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    BANCHE DA CODICE PENALE - FRODI, TRUFFE E BILANCI FALSI: ECCO LA CRONOLOGIA DI 25 ANNI DI CRIMINI COMMESSI ALLO SPORTELLO - UN DOCUMENTO ESPLOSIVO DELLA CASSAZIONE DEPOSITATO (E INSABBIATO) AL SENATO METTE IN FILA TUTTI I REATI DEGLI ISTITUTI NEI PRESTITI, NELLA VENDITA DI PRODOTTI FINANZIARI E NEI SERVIZI DI INVESTIMENTO - UN ALTO GRADO DI CONOSCENZA NON METTE AL RIPARO DA FREGATURE


     
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    Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"

     

    LUIGI ORSI LUIGI ORSI

    Chi cerca le ragioni del tracollo del sistema bancario italiano (col terzo gruppo del Paese, il Monte dei paschi di Siena, ormai al collasso) non può rinunciare alla lettura di un documento depositato la scorsa settimana al Senato da un alto magistrato, Luigi Orsi. Il quale è sostituto procuratore generale della Corte di cassazione e a palazzo Madama ha «denunciato» tutti i reati commessi dalle banche dal 1990 a oggi.

     

    Dai prestiti agli investimenti fasulli, dai bond bidone ai mercati taroccati, dai bilanci falsi alle truffe finanziarie: è la storia di 25 anni di scandali e malefatte che hanno portato a dissesti di colossi bancari e di istituti minori, al fallimento di grandi e piccole aziende, a decine di migliaia di investitori e risparmiatori in ginocchio.

     

    Quello di Orsi è una sorta di Bignami del codice penale applicato (o, meglio, calpestato) dagli istituti italiani. Un documento che, peraltro, arriva a gamba tesa mentre torna d’attualità l’idea di utilizzare denaro pubblico per i salvataggi delle banche in crisi, a cominciare proprio da Mps. Il governo di Matteo Renzi ci sta pensando seriamente: i contribuenti corrono il rischio di cacciare quattrini, con nuove tasse, per coprire i buchi di bilancio, conseguenze degli illeciti attribuibili ai banchieri.

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    Nelle carte della Cassazione non ci sono i nomi delle banche né dei manager coinvolti in singole vicende, ma non è complicato associare i casi di cronaca alle violazioni normative illustrate dal pg della Corte. Il menù è completo: le obbligazioni subordinate di Etruria, Marche, Chieti e Ferrara vendute a clienti non esperti; le bufale di Mps (e delle sue controllate) dello scorso decennio; i prestiti concessi solo a determinate condizioni (Veneto Banca); gli acquisti pilotati di azioni per alterare il valore di mercato dei titoli (Popolare di Vicenza); e, per andare un po’ più indietro con gli anni, i bond Cirio e Parmalat (protagonista era Capitalia), a testimonianza del fatto che la storia dei bancarottieri all’amatriciana viaggia di pari passo a quella dei dossier caldi degli istituti.

    protesta dei risparmiatori davanti banca etruria 11 protesta dei risparmiatori davanti banca etruria 11

     

    LE RAGIONI DELLA CRISI

    Il mix micidiale di comportamenti criminali e illeciti sistematici squadernato dalla toga della Cassazione, ovviamente, non è la sola ragione dell’attuale crisi bancaria. Né si deve inciampare nella becera generalizzazione, sostenendo che tutti i banchieri rubano (le condanne, però, non sono mancate). Tuttavia, le difficoltà non possono essere motivate soltanto con la tempesta internazionale e la recessione. Che poi è la favoletta raccontata dagli esponenti del settore: dalla Banca d’Italia all’Abi, l’autocritica è sempre esercizio ostico.

    MASSIMO BIANCONI BANCA MARCHE MASSIMO BIANCONI BANCA MARCHE

     

    Ma torniamo al rapporto della Cassazione. Il capitolo più corposo è quello sul credito: “sviste” su «bilanci falsi», acquisto di azioni della banca (è il caso degli istituti del Nord Est) con finanziamenti ad hoc, erogazione di denaro condizionata all’impiego di una fetta del prestito ad altro cliente in dissesto o vincolata alla prestazione di garanzia a supporto di un altro cliente sempre nei guai; rimborso di rate con obbligazioni emesse da un’impresa debitrice vendute dalla banca (Parmalat e Cirio), nascondendo i pericoli ai risparmiatori. In buona sostanza, Orsi chiarisce l’origine di una fetta delle sofferenze bancarie, vale a dire quei 200 miliardi di euro di prestiti non ripagati che affossano il settore.

     

    Su questo versante, l’analisi del magistrato parte dai «reati connessi in sede di erogazione del credito». Il caso più frequente è quello in cui «il cliente debitore della banca venga dichiarato fallito e il giudice penale debba verificare se il debito sia stato assunto in circostanze pregiudizievoli per la massa dei creditori». Si tratta di una «casistica rilevante perché coinvolge i settori apicali della banca» e «riguarda operazione per importi cospicui».

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    IL CREDITO FASULLO

    L’analisi entra poi nei dettagli con diversi tipi di crimine finanziario. Il primo caso è la «erogazione di credito condizionata all’acquisto di beni problematici della banca»: si concretizza quando un istituto appioppa a un’azienda cliente beni «non particolarmente appetibili» spesso «acquisiti a garanzia di crediti di altri soggetti» magari in ritardo con rate di prestiti.

     

    Che fa la banca? Concede un prestito per far comprare magari un appartamento invendibile, il cui valore è inferiore al prezzo dichiarato. È la «bancarotta fraudolenta» (di cui risponde anche il banchiere con l’imprenditore) e lo è anche nel caso di prestiti vincolati «all’acquisto sul mercato borsistico di azioni emesse dalla banca»: la quotazione del titolo sale, ma non corrisponde al mercato. Di qui anche il reato di «manipolazione del mercato» e «aggiotaggio».

     

    Sempre di bancarotta fraudolente si parla nell’ipotesi di finanziamenti concessi dietro un accordo segreto: chi riceve il credito lo «impiega in favore di un altro cliente della banca, insolvente». Il vantaggio per l’istituto sta nel nascondere alla Vigilanza una sofferenza: la manovra, in gergo, si chiama «cambio di cavallo». Che ha una variante, cioè quando l’impresa che chiede denaro poi lo utilizza per prestare garanzie a società decotte.

     

    IL RISPARMIO TRADITO

    A metà strada tra il credito e il risparmio tradito si posiziona il caso dei bond emessi da un’azienda mezza fallita col solo obiettivo di rimborsare un finanziamento. «Cirio, Parmalat e Finpart» ricorda la Cassazione: tutto questo era stato architettato attraverso emissioni «estero-vestite» in modo da «aggirare» i limiti imposti alle banche per collocare prodotti di aziende con le quali erano esposte.

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    E qui entriamo (anche) nel campo della «truffa». Risparmiatori e investitori, poi, sono vittime di «frodi nella comunicazione finanziaria», quando determinate informazioni vengono fraudolentemente sottaciute dalle banche ai loro clienti «ingannando il mercato». Qui scatta il «falso in bilancio».

     

    Il documento svela pure il fenomeno degli «investimenti spinti allo sportello» con «consigli» che «hanno riguardato titoli estremamente rischiosi». Con le bufale il problema è individuare i colpevoli «all’interno delle complesse filiere organizzative delle banche».

     

    Orsi non ha dubbi: i lavoratori bancari che piazzano la spazzatura ai risparmiatori non hanno colpe, gli ordini arrivano dall’alto. E «chi consiglia il prodotto allo sportello è scarsamente informato della sua rischiosità» racconta il procuratore. Sta di fatto che i vertici dell’azienda solitamente si dichiarano «estranei» e chi ha confezionato il «pacco» si trincera dietro le chinese wall, le muraglie cinesi che in teoria separano le diverse funzioni di un istituto.

     

    LE FRODI FINANZIARIE

    veneto banca assemblea soci veneto banca assemblea soci

    Come uscire dal labirinto? Lo scorso anno, quando sono stati azzerati in una notte i bond subordinati delle banche in default, 10mila risparmiatori hanno visto andare in fumo un miliardo. Il caso ha spinto le associazioni dei consumatori a riproporre l’istituzione di una Procura nazionale dedicata. Un appello che porta a galla un problema serio: i pochi mezzi a disposizione della magistratura nell’accertamento dei reati finanziari e della responsabilità penale dei banchieri.

     

    Tant’è che Orsi parla di «armi spuntate» in mano ai giudici. Finisce che la colpa è dei clienti che si lasciano fregare. Su questo terreno, però, il magistrato smonta un mito: il basso livello di educazione finanziaria in Italia. È il mantra ripetuto dai banchieri per giustificare proprio il risparmio tradito e per lavarsi le mani dei clienti che perdono soldi in investimenti ad altissimo rischio.

     

    Scrive il procuratore: «Una pure accettabile cultura finanziaria, ove fosse mai posseduta da investitori non professionali, non eliderebbe il rischio di incorrere nelle frodi montate ad arte». Che tradotto vuol dire: si può studiare la finanza anche ad alti livelli, ma se la banca vuole imbrogliare non c’è manuale che metta al riparo dalle fregature.

     

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    C’è da dire che l’esplosiva analisi di Orsi non ha suscitato reazioni fra i senatori che lo hanno ascoltato il 15 settembre né fra gli altri parlamentari che pure accedono agli atti ufficiali consegnati nelle commissioni. L’audizione è stata seguita da un eloquente mutismo: forse perché alle frodi e agli illeciti bancari spesso non sono estranei gli stessi politici.

     

     

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