DAGOREPORT
FUMATA NERA
Estratto dell'articolo di Giovanni Pons per repubblica.it
meloni salvini
Un’altra fumata nera esce dal comignolo di Palazzo Chigi sulla partita delle nomine nelle partecipate di Stato. Sembrava fosse la giornata buona, ieri, con un Consiglio dei ministri convocato nel pomeriggio e Matteo Salvini che in mattinata professava ottimismo a piene mani.
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Purtroppo per Salvini non è andata così anche se in serata, dopo un’altra giornata di contatti frenetici, sono iniziate le trattative finali. Giorgia Meloni ha fatto sapere giovedì scorso agli alleati di Lega e Forza Italia quali sono i suoi desiderata per gli amministratori delegati dei colossi di Stato: Claudio Descalzi all’Eni con presidente da indicare da parte della Lega, Stefano Donnarumma all’Enel con presidente che non può essere Paolo Scaroni come richiesto da Forza Italia, Matteo Del Fante a Poste con presidente da definire, Roberto Cingolani a Leonardo con presidente Giuseppe Zafarana, Giuseppina Di Foggia a Terna.
gianni letta foto di bacco
Le due posizioni più contrastate tra quelle indicate da Meloni sono quelle di Donnarumma all’Enel e Cingolani a Leonardo. Il ministro Giancarlo Giorgetti ha ricevuto nelle settimane scorse molte lettere da parte di fondi preoccupati per il cambio al vertice di Enel, visto che occorre gestire una campagna di dismissioni internazionali per ridurre un debito lordo che ha superato i 100 miliardi.
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IMPERO MELONI
Estratto dell’articolo di Carmelo Caruso per il Foglio
MATTEO SALVINI E GIORGIA MELONI
Le manca solo la luna. Giorgia Meloni si è presa tutto. Enel, Eni, Poste, Leonardo e Terna. Cinque amministratori delegati su cinque, scelti da lei, senza mediazione, senza tenere conto delle resistenze di Lega e Forza Italia.
(…) Sono ore passate, si racconta, a ragionare, nell’ufficio di Giovanbattista Fazzolari, sulla nomina di Donnarumma come ad di Enel. Anche i ministri di FdI avrebbero avvisato la premier: “La sua nomina potrebbe finire sotto l’attenzione di Consob e Antitrust. Attenta”. Si scrive sotto un’alluvione di telefonate: “Le liste dei cda verranno comunicate a giornali chiusi”; “Meloni vuole che vengano comunicate oggi”; “c’è un problema donne. Dove sono le donne?”.
Ieri mattina, quando la premier ha fatto il suo ingresso a Palazzo Chigi, dicono che fosse irritata dalla lettura dei giornali. Era infastidita per le ventilate minacce di rappresaglia da parte di Lega e FI. Era indispettita dalle frasi del capogruppo della Lega, Riccardo Molinari (“Sarebbe bizzarro che sulle partecipate a scegliere sia solo un partito”).
giancarlo giorgetti giorgia meloni matteo salvini
Gianni Letta, l’uomo che tratta sulle partecipate per conto di Berlusconi, alle ore 11, era al Senato e partecipava alla presentazione dell’ultimo libro di Franco Bernabè. I leghisti si sono affidati alla sua vecchia sapienza: “Dottor Letta, ci provi lei a fare ragionare Meloni. Non si può stravincere così”. Ma perché Meloni avrebbe dovuto rinunciare, lo ha confidato lei stessa, “a quanto Berlusconi, Renzi hanno fatto duranti i loro governi? Da sempre gli ad sono stati scelti dai presidenti del Consiglio. Perché dovrei rompere questa tradizione?”.
E’ sottile, ironica, salace. Chi dice che da oggi qualcosa cambierà non va poi così lontano dal vero. Nel bene e nel male, chi la stima dirà infatti: “Si è fatta valere”. Ma tutti quelli che ha scontentato diranno invece: “Si è ubriacata. E’ tracotante”. Forza Italia vive questo tormento: assecondarla o combatterla? Alle ore 15, a Piazza Colonna, passa il suo capogruppo, il simpatico Paolo Barelli, atteso a Palazzo Chigi. Delle nomine non parla. I commessi, il creato li benedica sempre, dicono che la scena si svolga tutta nella stanza di Fazzolari. La loro confessione: “Giorgetti che entra, Giorgetti che esce. C’è movimento”. Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, di FdI, per non sbagliare, se ne torna al ministero. Maurizio Lupi, che esce invece dal retro di Palazzo Chigi, sussurra a un amico: “Prenderà tutto Meloni e nessuno glielo può impedire. Nessuno ha la forza di far cadere questo governo”.
flavio cattaneo foto di bacco
(…) Un leghista, alla Camera, deserta, è sconvolto o forse ha solo aperto gli occhi: “Meloni la pagherà, eccome se la pagherà”. FdI, e i tanti dirigenti, i più astuti, fanno notare che l’equazione dei quotidiani è sbagliata. La Lega, e sono parole loro, “avrebbe già ottenuto Mps con Lovaglio e a Enav la nomina di Pasqualino Monti perché Monti non è in quota FdI, ma in quota Lega”. Il Def, che pure il Cdm approva, passa in secondo piano, così come altre due nomine definite laterali.
Paolo Scaroni
(…) Forza Italia, festeggia “Paolo Scaroni che sarebbe andato alla presidenza di Enel”.
L’unica cosa certa è che si litiga. (...)
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