Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
FRANCESCO BELLAVISTA CALTAGIRONE
Il domestico non basta, e il portiere neppure, nel processo in cui il Tribunale di Milano motiva «perché il fatto non sussiste» l'assoluzione dell'imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone dall'accusa di evasione fiscale per non aver mai presentato una dichiarazione di redditi in Italia, specie nel 2010-2013 (prima c'è prescrizione) quando così per la GdF non avrebbe pagato 12 milioni di tasse.
FRANCESCO BELLAVISTA CALTAGIRONE - ACQUA MARCIA
Dal «cosiddetto "libro mastro" di Gabriele Bravi», nel quale questo consulente con il barone riciclatore Filippo Dollfus annotava «4.000 operazioni per 500 milioni transitati su fiduciarie estere riconducibili a clienti italiani», il Tribunale ravvisa «riscontrata» per Bellavista Caltagirone «la titolarità di 30 società offshore, specie della Liberia, con 60 milioni di giacenze nel 2013».
francesco bellavista caltagirone
Ma per condannarlo per evasione era necessario al pm Paolo Filippini dimostrarne la fittizietà della residenza fiscale in Lussemburgo, dove aveva pagato briciole di tasse da 131.000 a 199.000 euro. Solo che le deposizioni del portiere di casa, dei domestici e dei dipendenti sul fatto che l'imprenditore vivesse ai Parioli, rese alla Gdf nel 2013 in un processo verbale di accertamento tributario, sono state ritenute non utilizzabili nel penale, e comunque pertinenti sino solo al 2010, cioè solo al primo dei 3 anni in causa.
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