Foto di Ferdinando Mezzelani per Dagospia
Stefano Carina per il Messaggero
amendola totti
Il 26 maggio, giorno dell'addio di De Rossi, Claudio Amendola era all'Olimpico. Forse, nemmeno lui, poteva attendersi tre settimane dopo di dover sopportare un'altra lacerazione.
Domani Totti annuncerà l'addio dalla Roma.
«E' la ciliegina sulla torta. Si conclude finalmente il teorema bostoniano-londinese. Credo che Francesco abbia sopportato il sopportabile. Uno come lui non può figurare come un semplice gagliardetto. Mi sembra di assistere all'omicidio perfetto. Hanno ucciso la Roma».
Un punto di non ritorno tra la piazza e la proprietà Usa?
«Questo non lo so, so solo che in venti giorni la Roma ha perso De Rossi e Totti».
Pallotta era disponibile a far diventare Totti dt.
amendola totti
«E' proprio questo l'errore che si commette quando si giudica questa vicenda. Non tocca a me dirlo e magari ci penserà Francesco ma il problema è che lo hanno messo nella condizione di dire di no. E' come quando un marito o una moglie non hanno coraggio di lasciare il coniuge e si fanno lasciare. E questo è il comportamento dei codardi, degli uomini o delle donne che non hanno il coraggio di affrontare la realtà e di assumersi direttamente le conseguenze delle loro azioni. C'è sempre stata, dall'inizio, la volontà di deromanizzare la Roma. E ora ci sono riusciti».
Eppure, sino a poco tempo fa, la tifoseria era divisa nella valutazione dell'operato del club. Ora è nuovamente unita.
amendola totti
«In passato sono stato molto criticato quando pronunciai una frase infelice (Mi dimetto da tifoso della Roma', ndc). Ma già all'epoca s'intravedeva la piega che stava assumendo la questione. Io ad esempio ero molto offeso con il club perché aveva concesso l'utilizzo di Trigoria alla Juventus. Ero molto dispiaciuto anche quando si cambiò lo stemma. Noi siamo sempre stati questo tipo di tifoseria, molto tradizionalista. Il problema è che dall'avvento di questa nuova proprietà s'è voluto educare e cambiare il modo di pensare di una città che non andava modificato ma semplicemente rispettato».
Non pensa che sia anche una questione generazionale? Che il 20enne di oggi che non può fare a meno dei social viva la passione per la Roma in modo diverso dal 50enne e che il club abbia deciso di rivolgersi proprio a questo target di pubblico?
«Questo discorso lo accetterei soltanto se si fosse vinto qualcosa. Ok, mi vuoi cambiare? Mi vuoi educare? A me non sta bene ma se serve a vincere a malincuore ti dico va bene. Ma in questi 8-9 anni che abbiamo vinto? La Lazio ha vinto tre trofei, noi zero. Se non vinci, preferisco restare quello che sono».
Ci sono i presupposti per vincere nel prossimo futuro?
«Il divario ormai è incolmabile. Qui si rischia anche la prossima stagione di lottare per l'Europa League».
Cosa ne pensa di Fonseca?
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«Sarà l'ennesimo allenatore che nel momento di difficoltà verrà sacrificato sull'altare del club. Ci siamo già passati con Garcia...Poi sia chiaro, io rimango sempre della Roma. Però è innegabile che ci hanno tolto tanto. Troppo. Sarà il primo anno da quando la tifo, che inizieremo la stagione senza una bandiera».
Ritiene che Pallotta si renda conto della disaffezione maturata in città?
«Dall'addio di De Rossi il malumore è arrivato a Boston. Credo però che né lui, tantomeno Baldini, lo tengano in considerazione. E la lontananza li agevola».
C'è qualcosa che vuole dire a Totti?
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«Grazie».
E a Baldini?
«Non ho niente da dirgli».
Stefano Carina
TOTTI
Mimmo Ferretti per il Messaggero
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Soltanto il tempo, forse, ci racconterà la verità. E cioè a chi avrà fatto realmente comodo arrivare a questa soluzione. Nell'attesa, ecco l'incredulità, il dolore per un altro addio: Francesco Totti lascia la Roma. Due anni dopo aver attaccato gli scarpini al chiodo, il Capitano ha deciso, spinto a farlo, di mollare il club di James Pallotta. Non se la sente più di continuare ad essere soltanto un vessillo da esporre a secondo delle occasioni e delle necessità del bostoniano: meglio il distacco, traumatico e per certi versi impensabile, che l'essere sopportato per il fatto di essere stato il più grande calciatore della storia della Roma.
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Totti dice basta agli equivoci, alle parole non dette, ai compiti mai ricevuti; dice basta alle ambiguità di una società che ha un proprietario negli States e il dirigente più influente, più potente, a Londra, e neppure nell'organigramma ufficiale. Chi oggi sostiene che Pallotta comunque gli ha offerto il ruolo di direttore tecnico, e che quindi sarà Totti ad andare via e non la Roma a cacciarlo, dimentica che al dirigente Francesco in due anni è stato concesso poco o niente; e che quel poco, è stato sempre subordinato al giudizio, alla verifica di Franco Baldini, il presidente ombra del club, l'anti Totti per eccellenza. Amatissimo e ascoltato da mister Jim come nessun altro.
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DICIOTTO ANNI DOPO Totti saluterà 18 anni esatti dopo la conquista del terzo scudetto giallorosso e lo farà a due passi da quello spogliatoio che, il 17 giugno del 2001, lo vide in lacrime per un successo inseguito una vita. La scelta di parlare nel cuore di Roma, con l'Olimpico sullo sfondo, e in casa del suo amico fraterno Giovanni Malagò non può essere casuale. Il Coni come (nuovo) punto di riferimento, il che significa mettersi a disposizione di tutto lo sport nazionale.
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Un rinnovato patrimonio dell'intero movimento italiano. Scegliere di non parlare a Trigoria, che per una trentina di anni è stata casa sua, è un segnale chiarissimo: lì ormai si sente un estraneo. Esagerato? Provate voi a mettervi nei panni di chi ha scelto sempre e comunque la Roma. Ben pagato, certo, ma altrove probabilmente avrebbe guadagnato e vinto di più. James Pallotta (o forse è meglio dire Franco Baldini) è libero di ritenere Totti un pessimo dirigente ma, come accaduto nel caso dell'ultimo capitano Daniele De Rossi, scartato dal club, tutto dovrebbe avere un tempo e una modalità. E la massima sincerità, la massima trasparenza senza supercazzole di alcun tipo.
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Oggi di tutto avrebbe avuto bisogno la Roma tranne che di un altro choc emotivo, ma quello che mister Jim non sa è che la Roma non è un'azienda di stampo americano all'interno della quale tutto è possibile sempre e comunque. Se oggi, ad esempio, Pallotta rinfaccia a Totti di non sapere una parola di inglese, indispensabile per essere un manager di valore, resta da chiedersi quante parole di italiano conosca lui. Che non si fa vivo da queste parti da tredici mesi. Forse per questo chi è nato a Porta Metronia dopo essersi tolto la maglia della Roma adesso deve staccare la Lupa dalla giacca. Chi sostiene che da domani la Roma sarà sempre la stessa, anche senza Totti (e De Rossi), racconta una bugia. Una di quelle che, non solo questa estate, vanno tanto di moda a Boston.
3. GASPARRI
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Francesca Schito per Il Tempo
Senatore della Repubblica, è stato Vice Presidente del Senato, ma soprattutto romanista. Maurizio Gasparri non ha mai nascosto di essere uno sfegatato tifoso della Roma, così come si è spesso espresso in maniera negativa nei confronti della proprietà americana.
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L' affaire Tot ti, dopo il recente addio di De Rossi, non hala sciato indifferente il senato re: «Io mi sono espresso più volte in termini molto critici nei confronti del presidente Pal lotta, credo che sia veramente l' Attila della Roma. Penso a come è stato trattato Toni durante il periodo di Spalletti, all' addio di De Rossi con tutti gli equivoci che ci sono stati. Capisco che non è facile individuare un ruolo per Francesco, se il simbolo, il direttore tecnico, vicepresidente o altro, ma se Totti lascerà la Roma, credo che il disprezzo della città nei confronti di Pallotta dovrebbe essere clamoroso e totale. Dobbiamo auspicare che Pallotta lasci la società in qualsiasi modo. Se questo addio si verificasse, Roma dovrebbe lanciare una sorta di anatema su Pallotta: possiamo discutere per ore su cosa far fare a Totti, è legittimo che la società lo faccia e si confron ti con lui. Tra Totti e Pallotta, la città di Roma ama Totti e vitupera e disprezza Pallotta con tutti i suoi sodali. Mi trattengo perché voglio evitare il codice penale, ma è solo questo a frenarmi dal dire quello che penso fino in fondo».
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Se fosse lei a decidere, che ruolo darebbe a Totti?
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«0 una funzione nell' area tecnica, visto che parliamo di un giocatore che aveva grande visione di gioco e un' esperienza forte di campo, oppure un ruolo altamente rappresentativo della società, che può essere rappresentanza esterna in Lega, con gli organismi internazionali e tanti altri. Tra Pallotta e Totti, per me è Totti a dover decidere. Per quanto mi riguarda, potrebbe anche prendere Pallotta a calci nel sedere per due ore al giorno, essendo un calciatore. Sarebbe una funzione che noi tifosi della Roma apprezzeremmo».
Qualora Totti dicesse che la sua storia con la Roma è finita, ci sarebbe un modo da parte della società per recuperare il rapporto con i tifosi?
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«Certo, andarsene via. Sarebbe l' unico modo. Se ne devono andare tutti, sono una sciagura. Se venisse a Roma, saremmo noi a mandarlo via. È un problema di ordine pubblico, il questore dovrebbe dargli il foglio di via. A volte vengono bloccate delle manifestazioni per motivi di ordine pubblico, ci sono autorità che hanno questo potere: credo lo debbano cacciare dal ruolo di presidente della Roma gli organi preposti all' ordine pubblico perché sono veramente dei provocatori, dei nemici del popolo e della città. Inizio a chiedermi per conto di chi agiscano».
Pensa che la figura di Baldini abbia un ruolo in questa vicenda?
«Un ruolo nefasto nella storia recente della Roma».
Il discorso legato allo stadio può cambiare qualcosa?
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«Lo stadio sta diventando una maledizione per la Roma, hanno pensato soltanto a quello, evidentemente non gli interessa altro. Non ho dubbio che la vicenda Totti possa creare reazioni forti in città, è una provocazione, l' ultima goccia di veleno che forse dovrebbero bere loro».
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