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    FUMETTO NEGLI OCCHI - DIETRO ALLE AVVENTURE DEI "PEANUTS", CHARLES M. SCHULZ NASCONDEVA TUTTE LE SUE ANSIE, LE INSICUREZZE E LE FRUSTRAZIONI - IL PADRE DI CHARLIE BROWN, SNOOPY E COMPAGNI ERA UN PERSONAGGIO AMBIGUO E RISERVATO: ODIAVA IL SUCCESSO, NON AVEVA MOLTI AMICI E SOGNAVA UNA VITA LONTANA DAI RIFLETTORI, DOVE DISEGNARE E PREGARE IN TRANQUILLITA' - NEI PERSONAGGI DEI SUOI FUMETTI, "SPARKY" (IL SOPRANNOME DI SCHULZ DA PICCOLO) AVEVA MESSO SE STESSO…


     
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    Estratto dell'articolo di Giulio D'antona per “La Stampa”

     

    Quando nel giugno del 1958 Charles Montgomery Schulz si trasferì con sua moglie Joyce e i loro cinque figli nella tenuta di Coffee Grounds, a Sebastopol nel nord della California […] Schulz era già Schulz: la firma in testa alla striscia a fumetti più famosa in assoluto.

     

    Non solo: oltre ai Peanuts, pubblicati ogni giorno con grande affetto su più di trecento quotidiani americani, migliaia di giornali e raccolte di inediti in tutto il mondo, […] aveva all'attivo anche una serie di vignette a tema religioso ospitate mensilmente su una rivista della comunità della Chiesa di Dio, della quale era felice e orgoglioso membro, e una serie a tema sportivo che compariva su diverse pubblicazioni di settore, scritta da lui, che la firmava in esclusiva, e disegnata da Jim Sasseville.

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    […]Eppure, all'apice della fama e sul punto di scivolare verso una mezza età agevole e agiata in uno dei luoghi più incredibili d'America, non era riuscito a lasciare in Minnesota lo "Sparky from St. Paul" - così lo definì lo scrittore John Updike, in un ritratto che gli dedicò nel 2007 - che lo aveva seguito fin lì e che per tutta la vita lo avrebbe tallonato come un'ombra inquietante, sempre pronto a calare sulle sue ambizioni più ardite.

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    […] il ragazzino del Midwest spaesato e frustrato dai continui rifiuti degli editori, con il sogno di disegnare e la paura di confrontarsi con il resto del mondo. Sparky, che doveva il suo soprannome al cavallo di una striscia degli anni Venti intitolata Barney Google, così introverso da non riuscire a stringere rapporti che con la sua insegnante di arte, così insicuro da aspettare le lettere di rifiuto alla cassetta della posta per ore pur di non lasciar correre le sue fantasie di successo.

     

    […]

    Dopo l'inaugurazione di una collaborazione pubblicitaria con la Ford, nel 1959, e la copertina di Time magazine che nel 1965 omaggiava i bambini più saggi del pianeta, lo speciale di Natale, voluto dalla Coca-Cola e commissionato dalla CBS, rappresentò al contempo la consacrazione dei Peanuts, la vittoria di Schulz, e l'incubo di Sparky.

     

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    Niente andava come lo sponsor e il network avrebbero voluto, ma tutto procedeva come la caparbia cocciutaggine di Schulz comandava: la musica era una composizione jazz di Vince Guaraldi, i protagonisti erano doppiati da attori bambini, e Linus arrivava a citare un passo della Bibbia sulla televisione in chiaro. Premesse incomprensibili che avrebbero segnato il passo, procurato milioni di ascolti ogni anno, il plauso della critica, premi e riconoscenze.

     

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    Nei Peanuts, Schulz aveva messo tutto se stesso: in Charlie Brown la sua insicurezza, in Lucy la sua testardaggine, in Linus il suo senso religioso per l'esistenza, in Piperita Patty la sua necessità, sempre sopita, di ribellione. Ma da quel mosaico complesso di emozioni e sfumature, difficilmente si affacciava pubblicamente il volto dell'uomo che è stato nel privato. In una biografia a strisce intitolata Funny Things, realizzata magistralmente da Luca Debus e Francesco Matteuzzi (pubblicata negli Stati Uniti prima di essere tradotta, a opera degli stessi autori, da Beccogiallo) queste sfaccettature, da Sparky a Schulz in una transizione colma di ansia, comicità e commozione, emergono chiare, nel modo in cui, forse, sarebbe stato congeniale anche a lui. Se solo avesse voluto.

     

    […] come emerge bene da Funny Things, la sua aspirazione era quella di una vita tranquilla, cadenzata dalle consegne, dalle domeniche in chiesa, dalle giornate in famiglia. […]

     

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     L'ambizione del fumettista che aveva assaggiato il successo e non poteva più farne a meno, però, lo costringeva a continui traslochi, a due divorzi, e a rincorse sempre più lunghe per accumulare nuovi progetti che mai e poi mai avrebbe delegato: nessuno sapeva trattare i suoi personaggi meglio di lui e anche quando si vide costretto a passare (in gran segreto) del lavoro a Sasseville, lo fece con riluttanza, trasformando l'amico e collega in un autore ombra, obbligato a seguirlo ovunque andasse senza mai prendersi più dello spazio concesso, che presto - quando Schulz gli annunciò di aver chiuso l'unico progetto per il quale, in effetti, usava il suo segno - sarebbe uscito dalla sua vita sbattendo la porta.

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