Maurizio Crosetti per la Repubblica- estratti
MOSER MARA MOSOLE
Quel volo dentro il tempo è diventato un magnifico quarantenne: 19 gennaio 1984, Francesco Moser polverizza il record dell’ora di Merckx a Città del Messico, e quattro giorni dopo distrugge pure il suo. «Avevo le ali, volavamo nel futuro». Esiste un ciclismo avanti Cecco e dopo Cecco. L’antichità e la modernità, il corpo puro e la scienza applicata. Indietro non si torna. Francesco Moser vale Neil Armstrong.
E adesso cosa c’è nella sua vita?
«Ho 72 anni, il dentista mi ha appena scavato per bene e alla fine sono tutto gonfio pensando che fu più facile vincere le Roubaix. Il tempo passa, bisogna abituarsi. Ho il mio metodo: dimenticare gli anniversari».
Funziona?
«Assolutamente no. Festeggerò i due record con un pranzo tra amici».
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Il primo ricordo di quei giorni messicani?
«Mia figlia Francesca che ha un anno e comincia a camminare proprio là, mentre io pedalo».
Il secondo ricordo?
«Ci rubarono il vino che avevamo portato dall’Italia insieme alle cibarie. Affittammo una villetta, girò la voce e ci presero quanto di più prezioso. Naturalmente scherzo, però un buon bicchiere…»
Non per nulla il suo Trento Doc più celebre si chiama “51.151”, l’incredibile misura del secondo primato, quello del 23 gennaio ’84.
«Centomila bottiglie all’anno. Lo producevamo dal 1976 ma senza imbottigliarlo, vendevamo le uve, rendeva meno. Quando tornai a casa dopo il record, la cantina sociale di Trento mi fece trovare una magnum da 30 litri: inventarono una specie di bilanciere per inclinarla…»
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Come nacque la scommessa messicana?
«Ci pensavamo da un po’, ma risolvemmo tutto in meno di due mesi. Le famose ruote lenticolari in carbonio le produceva il signor Testa di Somma Lombardo, una testa veramente, costruiva scocche per automobili e ne aveva persino una elettrica già 40 anni fa. Ma erano ruote ancora pesanti e un po’ storte: ne fece un paio più leggere, arrivarono in Messico sei giorni prima del record. Le montammo, andavano molto meglio».
Lei pedalava quasi parallelo alla pista, una cosa mai vista.
«Eravamo andati anche oltre, pensando a un manubrio per tenere le braccia lunghe, come poi sarebbe successo. Ma non c’era il tempo per costruirlo».
Tuttavia: body, aerodinamica, cardiofrequenzimetro, dieta speciale. Altri mondi.
«Il misuratore di pulsazioni era grosso, pesante al polso, pieno di fili. Si legavano al petto con una striscia di tela, mi sentivo una mummia. Ma, alla fine, fu come andare sulla Luna».
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Si sospettò che ci andaste anche grazie al doping: i medici Conconi e Ferrari, tanto per fare nomi.
«Fesserie, per anni ho provato disturbo e niente di più: noi siamo nella storia. Quando non si vuole accettare o capire la scienza, la si demonizza: si cacciano le streghe e si accendono i roghi. Ero seguito da professori stimatissimi, specialisti universitari, cattedratici. Il fatto è che nessuno credeva all’impresa: conservo ancora i giornali di allora».
I sospetti non sono mai finiti.
«I critici si attaccavano a tutto, se la presero anche con i pantaloni del mio body. Erano stati gli svizzeri i primi a usarlo. Io lo indossavo un po’ per l’aerodinamica, ma soprattutto per il freddo: si doveva pedalare presto, la mattina, per anticipare l’alzarsi del vento. Arrivavo in pista, e sul cemento era fiorita la brina notturna. In strada mi allenavo con una tuta da sci di fondo, facevo le ripetute su una salita molto dura che andava verso un campo da golf, era tutto molto pittoresco».
(...)
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Suo figlio Ignazio è molto social: sposerà prima o poi Cecilia Rodriguez, la sorella di Belen?
«Non mi faccio i fatti loro, non guardo Internet, uso il cellulare solo per telefonare. Il matrimonio? Quando lo vedo, ci credo».
Anche lei, però: un divorzio dopo quarant’anni, una nuova compagna, Mara Mosole, 17 anni di differenza. «Amare dopo i 70 non è come quando si è ragazzi, ma stare da soli non è bello. Lei correva in bici, è stata campionessa italiana, dice che ero il suo idolo. Ogni tanto pedaliamo insieme».
(…) Francesco, ma quanto si è divertito?
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«Tantissimo. L’altro giorno ripensavo a quella volta che andammo in bici sul Ghisallo insieme a vari personaggi dello spettacolo. Mi ritrovai accanto Loredana Bertè e la spinsi fino in cima».
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