Francesco Merlo per “la Repubblica”
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Sono, le top model russe che distruggono le borse Chanel, come i talebani che distruggono le statue. Entrambi aggrediscono i simboli dell'Occidente che più somigliano alle loro ossessioni. I terroristi dell'Isis si accaniscono sui siti archeologici perché identificano l'Occidente con l'idea stessa di Storia antica e dunque - se potessero - farebbero saltare in aria anche le Piramidi.
Allo stesso modo, le ragazze di Putin si accaniscono sulle borse con le due C incrociate perché identificano l'Occidente non con la moda, di cui non possono liberarsi, ma con il lusso invidiato e "firmato", che è anche l'orizzonte del cattivo gusto. Anche Putin, nell'adunata alla stadio Luzhniki, aveva indossato un bel giaccone blu scuro di Loro Piana, in cachemire, piume d'oca e lana, costoso ma discreto, in stile "ricchezza nascosta". Ma non lo aveva distrutto, non lo aveva condannato all'esecuzione pubblica.
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Al contrario, le sue "patriottiche" top model giustiziano le borsette della democrazia, prima tagliando tessuti e pelli con forbici e rasoi, e poi usando tenaglie e persino martelli su metalli e catene. Più cruenti, gli estremisti islamisti, dopo avere cancellato con lo scalpello i volti delle statue, fanno fuoco con i fucili, con le mitragliatrici e con le bombe per finirle nella maniera più spettacolare: pietra su pietra.
Ma davvero è difficile immaginare spot pubblicitari più efficaci di questi post su Instagram dove, proprio perché straziata con le cesoie dalle pop star e dalle influencer del regime, la moda diventa l'insuperabile filosofia dell'epoca, e ci sono perciò Leopardi, Simmel, Benjamin, Barthes e, sullo sfondo, il danaro. C'è infatti l'invincibile economia dell'Occidente nel lusso oltraggiato come spazio dove leggere il tempo, nel vilipendio del più bel "fiore del male" di Baudelaire.
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Provate difatti ad aggiungere la voce del poeta alle immagini della russa bella e arrabbiata che distrugge una parte di se stessa: «Mia piccola sorella, /pensa quale dolcezza / andare a vivere laggiù insieme nel paese che ti somiglia», nell'Occidente di Chanel: «tutto laggiù è ordine e beltà / tutto è lusso, calma e voluttà». E si intitola così Lusso calma e voluttà, proprio in omaggio a Baudelaire, anche il quadro di Matisse, fiori e colori del desiderio finalmente soddisfatto.
L'invasione e le barbarie dei russi in Ucraina si accompagnano dunque alla più patetica cancel culture che non mette i brividi come il rogo nazista dei libri degenerati. Erano russi anche i bolscevichi che distrussero le chiese e vendettero agli antiquari le icone greco-ortodosse ed era russo Stalin che volle una piscina al posto della cattedrale di Mosca.
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Indimenticabili le guardie rosse di Mao che, mentre impiccavano i professori d'università, demolivano i templi e persino le case antiche, con l'incoraggiamento estasiato dei giovani del mondo occidentale, i sessantottini che gridavano «siamo realisti, chiediamo l'impossibile». Alla fine, sono tutte uguali le cancel culture: chiedono l'impossibile.
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