Andrea Greco per “la Repubblica”
francesco gaetano caltagirone
La contesa per il vertice di Generali è apparecchiata: due contendenti e tre liste per 13 poltrone al rinnovo. Il Grande Antagonista Francesco Caltagirone venerdì ha formalizzato, nella lettera in cui comunicava ai sodali Delfin e Fondazione Crt il recesso dal patto di consultazione, che farà una lista rivale di quella del cda uscente, benché non abbia ancora deciso se «lunga o corta», ossia con ambizioni di maggioranza o no.
francesco gaetano caltagirone philippe donnet
Mentre gli investitori istituzionali, circa un terzo del capitale, avviano il percorso che potrebbe dar vita alla loro lista di minoranza. Più osservatori attendono all'assemblea del 29 aprile un'affluenza alta del 60-65% del capitale, divisa in tre schieramenti votanti per tre liste. Su due già si lavora, la terza non è sicura perché il Comitato dei gestori inizia a lavorarci settimana prossima: dipenderà dagli equilibri interni, oltre che da quelli di Generali. La lista del cda uscente è appoggiata da un 19%, composto dall'asse Mediobanca- De Agostini.
PHILIPPE DONNET ALBERTO NAGEL
Un 16,3% è dei tre soci contrari al rinnovo dell'ad Philippe Donnet, ma l'8% di Caltagirone è appena uscito dal patto dello scorso settembre, lasciandoci Delfin (6,62%) e Crt (1,71%). Saranno così più liberi di rafforzare acquisti e voti: in teoria fino al 21,99% totale, con un 5,5% in più che in Borsa oggi costerebbe altri 1,6 miliardi.
Uniti nel patto i tre soci rischiavano congelamenti di quote, in caso di interpretazione restrittiva della Consob della loro "consultazione". In ogni caso avrebbero dovuto chiedere il via libera all'Ivass appena arrivati al 19,9% complessivo. Marciando divisi invece Caltagirone e Delfin possono salire al 9,99% senza autorizzazioni, e Crt ha il mandato fino all'1,99%.
PHILIPPE DONNET
La terza "fetta", decisiva nella gara, riguarda gli investitori dei fondi, che alla scorsa assemblea Generali erano il 20%. Per ora è dato invece come poco influente il 4% dei Benetton, che difficilmente sarà "schierato" prima di sciogliere il nodo cruciale della cessione di Aspi alla Cdp. In base alla dispersione dei voti, servirà il 25-30% del capitale per prevalere.
E l'esito è così incerto che Consob, nel recente "Richiamo di attenzione" alle società che adottano la lista del cda, ha esortato a inserire nell'informativa preassembleare «possibili scenari a seconda degli esiti del voto», una volta depositate le liste. Uno dei pochi punti fermi è lo statuto interno del Leone, che assegna alla lista più votata un'ampia maggioranza nel cda, per garantire una gestione stabile; e disciplina i posti per le liste cadette.
Leonardo Del Vecchio
Le poltrone dovrebbero essere 13, come finora e come auspicato dagli investitori nei dialoghi svolti ad hoc. In caso di tre liste, e con un cda di 13 o 14 posti, lo statuto prevede che la lista più votata indichi nove membri, e gli altri siano spartiti tra seconda e terza col metodo dei quozienti, ma solo se l'ultima arrivata prende voti da oltre il 5% del capitale.
Dalle elaborazioni di due consulenti, un cda di 13 membri presi da tre liste sarebbe per nove membri (tra cui ad e presidente) espresso da chi vince: o la lista del cda uscente o quella di Caltagirone, sostenuto da Delfin e Crt. Degli altri quattro posti, tre andrebbero alla lista giunta seconda, e uno alla lista dei gestori, se supera lo sbarramento del 5%, che è alto equivalendo a un 8% dei presenti.
francesco gaetano caltagirone foto mezzelani gmt59
L'unica opzione perché i gestori conservino le attuali due poltrone è che il cda salga a 14. Il dialogo di engagement tra la dirigenza Generali e il mercato ha fornito altri spunti. Sembra che la voce del mercato abbia chiesto, per i futuri consiglieri, esperienza internazionale, forti competenze in tecnologia, cibersicurezza, sostenibilità, quote di genere e "indipendenti" più alte dei minimi di legge.
PHILIPPE DONNET GENERALI
Chiunque punti alla vittoria dovrà rappresentare queste istanze: ma non sarà possibile accontentare tutti. Nella lista del cda c'è il ruolo ingombrante di Mediobanca, che intende continuare a consolidare il 13% dell'utile Generali che corrisponde al suo pacchetto (circa 300 milioni l'anno), ma per farlo serve che indichi un suo manager in cda. Dal 2012 è Clemente Rebecchini, suo direttore centrale e dal 2013 vicepresidente Generali. Nella lista Caltagirone, attesa a febbraio, sarà invece cruciale leggere i primi nomi. Trattandosi di sfidanti, il rischio di non primeggiare è concreto e in tal caso solo i primi tre nomi entrerebbero in cda. La scelta di anteporre i possibili sostituti di Donnet agli esponenti dei soci critici darà anche la misura delle reali ambizioni di cambiare il volto del Leone.
CLEMENTE REBECCHINI