Dino Martirano per il Corriere della Sera
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«Vogliamo tornare all' Italietta della tessera con cui si comprano soltanto prodotti nazionali? Io dico che abbiamo già dato....». Paolo Gentiloni, l' ex presidente del Consiglio ora corteggiato soprattutto fuori dal Partito democratico, parla davanti alla platea europeista (critica comunque con le rigidità dell' Unione) convocata a due passi dal Quirinale da Francesco Rutelli. Il penultimo inquilino di Palazzo Chigi spiega che alle Europee del 26 maggio 2019 sarà necessario operare «una scelta di campo perché è in gioco la democrazia liberale»: «Dentro o fuori l' Europa...E da Macron a Tsipras mi sembra una buona formula per la coalizione europeista... Sono ottimista per il primo tempo ma, per il secondo, ricordiamoci che poi per salvare l' Europa bisogna cambiarla...».
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Gentiloni arriva in tarda mattinata all' appuntamento di Palazzo Rospigliosi (oltre a Rutelli, ci sono Benedetto Della Vedova, Angelo Rughetti, Enrico Giovannini, Alessandro Maran, Pino Pisicchio, Irene Tinagli, David Sassoli e molti altri) perché, in precedenza, era atteso al Seraphicum, la facoltà di Teologia dei francescani, per il battesimo di «Demos-Democrazia solidale». L' ex premier, infatti, ha preso la parola anche alla prima del movimento che ha l' ambizione di convogliare in una grande rete civica nazionale parrocchie, associazioni, ong ed esperienze politiche locali. Lì, ad attenderlo, c' erano l' ex ministro Andrea Riccardi, l' ex viceministro Mario Giro e il consigliere regionale Paolo Ciani, animatori da anni della comunità di Sant' Egidio, ma anche la Cisl, l' Azione cattolica, pezzi della comunità ebraica e di quella protestante, Alleanza solidale di Nello Formisano.
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Così, mentre la voce ufficiale del Pd rimane ferma al messaggio antigovernativo di piazza del Popolo, Gentiloni prova a tendere un filo di continuità tra esperienze diverse che iniziano a confrontarsi, nel centrosinistra, sulle mancanze dell' Europa di questi anni e sui problemi concreti degli italiani. «Basta con Renzi», si sente urlare dalla platea dei cattolici ma l' ex premier non ammette esclusioni: «L' Italia è un laboratorio ed è importante esserci ognuno con propria storia».
Sull' Europa che ci bacchetta sulla manovra, Gentiloni, che evita con cura di polemizzare con Conte e con i suoi vice, dice di essere «preoccupato» perché «questo governo rischia di compromettere il cammino compiuto fin qui dai precedenti governi che non hanno risolto i problemi ma che hanno rimesso in carreggiata l' economia». Nella Ue però, insiste Gentiloni, non va tutto bene: «Per esempio, si assiste a un dibattito surreale sull' immigrazione.
Ci si concentra sui rifugiati e su "Dublino" quando il problema dei prossimi 20-30 anni sono i migranti economici che premono verso l' Europa».
Francesco Rutelli («Non mi candido, metto solo insieme idee e persone») conclude che in Italia spesso abbiamo sbagliato «perché non abbiamo mandato in Europa i migliori». Ma Gentiloni, pur sollecitato in questa direzione da Nicola Zingaretti (che ha anche rilanciato le primarie aperte chiudendo a D' Alema), lascia intendere che non pensa di candidarsi alla guida della Commissione Ue.
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