Giorgio Terruzzi per il Corriere della Sera
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Tutto dietro le quinte. Questo emerge dal comunicato emesso dalla Federazione internazionale a conclusione dei test di Barcellona. Poche righe per annunciare la fine delle investigazioni sulla power unit Ferrari, un accordo tra le parti (che resterà segreto) e l' inizio di una collaborazione sul monitoraggio delle unità motrici dei team. I termini di questa comunicazione celano i retroscena di una storia misteriosa e rilasciano ipotesi sconcertanti.
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A tre mesi (!) dalla fine del Mondiale 2019, in concomitanza con test che mostrano un affanno Ferrari proprio sul fronte che aveva dato alla Ferrari i vantaggi più evidenti nello scorso campionato, veniamo a sapere che esattamente l' unità motrice di Maranello è stata oggetto di una lunga indagine. Indagine che non produce sanzioni o assoluzioni ma un «patto» i cui contenuti non conosceremo mai.
Il tutto dopo una quantità di verifiche Fia durante i Gp del 2019 spinte soprattutto da Mercedes e Red Bull, che non hanno rilevato alcuna irregolarità ma che forse hanno indotto la Fia ad introdurre chiarimenti durante l' inverno e sistemi più sofisticati di controllo sul tema incremento di potenza a parità di carburante. Domanda: come hanno indagato in questi mesi i tecnici federali visto che gli stessi tecnici non sono stati in grado di segnalare scorrettezze analizzando la power unit rossa ripetutamente?
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Una risposta arriva da una frase sfuggita ad un tecnico di un team di vertice: «Per capire cercate fuori dalla Fia». La frase è inquietante. Fa pensare a informazioni riservate relative alla Ferrari giunte in Federazione per via «traverse». Induce ad ipotizzare che una entità esterna alla Ferrari sia riuscita ad ottenere da qualcuno che lavora o ha lavorato in Ferrari dettagli tecnici riservati per poi passarli alla Fia. Procedura sufficiente a determinare un' indagine ulteriore ma anche un accordo non divulgabile. Un attimo e viene in mente - con le dovute differenze - la spy story del 2007, quando si scoprì che da Maranello era partito di tutto, destinazione McLaren.
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«Delitto» scoperto per caso: un tecnico inglese fu così sciocco da fotocopiare disegni originali in una copisteria gestita da un tifoso del Cavallino. Già, perché un conto sono le chiacchiere, un altro sono le prove.
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Stiamo parlando di quelle zone grigie dentro le quali tutti i team cercano e scovano vantaggi segreti. È così da sempre. Soluzioni sofisticate e invisibili sino a quando quello specifico ambito non diventa oggetto di indagine e di giudizio. In questi anni sono circolate continue illazioni sulla Mercedes che avrebbe ottenuto incrementi di potenza «bruciando olio». Chiacchiere, appunto.
Ha infranto le regole la Mercedes? Forse. Dunque no, sino a prova contraria. Ha infranto le regole la Ferrari? Forse. Ma le prove non esistono.
Oppure, non possono essere esibite. «Sento ripetere che la Racing Point è identica alla Mercedes del 2019 - dice una persona vicina a Lawrence Stroll, proprietario della scuderia, ma sino a quando non salta fuori un file trasferito da un team all' altro siamo a zero». Vero. A meno che qualche guarnizione salti.
Sospetti, soffiate, ipotesi.
TOTO WOLFF
Ombre emanate da uno scenario nel quale i team discutono regole e spartizioni di denaro con atteggiamenti bellicosi. È noto che Toto Wolff, boss Mercedes, sia un nemico giurato della Ferrari dopo il veto posto dalla Scuderia sul passaggio diretto di un qualunque team principal al vertice di Liberty Media, operazione che al manager austriaco interessava assai.
Wolff ha personalità e ambizione per cercare di ottenere ciò che desidera. Il fatto è che la guerra deve finire, pena una perdita di credibilità verticale della F1. Anche così può essere letto il comunicato Fia. Ambiguo, certo, ma necessario.
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Per sedare un conflitto feroce e ancora più oscuro.
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