Estratto dell’articolo di Antonello Sette per Il Foglio
"Dio ha inventato prima il pallone e poi Giovanni Galeone”, era scritto su uno striscione a Pescara.
giovanni galeone
Il diretto interessato conferma l’iperbole divina?
“Se è per questo hanno anche aggiunto ‘Giovanni vai a insegnarlo’. Era lungo e largo come tutta la curva dell’Adriatico”.
Profeta di un calcio che, ahimè, non c’è più, Galeone, napoletano di nascita e giramondo per destino e vocazione, non ha perso, a 82 anni suonati da un po’, il gusto della vita e lo stupore per la felicità regalatagli dal dio pagano, che chiamano pallone.Il viaggio è stato lungo e glorioso. Da dove cominciamo?
“Forse da quando a sei anni ho percorso tutti d’un fiato gli 870 chilometri che separano Napoli da Trieste, dove mio padre, che lavorava come ingegnere all’Ilva, era stato trasferito”.
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Pescara era ancora lontana…
MARCO GIAMPAOLO - MASSIMILIANO ALLEGRI - GIOVANNI GALEONE
“Pescara è arrivata molti anni dopo, nel 1986, dopo 17 anni da calciatore e una trafila come allenatore a Udine, Pordenone, Adria, San Giovanni Valdarno, Cremona e Ferrara. Pescara arriva senza preavviso, per pura fatalità. Il Modena era stato promosso in Serie B. Io ero l’unico allenatore di altre squadre a essere stato invitato alla festa per la promozione, nella villa di Antonello Farina. Suo figlio Francesco, per chi non lo sapesse, del Modena era il presidente in carica. Stavo passeggiando con il padrone di casa e sua figlia, quando ci imbattiamo in Franco Manni, storico dirigente dell’Inter di Helenio Herrera, che all’epoca era il direttore sportivo del Pescara.
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giovanni galeone
Nella sua vita è accaduto un po’ di tutto. Ha, tanto per cominciare, avuto in organico come calciatore, Max Allegri, che sarebbe diventato un suo grande amico nella vita, oltre che un allenatore di livello internazionale. A proposito, è vero che era fra gli invitati eletti di un matrimonio che è naufragato poche ore prima del fatidico sì?
“Per la verità me ne stavo beatamente in Sardegna quando mi ha chiamato per comunicarmi che non si sposava più. Erano le dieci del mattino. Avrebbe dovuto convolare a giuste, che evidentemente tanto giuste non erano, nozze a mezzogiorno in punto. L’avevo già sentito il pomeriggio prima e ne avevo raccolto, come un padre, tutte le perplessità. Diceva che lo avevano martellato perché la conosceva dalla giovinezza. Durante la notte deve aveva maturato il clamoroso dietrofront. Di sposarsi proprio non se la sentiva e aveva solo voglia di andar via. Di lì a poco sono andato a prendere l’ex promesso sposo all’aeroporto di Alghero”.
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giovanni galeone massimiliano allegri
Poi, ci sarebbe stata, se non erro, l’avventura di un lungo e amabile colloquio in piena notte con Silvio Berlusconi, reduce dalla Coppa dei Campioni conquistata a Vienna il 23 maggio 1990…
“Durò per l’esattezza continuativamente dalle due alle cinque. Nel corso della mia vita ho assistito a quattro finali di Coppa dei Campioni e tutte e quattro le volte ha vinto una squadra italiana: tre il Milan di Sacchi e una la Juventus di Marcello Lippi”.
Ricorda che cosa vi siete detti?
giovanni galeone
“Abbiamo parlato di calcio senza naturalmente trascurare Sacchi, che era lì con noi. Berlusconi era euforico per la coppa appena vinta e gli piaceva fantasticare di formazioni e strategie. Quel Milan di giocatori ne aveva talmente tanti, che qualche volta non si accorgevano di averne messi virtualmente in campo dodici e di aver, di conseguenza, prefigurato creazioni di superiorità numeriche in realtà fasulle”.
Da Sacchi a Maradona, che voleva portarla al Napoli…
“Me lo ha detto personalmente lui, una volta che l’ho incontrato. Luciano Moggi, che all’epoca era il direttore sportivo del Napoli, mi ripeteva che il piccoletto mi voleva a tutti i costi e mi ha anche bacchettato perché si era convinto che io avessi firmato per la Roma. Non era assolutamente vero. Alla fine della fiera, non sono andato né alla Roma, né al Napoli”.
Quale è il giocatore più forte che ha allenato?
“Sicuramente Zico, ma all’Udinese davo solo una mano. Da allenatore in proprio ho avuto al Pescara Leo Junior e, soprattutto, Blaz Sliskovic, un genio, un funambolo capace di giocate pazzesche. Uno che, se non era allo stesso livello di Maradona, ci mancava pochissimo”.
Le piace il calcio di oggi?
“No. Non mi piace soprattutto quello italiano. Salvo qualche partita del calcio inglese e il Borussia Dortmund.
giovanni galeone massimiliano allegri
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La crisi della Nazionale è irreversibile?
“Una cosa è al momento irreversibile. La qualità complessiva è crollata verticalmente. Abbiamo avuto dei periodi in cui giocavano contemporaneamente geni del pallone e fenomeni assoluti del calibro di Cassano, Baggio, Mancini, Totti e Del Piero. Scegliere fra loro era praticamente impossibile. Abbiamo fatto un Mondiale schierando Paolo Rossi come centravanti e lasciando a casa un campione come Bruno Giordano. Abbiamo avuto a disposizione nello stesso ruolo Franco Causio, Bruno Conti e Claudio Sala. Anche dietro non eravamo messi male. Ci sono stati Scirea, Cabrini, Maldini, Baresi, Nesta e Cannavaro. Oggi questi giocatori neppure se li sognano. Non è un caso se non abbiamo partecipato a due mondiali consecutivi e rischiamo seriamente di non qualificarci neppure al prossimo. Ho la fondata impressione che per partecipare alla fase finale di un campionato del mondo, ci toccherà organizzarne in proprio uno”.
giovanni galeone massimiliano allegri
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Qualcuno l’avrà azzeccato?
“Una marea. Quando esaltavo Boban e Prosineski, negli anni in cui giocavano nella nazionale giovanile della Jugoslavia, mi prendevano in giro, storpiando volutamente di Prosineski il cognome. Per non parlare di Zlatan Ibrahimovic…”.
L’ha scoperto lei?
“Quando a 18 anni giocava nell’Ajax ero già convinto che fosse un fenomeno e che sarebbe diventato, seppure con caratteristiche diverse, il nuovo Van Basten. Lo dissi a tanti, a partire da Marco Giampaolo, credo fosse il 2000, che glielo può confermare. La Gazzetta dello Sport mi massacrò. Chi sarà mai questo Ibrahimovic, si chiesero e mi mandarono a dire, a mo’ di sfottò”.
È stato molto amato?
giovanni galeone
“A Perugia e, soprattutto, a Pescara credo proprio di sì. Sono passati trent’anni dall’ultima volta, ma, quando mi vedono, lasciano la macchina in mezzo alla strada e corrono ad abbracciarmi. E nessuno di quelli che vengono dopo mi suona per protesta, ma aspetta tranquillamente che faccia un selfie con me e magari la fidanzata”.
Ricorda l’ultimo sogno che ha fatto?
“Sogno di allenare una squadra. Non mi fraintenda, Nessuno sguardo rivolto al passato. Nessuna malinconia. Nel calcio, quando sogno, ci sono ancora dentro e non ho mai smesso di allenare”.
GIOVANNI GALEONE