Giampiero Mughini per Dagospia
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Caro Dago, appartengo a una generazione per la quale la Francia e particolarmente Parigi sono stati la casa dell’anima. Ho vissuto due anni a Parigi, e lì ho imparato a tastare tutti i sapori che rendono la vita degna di essere vissuta. Su tutti, avevo poco più di vent’anni, lo charme infinito delle ragazze parigine che scorrevano lungo le strade del Quartiere latino, che stavano in fila innanzi ai cinemini d’essai, che sfogliavano le pagine di un libro in quelle librerie aperte sino a mezzanotte, che indossavano minigonne da urlo, che ti guardavano dritto negli occhi con l’aria di soppesarti sino al più intimo recesso.
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Lo sguardo di quelle ragazze, a insegnarmi per sempre quant’è minacciosa la femminilità.
Era nel ricordo di quegli sguardi che un paio d’anni fa ho proposto un lavoro fotografico sulle ragazze parigine a un mio caro amico men che quarantenne, lo svizzero italiano Marcello Togni, uno che da Lugano se n’è andato a vivere a Parigi e che a Parigi ha costruito la sua famiglia.
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Lui è un talento artistico proteiforme. Caro Dago, tu che hai conosciuto Andrea Salvetti, l’autore del tavolo da pranzo su cui ceniamo a casa tua, sai a che tipo di artista mi sto riferendo. A qualcuno a metà tra il designer e lo scultore, uno che gli offri l’idea di un arredo _ una sedia, una cornice, qualsiasi cosa _ e te la reinventa a meraviglia.
Da quando vive a Parigi, Marcello s’è inventato un suo linguaggio fotografico, una sua pista nello scovare per strada corpi, sguardi, gesti, particolari significanti. Che di meglio, a questo punto, se non scovare la femminilità parigina? Esattamente quello che ho proposto a Marcello, di ricavarmene un album di foto da inserire nella mia collezione di album fotografici dedicati alle donne, quelli di Angela Allegrezza e Fiamma Satta e Viviana fra gli altri.
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Marcello s’è messo anima e corpo nell’impresa. Ha cercato, cercato, cercato. Corpi femminili, sguardi femminili, gesti femminili, attimi in cui una donna è come in attesa e non sa bene di che cosa. Talvolta li ha trovati naturaliter, talvolta ne ha studiato i più adatti a quattro modelle francesi divenute le coprotagoniste del suo lavoro.
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Ha fotografato, fotografato, fotografato. Spicchi lampeggianti di femminilità che si incastrano l’un l’altro a raccontare un “Songcity”, un fascicolo d’artista graficamente stupendo e per adesso stampato in cinque copie. Di inesorabile bellezza. Te lo allego perché tu possa trasmettere ai tuoi lettori le emozioni che ho provato io nel riceverlo ieri dentro un pacco internazionale. Un canto d’amore per le donne. Un canto d’amore per la Francia, in questo momento lordata da una gang di semianalfabeti italiani di cui inorridisco.
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