Maria Egizia Fiaschetti per roma.corriere.it
giovannino
Costruire un percorso narrativo nel tempo dell’incertezza, segnato da un cortocircuito dall’impatto dirompente come la pandemia. Più delle decine di ore di girato, della frammentarietà di voci e momenti da riconnettere in una sequenza coerente, l’operazione di (ri)cucitura è servita a trovare un senso non soltanto al racconto, ma allo stravolgimento epocale che tutti abbiamo attraversato e dentro al quale siamo ancora immersi.
In onda su Amazon Prime il docufilm From my house in da house. A history of Rome di Giovanni La Gorga, in arte Giovannino, e Alessio Borgonuovo, prodotto dalla Quality film di Michele Lella, Amedeo Letizia e Mariella Lisacchi. Il progetto trae spunto da alcuni, rocamboleschi, dj set organizzati da Giovannino, affacciato alla finestra della sua casa in via della Pace, poi in campo de’ Fiori e a piazza Margana per richiamare l’attenzione sullo spopolamento del Centro, abbandonato dai romani e abbrutito dal turismo mordi e fuggi. Un’operazione situazionista, per riportare i cittadini nel cuore pulsante della Capitale, alla riscoperta di luoghi che in passato sono stati punti di riferimento per artisti, intellettuali, star americane, nuove generazioni di attori e musicisti che, partiti dal «Locale» in vicolo del Fico, hanno raggiunto il successo e sono riusciti a realizzare i propri sogni.
from house in da house
Dalla documentazione degli eventi «picareschi» con Giovannino nei panni del pifferaio magico all’idea di rielaborare il corposo materiale, per ricavarne uno sguardo su Roma che affrontasse il tema del degrado: argomento fin troppo dibattuto, ai limiti della saturazione, riproposto con un taglio inedito, dell’insider che ha visto il tessuto urbano e le caratteristiche antropiche di un territorio trasformarsi radicalmente fino a perdere la propria identità. Se non fosse che alle prime battute, quando il lavoro era appena iniziato e gli autori avevano raccolto soltanto poche interviste, la pandemia ha fatto irruzione nella sceneggiatura costringendoli a sintonizzarsi sulla cronaca. «Siamo partiti con le riprese ad ottobre 2019 - ricorda Giovannino - , quando tutto si è fermato sono sceso in strada e ho filmato il silenzio surreale di piazza Navona col telefonino. In tutto il rione Parione, su mille appartamenti ad abitarci eravamo soltanto sei famiglie. Di notte, l’unico rumore che si sentiva era quello dei topi che frugavano nell’immondizia». «Lo scenario perfetto, neanche a farlo apposta», interviene Borgonuovo.
coccoluto
Tra i contributi ai quali sono più legati, non soltanto per il valore simbolico e affettivo, l’intervista a Claudio Coccoluto, scomparso nel marzo scorso, che li ha accolti nel suo studio a Cassino: «Ogni volta che la riguardo, l’idea che Claudio non sia riuscito a vedere il lavoro finito mi lascia l’amaro in bocca. Ci ha messo il cuore, accogliendoci con grande senso dell’ospitalità, ed è stato catalizzante».
«Quando lo abbiamo incontrato non sapevamo ancora quale piega avrebbe preso il film - ammette Borgonuovo - , ma lui ha toccato tutti i temi che poi avremmo affrontato trovando la frase perfetta per introdurli». Il tempo al rallentatore degli ultimi due anni ha consentito agli autori di metabolizzare la mole di girato raccolto, tra immagini di backstage e testimonianze di prima mano, per ordinarlo in una trama fluida non soltanto sotto il profilo narrativo ma anche concettuale: «Non avere scadenze è stata una fortuna - rivela Borgonuovo - . Abbiamo avuto tutto il tempo di coccolare la nostra creatura e il progetto si è sviluppato in modo naturale... Abbiamo scelto una consecutio che seguisse i tre eventi principali (i dj set in via della Pace, Campo de’ Fiori e piazza Margana, ndr) e incrociasse i diversi piani cronologici. Nella fase di montaggio ci siamo isolati per tre mesi, lavorando in totale libertà».
barillari
Tra i cammei che preferiscono, quello interpretato dallo scrittore Aurelio Picca che con i suoi guizzi dà il ritmo al film. «Con il suo modo pittoresco di parlare e raccontare ha colto sempre nel segno, le sue perle riaffiorano ogni volta - osserva Giovannino - . Ma sono molto legato anche a Marco Giallini, con il quale recito una piccola parte, e ad Asia Argento, che ha partecipato al primo evento di From my house in da house». Arte, musica, vita si fondono tra la dimensione privata e lo spazio sociale: un modo inedito di “stare alla finestra”, non attendista ma dinamico, per proiettare il proprio sguardo all’esterno e stimolare il dibattito pubblico.
giancarlino asia argento