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    GIANNI RIVERA HA UN DIAVOLO PER CAPELLO – IL “GOLDEN BOY” PORTA IL MILAN DAVANTI ALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO DI STRASBURGO. VUOLE CHE GLI VENGANO RICONOSCIUTI I DIRITTI DI IMMAGINE SUI CIMELI ESPOSTI NEL MUSEO DI SAN SIRO: “NESSUNO MI HA MAI CHIESTO L’AUTORIZZAZIONE A ESPORRE I MIEI CIMELI. CI SONO MAGLIETTE, SCARPE E FOTO AUTOGRAFATE. E NESSUNO MI HA NEMMENO CHIESTO SE FOSSERO DAVVERO MIEI. NON È UNA QUESTIONE DI SOLDI…


     
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    Gianni Rivera per “La Stampa” - Estratto

     

    gianni rivera gianni rivera

    Andrò davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo con lo stesso spirito che avevo nel 1968 al momento della fondazione dell’Associazione italiana calciatori insieme con Sandro Mazzola, Giacomo Bulgarelli e Giancarlo De Sisti. Dopo il verdetto negativo della Cassazione, mi sono consultato con il mio avvocato che ha dato il via libera: possiamo ricorrere ai giudici comunitari contro la sentenza della Suprema Corte che non ha riconosciuto il mio diritto di immagine sui cimeli esposti nel museo di San Siro.

     

    È questo il motivo che mi ha spinto cinque anni fa a fare causa a M-I Stadio, la società di Inter e Milan creata per gestire lo stadio. Ho vinto in Tribunale e perso in appello, sconfitta confermata dalla Cassazione. Più si sale, più contano i poteri forti. Ma non mi fermo.

     

    statua di gianni rivera nel museo di san siro statua di gianni rivera nel museo di san siro

    Tutto è iniziato quando un mio amico mi ha mandato una foto dal museo di San Siro: «Che bello questo tuo busto», mi ha scritto inviandomi le immagini. Non ne sapevo nulla. Nessuno mi aveva mai chiesto l’autorizzazione a esporre i miei cimeli. Ci sono anche magliette, scarpe e foto autografate. E nessuno mi ha nemmeno chiesto se fossero davvero miei.

     

    Ricordo che all’epoca quando le scarpe da calcio erano consumate le buttavamo via, non le conservavamo. Ancora più bizzarra la storia del busto. Lo realizzò Paolo Todeschini, ex giocatore del Milan e bravissimo scultore. È sua la testa di Fausto Coppi in cima al Passo del Ghisallo. Mi regalò il mio busto, ma lo dimenticai a Milanello. Poi è finito al museo di San Siro senza che io ne sapessi nulla. Non è una questione di soldi. Ma non è giusto che altri guadagnino con il nostro nome senza chiederci alcun permesso.

     

    La Cassazione ha riconosciuto il valore didattico del museo di San Siro. Ma per entrare bisogna acquistare un biglietto che costa 7 euro all’interno della visita dello stadio, anche questa a pagamento. Ricavi che vanno a una società privata. In ogni caso credo che sia giusto riconoscere il nostro diritto all’immagine su oggetti che riguardano la nostra storia di atleti.

     

    gianni rivera gianni rivera

    Adesso esiste un marketing sviluppatissimo che permette ai calciatori di guadagnare tanto dalla vendita degli oggetti collegati alla loro attività. Ai nostri tempi tutto questo non c’era. Per questo voglio combattere come nel 1968 quando fondammo l’Aic, una decisione presa non tanto per noi campioni, che stavamo bene, ma per i nostri colleghi meno fortunati nelle serie minori.

     

    Se servirà parlerò con altri ex calciatori della mia epoca. Avevo chiesto a Paolo Maldini negli anni scorsi a chi avrei potuto rivolgermi al Milan, Paolo mi ha aiutato dandomi il numero dell’avvocato del club. Ma non è stato possibile trovare un accordo. Adesso ci penseranno i miei legali. […]

    (testo raccolto da Stefano Scacchi)

     

     

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