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La produzione industriale in Germania in marzo è crollata del 3,9% sul mese precedente, quattro volte più di quanto si aspettavano gli analisti di mercato che avevano previsto -1%. Si tratta, ha sottolineato l'ufficio di statistica Destatis nel presentare il dato, della flessione più pesante dallo scoppio della pandemia: l'ultima volta che si è verificato un calo più marcato è stato nell'aprile 2020 (-18,1%) agli inizi della crisi pandemica.
La guerra in Ucraina e il ritorno delle restrizioni in Cina per la politica dello zero-Covid (entrambe esasperano le strozzature nelle catene di approvvigionamento già lacerate durante la pandemia in Europa), le sanzioni contro la Russia che colpiscono le esportazioni, la dipendenza dall'energia russa e l'impennata dell'inflazione (attesa al 7,4% in aprile) stanno tirando il freno alla crescita dell'economia tedesca.
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Il crollo della produzione industriale, abbinato alla flessione peggiore del previsto dei nuovi ordini dell'industria manifatturiera (-4,7% in marzo) e ai perduranti problemi dei colli di bottiglia, aumenta la probabilità di una stagnazione nel secondo trimestre, anticamera della recessione.
«La guerra può anche comportare una recessione economica e con essa un aumento della disoccupazione. Il rischio di insolvenza sui prestiti aumenterebbe e con esso le sofferenze bancarie», ha detto Mark Branson, presidente di BaFin, supervisore dei mercati e delle banche, lo scorso martedì.
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Destatis ha sottolineato ieri come molte imprese tedesche abbiano ancora problemi per completare gli ordini a causa delle strozzature sulle forniture: nell'indagine di aprile dell'istituto Ifo l'80,2% delle imprese manifatturiere tedesche (quattro su cinque) si è lamentato per i colli di bottiglia e per la carenza di materie prime: il record assoluto per questa indagine era stato toccato durante la pandemia con una quota dell'82% delle imprese con problemi di strozzature sugli approvvigionamenti.
«Dopo gli ultimi cinque incrementi consecutivi, la produzione industriale ha subito una grave battuta d'arresto a marzo, principalmente a causa della guerra russa in Ucraina», ha commentato il ministero dell'Economia. Nel dettaglio, la produzione di beni strumentali è calata del 6,6%, dei beni intermedi del 3,8%, di prodotti energetici dell'11,4% perché i prezzi alti hanno frenato la domanda, mentre solo nella produzione di costruzioni è stato registrato un aumento dell'1,1%. Esclusa energia ed edilizia, la produzione è scesa del 4,6%.
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Particolarmente colpito il settore dell'auto, con una produzione in picchiata del 14% in marzo rispetto a febbraio: il settore automobilistico traina il crollo del manifatturiero. La produzione nel settore automotive tedesco, ha messo in evidenza ieri il capo economista di Capital economics, è solo al 63% del livello pre-pandemico e meno della metà del picco toccato nel 2017.
Per l'ufficio studi di Commerzbank, la produzione industriale calerà anche nei prossimi mesi, e questo controbilancerà in negativo l'aumento dei servizi grazie l'allentamento delle restrizioni pandemiche. La politica di zero-Covid in Cina tuttavia non andrà avanti all'infinito. Nel momento in cui le restrizioni decadranno, i colli di bottiglia provocati dal lockdown cinese verranno meno.
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Il capoeconomista di Commerzbank Jörg Krämer prevede comunque un calo della produzione industriale tedesca nel secondo trimestre: pesa l'industria automobilistica. «A causa della debolezza del settore manifatturiero e degli alti prezzi dell'energia, è probabile che il Pil tedesco ristagni nel secondo trimestre nonostante l'allentamento delle restrizioni per il Coronavirus. Per il 2022 ci aspettiamo una crescita del Pil del 2,0%: in caso di embargo energetico, è da aspettarsi una profonda recessione», ha previsto Krämer.
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Tiene infine il mercato del lavoro in Germania. La disoccupazione è calata in aprile al 5%: 2,309 milioni di disoccupati (-53.000). E ieri l'Ifo ha registrato in aprile una forte flessione dei lavoratori a orario ridotto, che sono scesi a 426.000 contro i 696.000 di marzo (l'1,3% della forza lavoro contro il 2,1%).