il finanziamento iniziale era sottostimato perché si pensava che non lo chiedessero tutti i diciottenni, invece ogni anno eravamo costretti a rifinanziarlo».
Nel 2017 il bonus è stato riconfermato ed è partita di nuovo la caccia ai fondi. Nel 2018 a minacciare l'esistenza del bonus cultura è stata anche in quel caso la destra arrivata al governo, il Conte 1. Il nuovo ministro dei Beni Culturali Alberto Bonisoli alla sua prima uscita pubblica annunciò di non voler rinnovare il bonus e di voler studiare dei correttivi sulla base di un'indagine condotta da una commissione di esperti.
sergio mattarella dario franceschini cerimonia di presentazione dei david di donatello
L'indagine finì nel nulla insieme alla commissione. Il ministro cambiò idea e il bonus continuò a portare 500 euro ai nuovi diciottenni. Nel frattempo era ancora cambiato il governo, al ministero era tornato Franceschini e il bonus continuava la sua strada. «Era diventato un modello - ricorda - il presidente Macron ci chiese di mandargli il dossier e nel 2021 la Francia ha introdotto questa misura nel suo Paese. Lo stesso ha fatto poi la Spagna e altri Paesi europei. Ora ci sta pensando anche la Germania.
Visto il successo di questa misura, come ministro ho condotto battaglie nel Consiglio europeo per ottenere una card europea». Nel frattempo, a fine 2021, il governo Draghi era riuscito a rendere permanente il bonus ponendo fine al rito annuale della caccia ai fondi. «E il paradosso è che ora che finalmente i fondi c'erano il nuovo governo li ha utilizzati per finanziare altro», denuncia Franceschini.
dario franceschini cerimonia di presentazione dei david di donatello
E dal prossimo anno i diciottenni rimarranno senza nulla. In realtà, dopo le numerose proteste che si sono levate dopo l'annuncio della decisione di cancellare il bonus, la maggioranza ha fatto marcia indietro e ha annunciato una nuova carta della cultura che eviterà truffe e abusi. «Una bugia colossale - commenta Franceschini - Se il problema della maggioranza fosse stata la sua applicazione, sarebbe bastato modificare le norme di attuazione o anche il nome se avessero voluto dare una nuova identità alla misura.
Invece hanno speso i fondi per altro e ora non hanno nulla per finanziare la nuova carta. Resterà un annuncio. Xe pèso el tacòn del buso, dicono in Veneto. È peggio la pezza del buco». Non si può negare però che ci siano state delle truffe in questi anni, come in queste ore vanno sottolineando le forze di maggioranza oltre che in tanti sui social.
dario franceschini foto di bacco (6)
«Quando ero ministro, fu firmato un protocollo con la Guardia di Finanza per rafforzare i controlli su eventuali usi illeciti. E i controlli sono stati effettuati con ottimi risultati. In ogni caso non è che se c'è qualche errore da parte di qualcuno si elimina del tutto una misura che funziona ed è diventata un modello esportato in altri Paesi», ribatte Franceschini. Un'altra delle critiche mosse al bonus cultura in queste ore è la sua universalità, 500 euro ai diciottenni in difficoltà economiche e a chi ha genitori milionari.
«Obiettivo della misura era avvicinare i giovani ai consumi culturali ma anche fornire un aiuto alle industrie del settore. In ogni caso, in passato abbiamo provato a introdurre dei limiti in base al reddito ma si è rivelato complicato. E, a dire il vero, non è detto che le famiglie benestanti spendano i soldi per i libri, magari fosse così».
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