Pa. Ru. Per “La Stampa”
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«Iniziare a richiudere mandando le regioni in fascia gialla basandosi solo sui contagi quando i ricoveri si contano sulle dita delle mani non ha senso». «Invece si, perché se aspettiamo di avere nuovamente gli ospedali pieni rischiamo di prendere provvedimenti quando è già tardi». Sui nuovi criteri che devono regolare il semaforo delle restrizioni esperti, partiti e regioni si dividono, mentre la curva dei contagi si impenna.
Tanto che se la crescita continuerà ai ritmi esponenziali degli ultimi giorni, tempo una, due settimane e mezza l'Italia tornerà in giallo. Prospettiva che infiamma la battaglia sui nuovi parametri che decidono i cambi colore, con le regioni in forte pressing per affiancare al parametro dei 50 casi settimanali ogni 100 mila abitanti, che oggi basta a finire in fascia gialla, anche quello dei posti letto occupati in terapia intensiva (20%) e nei reparti di medicina (30%).
coronavirus terapia intensiva
Criterio che per più di un esperto rischia però di ritardare gli interventi a frittata oramai fatta. La terza soluzione in realtà ci sarebbe e tempo fa l'hanno propugnata gli stessi governatori: «pesare» il numeri dei contagi rispetto alla quota di popolazione vaccinata in ciascuna regione.
Lo scenario tra sette giorni
Ed è appunto quello che ha fatto l'Altems, l'Alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari dell'Università Cattolica, che in base al nuovo parametro ha poi calcolato la percentuale di rischio di finire in giallo da qui a una settimana.
tamponi
Che è del 32% per la Sardegna e del 31 per la Sicilia. Il che vuol dire mascherina tirata su anche all'aperto e bar e ristoranti al chiuso serrati dalle 18 da qui a 21 giorni. Seguono poi il Veneto con il 24% di possibilità a sette giorni, Lazio e Campania con il 20%.
Il Piemonte sarebbe al 15% di probabilità e la Liguria al 12%. «È chiaro però che se l'accelerazione dei contagi divenisse esponenziale i rischi di ingresso in zona gialla crescerebbero proporzionalmente» commenta Americo Cicchetti, direttore di Altems. «Alla luce di una progressione diseguale del piano vaccinale - commenta ancora il professore di economia e gestione aziendale - anche le soglie per l'ingresso nelle zone di rischio devono essere modificate.
roma vaccinazione anti covid 19 per i maturandi
Per questo abbiamo sviluppato una metodologia che fissa nuove e più alte soglie di incidenza dei casi per determinare l'ingresso nelle fasce di rischio, calcolate sulla base delle quote di popolazione immunizzata, poco suscettibile a sviluppare forme severe di malattia». «E i dati mostrano ancora una volta il volto di un'Italia con profili di rischio differenti» conclude il direttore di Altems.Che una simulazione l'ha fatta anche nell'ipotesi più «hard», che in realtà è in linea con l'incremento esponenziale dei casi di questi giorni.
ITALIA IN ZONA GIALLA - TUTTI A PRANZO FUORI
Con una crescita via via più alta dei contagi, la Sardegna avrebbe il 72% delle probabilità di tingersi di giallo tra una settimana e la certezza tra due. Stessa cosa la Sicilia, al 53% di possibilità già tra sette giorni, quando al 45% di rischio sarebbe il Veneto, al 43% il Molise, al 37% l'Alto Adige, al 35% la Lombardia, al 34% le Marche.
tamponi regno unito
In tutto sette regioni, quasi mezza Italia tinta di giallo da qui a due, tre settimane. Sempre meno però di quello che impiegherebbero le regioni con gli attuali parametri, che non prendono in alcuna considerazione i vaccinati e i guariti. Considerando infatti la popolazione vaccinata anche con una sola dose e i guariti dal Covid, l'incidenza dei casi settimanali per 100mila abitanti che fa entrare nella prima fascia di rischio da 50 contagi com' è oggi salirebbe a 83, ma con differenze da una regione all'altra.
zona gialla ristoranti aperti
Il Lazio allontanerebbe infatti la prospettiva di finire nel primo girone delle restrizioni a 89 casi settimanali, la Puglia a 86, la Lombardia a 84, mentre Toscana e Calabria finirebbero in giallo allo scoccare dei 77 casi settimanali, la Liguria a 80, il Piemonte a 81, l'Emilia Romagna a 82. Un nuovo modello Il parametro dei contagi «pesati» in rapporto alla percentuale di immunizzati alza dunque l'asticella che fa scattare il primo livello di restrizioni, ma rispetto al criterio dei posti letto occupati in terapia intensiva e nei reparti di medicina consentirebbe di chiudere comunque la stalla prima di aver lasciato scappare i buoi.
coronavirus terapia intensiva 2
Anche perché oggi come oggi il tasso di occupazione dei letti in terapia intensiva è al 2%, lontano anni luce da quel 20% che si vorrebbe introdurre per far scattare il semaforo giallo. Percentuale che potrebbe anche non essere mai raggiunta, visto che per ora i reparti tendono più a svuotarsi che a riempirsi. Ma ancora nessuno può dire se sarà così in seguito, perché l'aumento dei ricoveri segue solitamente di due o tre settimane quello dei contagi.
E se è vero che i vaccini, anche con la Delta, proteggono quasi sempre dalle forme più gravi, altrettanto reale è l'aumento dei ricoveri registrato in Gran Bretagna e Israele, che pure hanno una più alta percentuale di vaccinati rispetto a noi, soprattutto tra gli over 50. Tutti elementi che pendono a favore del modello elaborato dalla Cattolica e chiesto fino a ieri a gran voce dalle regioni.
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