Estratto dell'articolo di Emanuela Audisio per “La Repubblica”
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La Toyota, casa automobilistica giapponese, non manderà più in onda gli spot televisivi registrati con gli atleti per Tokyo 2020.
Non vuole lo scontro frontale con il suo popolo, né che i consumatori associno il suo nome all'Olimpiade.
E tanto per togliere ogni dubbio l'amministratore delegato Akio Toyoda, nipote del fondatore dell'azienda, non sarà alla cerimonia di apertura. Sono Giochi caldi, meglio non scottarsi. E ora anche 60 grandi aziende giapponesi che hanno pagato più di 330 miliardi di yen di trovano davanti al dilemma: prendere le distanze da Tokyo 2020 o restare associati a dei Giochi che pochi vogliono?
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Il presidente sudcoreano Moon Jae-in non verrà a Tokyo per il summit (segreto) con Suga perché un diplomatico giapponese ha definito il suo tentativo di accordo «una masturbazione». Non bastassero le inquietudini politiche e il Covid ci si sono messe anche le ostriche, ospiti indesiderati della Sea Forest Watreway, sede delle gare di canoa e di canottaggio. Rimuovere i molluschi è costato 1,28 milioni di dollari in riparazioni ai danni che avevano creato attaccandosi ai galleggianti frangiflutti. 14 tonnellate di ostriche: non era meglio mangiarle?
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