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    GEORGIANO ON MY MIND - C'HA MESSO POCO IL MISCONOSCIUTO KVICHA KVARATSKHELIA A CONQUISTARE LA SERIE A - MOLTI INVITANO DI ANDARCI PIANO CON IL SOPRANNOME "KVARADONA", COME LUCIANO MOGGI: "MI VIENE DA RIDERE, È PERICOLOSO ESPORRE UN GIOCATORE CON UN NOME COSÌ AL PUBBLICO" - QUEL CHE E' CERTO E' CHE IL GEORGIANO, PAGATO SOLO 10 MILIONI, HA ZITTITO I CRITICI, A PARTIRE DA QUELLA FETTA DI TIFO NAPOLETANO CHE HA MUGUGNATO IL GIORNO DEL SUO ACQUISTO...


     
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    Antonio Giuliano per “Avvenire”

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    All'arrivo in Italia l'ostacolo più grande era la pronuncia del suo cognome: Kvaratskhelia. E lui, che del dribbling ne ha fatto una specialità, ha tentato di aggirare la difficoltà linguistica realizzando subito un video tutorial.

     

    Un guizzo originale anche sul Web, ma in realtà è un problema che a Napoli non si sono mai fatto. Sono bastati pochi allenamenti in estate per ribattezzarlo come "Kvaradona". Un epiteto impegnativo che evoca il leggendario Diego e qualcuno come Luciano Moggi a 7Gold ha sbottato: «Mi viene da ridere».

     

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    L'ex dirigente della Juve però è anche colui che ironizzò su Kakà quando sbarcò al Milan: «È pericoloso esporre un giocatore con un nome così al pubblico. Perché se poi gioca male». Certo Maradona era Maradona. Ma nessuno, nemmeno il tifoso partenopeo più sfegatato, si sogna di mettere già ora sullo stesso piedistallo il Pibe de Oro e un 21enne dal talento purissimo ma che ha ancora tutto da dimostrare. Diego a Napoli è una divinità al punto da scalzare il "povero" San Paolo dal nome dello stadio (un tempo chiamato così in omaggio alla tradizione secondo cui Paolo di Tarso avrebbe raggiunto l'Italia attraccando nella zona dell'attuale Fuorigrotta).

     

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    E tuttavia il ragazzo georgiano, cresciuto alla Dinamo Tbilisi e passato poi in Russia, prima con la Lokomotiv Mosca e poi al Rubin Kazan, ci ha messo davvero poco per conquistare non solo una città ma tutti gli appassionati del pallone. Tocchi di classe e facilità irrisoria nel saltare gli avversari come birilli: Khvicha Kvaratskhelia ha già messo a segno sette gol e otto assist in 14 partite del Napoli di quest' anno.

     

    Trascinatore di una squadra da sola in testa al campionato (dopo la vittoria domenica in casa della Roma) che sta viaggiando a ritmi impressionanti: 11 partite di fila vinte in tutte le competizioni come solo una volta nella sua storia, nel 1986 con Ottavio Bianchi in panchina, a cavallo dunque tra il 1985-86 e il 1986-87, la stagione del primo scudetto.

     

    Prevedibile allora l'entusiasmo alle stelle nel capoluogo campano per un titolo che manca ormai da 22 anni. Luciano Spalletti invece, che di campionati ne ha conquistati due ma solo in Russia, vuol dimostrare che l'etichetta di "eterno secondo" è ingenerosa e non c'è nessuna sindrome da traguardo finale delle sue squadre.

     

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    Per questo giustamente frena: «I titoli non si vincono dopo 11 partite, si vincono a maggio o a giugno. Dobbiamo mantenere i piedi per terra. Zero presunzione o atteggiamenti da fenomeni». I numeri però parlano chiaro. Il suo Napoli è l'unica squadra imbattuta in Italia e una delle tre (con Real e Psg) nei top campionati d'Europa che ha ancora non ha subito nemmeno una sconfitta. Un cammino fin qui straripante anche in Champions League con gli ottavi di finale già in tasca con 4 vittorie su 4 partite, 17 gol segnati e roboanti successi con Liverpool e Ajax.

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    Miglior attacco del campionato (con 26 centri) ma anche la squadra di Serie A che ha mandato in gol più giocatori diversi: 13. Una vera orchestra che ha visto salire in cattedra di partita in partita il fantasista georgiano che il Napoli ha preso per 10 milioni e ora ne vale almeno più del triplo. Un colpaccio di mercato approfittando anche del delicato contesto internazionale: la guerra russoucraina ha permesso di strapparlo senza grandi esborsi dal Rubin Kazan da cui lui voleva andar via a tutti i costi. È tornato in Georgia giocando in prestito alla Dinamo Batumi tutta la seconda parte della scorsa stagione fino al passaggio alla società di De Laurentiis.

     

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    È arrivato così il terzo giocatore georgiano della storia in Serie A: prima di lui, Kakha Kaladze che dal 2001 al 2012 ha giocato in Italia con Milan e Genoa vincendo tutto con i rossoneri e Levan Mchelidze al Palermo di Zamparini nel 2008.

     

    Kvicha, nato a Tbilisi il 12 febbraio 2001, è figlio d'arte, suo padre Badri, ha giocato come attaccante in Azerbaijan e per la Nazionale azera. Le vicende della sua famiglia sono legate indissolubilmente a quelle della Georgia che fino al 1991 è rimasta sotto il controllo dell'Urss. Al tempo del comunismo anche i giocatori diventavano pedine in mano alla propaganda.

     

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    E il pallone georgiano fu spesso vittima dell'egemonia sovietica russa. Kvicha, "Zizì" per famiglia e amici, ha scelto invece di giocare per la Georgia con cui ha esordito nel 2019. I compagni di Nazionale l'hanno definito il "Messi georgiano". E in patria è già una star. Al punto che la sua favola sotto il Vesuvio diventerà presto anche un film: a Napoli è arrivata di recente anche una troupe cinematografica della giornalista e direttrice creativa georgiana Salome Benashvili. Lui continua a testa bassa a divertirsi e segnare con quell'esultanza che ormai non è più un mistero.

     

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    Da grande appassionato del basket Nba dopo ogni gol mette le mani giunte accanto alla guancia, mimando un bimbo che dorme, proprio come fa Steph Curry, play dei Golden State Warriors. «Sto lavorando per migliorare - ha detto al Corriere dello Sport - voglio arrivare in alto. L'umiltà? Me l'hanno trasmessa i miei genitori. Voglio arrivare in alto ». Il soprannome di "Kvaradona" lo imbarazza: « Non è possibile: Maradona è troppo grande, troppo tutto. Mi va benissimo il mio: Kvara».

     

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    Ora poi sappiamo anche come si pronuncia: «Cuaraschelia». E possiamo dire di un destino sfolgorante racchiuso nel cognome, che vuol dire carbone « Kvara » e ardente « tskhelia ». Le faville del numero 77 azzurro che ha fatto dimenticare in un batter d'occhio Insigne e il suo "tiraggiro", fanno emozionare oggi al Maradona anche papà Badri: «Quando sei in tribuna e il tuo cognome è urlato da 60mila persone è una sensazione che non si può spiegare».

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    Napoli sogna con il suo pupillo, entrato da mesi anche nei presepi di San Gregorio Armeno. Per la capolista si preannuncia un felice e lungo Natale. Nessuna meraviglia se quest' anno la statuina più venduta sarà quella di Khvicha Kvaratskhelia, per tutti "Kvaradona".

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