Giovanna Cavalli per il “Corriere della Sera”
gigi d alessio eros ramazzotti
Quella sera con Eros Ramazzotti chauffeur. «Cena a casa sua, a Milano, prima della festa di Radio Italia. "Ti accompagno io", dice Eros. Monta in auto. Mi siedo al suo fianco, un altro amico dietro. Arrivati all'arena, ci ferma la sicurezza. "Sono l'autista del signor D'Alessio", si presenta Eros, abbassando il finestrino e indicando me. "Controlli pure". Il tizio mi guarda, annuisce, ma in compenso non riconosce lui. "Ok, potete andare"».
Non proprio sveglissimo, quel bodyguard.
«Eh... Con Eros c'è un'amicizia antica. Nella musica più o meno ci si conosce tutti, ci si frequenta per forza di cose, ma lo capisci subito quando nasce un feeling speciale».
Il suo idolo post-adolescenziale però era Claudio Baglioni.
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«Ogni notte mi addormentavo con le cuffie e le canzoni di Claudio nell'orecchio, poi arrivava mamma a spegnere lo stereo. Ero in fissa: mi compravo pure le camicie di jeans come la sua. A un concerto mi infilai dietro le quinte. Scambiandomi per un tecnico, mi chiesero di portargli il microfono, a momenti collassavo per l'emozione. Oggi siamo amici, cantiamo o spesso mangiamo insieme, ci divertiamo».
Con Pino Daniele non andò altrettanto bene, almeno all'inizio.
«Rapporto turbolento, ce ne siamo dette di tutti i colori. Eppure eravamo nati a venti metri di distanza nel quartiere Santa Chiara, i nostri genitori giocavano a carte insieme. Avevamo pure la stessa casa discografica, però non eravamo amici, anzi. Finché un giorno, nel 2008, Pino mi telefonò: "Prima ca' ci amma appiccicare (che finiamo per litigare) ci vulimme conoscere? ". E poi mi invitò al suo concerto. Mai preso tanti fischi come quella sera. Però da allora non ci siamo più persi, spesso passava il Natale a casa mia, tra risate e bicchieri di vino».
gigi d alessio claudio baglioni
Storie di musica, di cene e di amicizia di Gigi D'Alessio, 55 anni - che poi sarebbe Luigi ma confidenzialmente suona Giggi («A casa però mi hanno sempre chiamato Gino, pure i miei nipoti, quando esco metto il mantello e divento Gigi») - 30 di carriera festeggiati a giugno con il doppio live in piazza del Plebiscito, nuovo appuntamento per il 26 e 27 maggio 2023, stesso posto, altro show.
La fotografia del cuore di Gigi-Gino.
«La mia prima recita, terza elementare. Facevo Zappatore - era destino - con la coppola, un fazzoletto al collo e la giacchetta marrone, me li aveva cuciti mamma Antonietta».
Baby musicista.
pino daniele gigi d alessio 3
«A 5 anni già suonavo la fisarmonica di mio fratello Pietro. Troppo grande per me: lui la reggeva e muoveva il mantice, io premevo i tasti. Poi papà Franco mi regalò un organetto Bontempi, bianco e arancione. La musica ti moltiplica l'anima, ti rende più sensibile. A 10 anni entrai in conservatorio e andai a vivere con nonna Maria, perché era più comodo. I miei, che avevano un negozio di abbigliamento, mi comprarono il primo pianoforte, pagato 1 milione e 900 mila lire in circa 400 comode rate».
Suonava ai matrimoni.
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«Ero un bambino già vecchio, ultimo di tre fratelli, Pietro aveva 10 anni più di me, Maria 11, stavo sempre con persone più grandi. Quando mi chiamavano per i matrimoni - eravamo un quartetto, io stavo alle tastiere, quindi ero il capo orchestra anche se il più piccolo, e a molti, per questo, giravano le scatole - non mi davano nemmeno i soldi, soltanto la bomboniera degli sposi che per me era un trofeo».
La più brutta di sempre?
«Un pierrot con la lacrima disegnata».
Non si batte, in effetti.
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«Erano ricevimenti interminabili, arrivavamo all'una e non andavamo via prima delle tre del mattino. Solo per suonare la marcia nuziale dovevamo aspettare almeno due ore, perché la sposa andava a rifarsi il trucco e l'acconciatura».
Una volta però, aspetta, aspetta, ma la sposa non si è più vista.
«Fuggita con il testimone, portandosi via pure le buste con i soldi. E alla festa è scoppiata la rissa. I parenti si sono presi a mazzate, volavano sedie e bottiglie, ce ne siamo scappati pure noi».
Dal 1989 al 1992 pianista di Mario Merola.
«Un personaggio unico, di grande carisma, eravamo come padre e figlio. Un pezzo di pane, l'uomo più buono al mondo, anche se nei film faceva il cattivo, il guappo, il carcerato, il mammasantissima. Girare a Napoli con lui era come passeggiare a New York con Sinatra».
E una sera d'inverno, nella Grande Mela...
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«C'era un suo concerto e, in contemporanea, uno di Lucio Dalla, poco lontano. Davanti al teatro, con trenta centimetri di neve, si formò una fila chilometrica. A un certo punto arrivò pure Lucio. "Tanto da me non è venuto nessuno". Grande Lucio, generoso. Parlava bene di me. "Questo sa leggere la musica come nessuno"».
Sarà capitato anche a lei un concerto sfigato, con pochi spettatori.
«E invece no. Perché la gavetta, tanta, l'ho fatta da musicista, componevo pezzi per gli altri, ero un piccolo Mogol, un "Mogolino". Una sera, in auto con Merola, gli chiesi: "Se scrivo una canzone per voi, la cantereste con me?". "Perché guagliò, tu saje pure cantà ?". Il duetto, che infilai nel mio primo disco, si chiamava Cient' anne . Appena uscì, in tre ore a Napoli era diventato come Yesterday dei Beatles. E quando al mio debutto in concerto, nel 1993, al teatro Arcobaleno di Secondigliano, vidi i bagarini davanti all'ingresso, capii che era successo qualcosa di bello. Certo, era una fama circoscritta, un chilometro dopo Caianello non mi conosceva nessuno».
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I critici musicali con lei erano piuttosto schizzinosi, la relegarono nella categoria dei neomelodici e arrivederci.
«E li ringrazio, mi hanno dato la forza di non mollare. Quando sono andato a Sanremo, anno 2000, sembrava che fossi appena sceso dal barcone, contro di me c'era razzismo culturale, come se potessi cantare soltanto di vicoli e sceneggiate. Che poi in Non dirgli mai c'era una sola frase in napoletano. E oggi in molti conservatori la studiano come trattato di armonia».
Che ricorda di quel Festival?
«Per farmi volere bene dall'orchestra portai duecento sfogliatelle. Per me era come andare a Lourdes. In gara con Gianni Morandi, con Giorgia. "Sarò all'altezza?". Nelle pagelle dei critici il voto più bello fu zero. Mi piazzai decimo».
Manco male, dai.
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«Però il lunedì successivo ero già disco di platino, restai per 54 settimane in classifica, di cui 13 al primo posto, vendetti 1 milione e 200 mila copie. Un attimo sei niente, quello dopo sei tutto. E di colpo tutti ti cercano, tutti ti apprezzano, da c... diventi cioccolata».
Quanto ci mette a scrivere una canzone? Ore, giorni, mesi?
«La butto giù in un'ora e poi aggiungo qualche ritocco, ma non troppo, sennò non è più anima e cuore, diventa finta, di plastica».
Ce l'ha un compagnuccio d'infanzia?
«Come no. Si chiama Luigi Orefice, lavora alle poste, da ragazzino suonava la batteria nel mio primo complesso. Dagli 11 ai 15 anni dormivo sempre a casa sua. Un bravissimo ragazzo, educato, quando ci vediamo si sente in soggezione e mi fa tenerezza, non osava chiedermi una foto con suo figlio, mitico Luigi».
Invece, tra i Ricchi & Famosi amici ne ha quanti ne vuole.
«Morandi, Biagio Antonacci, Massimo Ranieri, Clementino, Paolo Bonolis, Giorgio Panariello, Pippo Baudo, ma se attacco con l'elenco non finisco più. Sono amico di tutti, quello che tutti vorrebbero avere, ai più giovani do consigli, con i più grandi mi confronto, non diranno mai: "Gigi è un pezzo di...". O almeno credo».
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Con Fiorello siete super-affiatati.
«Ci piace fare scherzi, stesso grado di pazzarìa, insieme siamo una bomba atomica. Ci siamo intrufolati alle prove di Sanremo Giovani. Sono salito sul palco, tra gli altri concorrenti. "Ciao, io sono Gigi e vengo da Napoli". Preso a guardare dei fogli, Amadeus non se n'è accorto subito. Povero Ama. Quest' estate in spiaggia io e Rosario lo abbiamo messo in mezzo. Aveva ordinato una fetta di cocomero. D'accordo con il cameriere, gli abbiamo fatto portare uno scontrino da 120 euro. Però so farmi perdonare».
Come?
«Io e Ama abitavamo vicini. Quando tornava tardi, d'inverno, passava da me tutto incappucciato a ritirare la cena. La soglioletta per il bambino. O la pasta al forno, la mia specialità».
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Che ci mette di buono?
«Eh... il ragù che deve pippiar e (sobbollire) almeno sette ore, le polpettine fritte, le uova, il fiordilatte, il pecorino, tanto pepe».
Cene su cene, però resta magro.
«È il dna di mamma e papà».
Diego Armando Maradona.
«Nel 2013, quando gli feci ascoltare la canzone Si turnasse a nascere - che parlava di quando diventi famoso e non sai più se le persone ti stanno accanto per affetto o per interesse - si mise a piangere. "L'hai scritta per me?" In realtà era autobiografica. Se il problema lo avevo io, figuriamoci lui, il più grande al mondo. Volle fare il protagonista del videoclip, per girarlo mi invitò due settimane a Dubai. Giocammo a calcio tennis in quattro, di là Cannavaro e Bruscolotti, di qua io e Diego, eh eh, indovinate chi ha vinto?».
Loredana Bertè?
«A volte a The Voice Senior abbiamo litigato, ma le voglio tanto bene, meravigliosa, però è fatta così, devi sempre tenerti pronto a pararla».
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Con Anna (Tatangelo) come va?
«Eh... va bene, comunque abbiamo un figlio insieme. Le storie cominciano e finiscono, oggi sono felice, lo auguro anche a lei. No, non provo amarezza, è così che va la vita».
È diventato papà per la quinta volta.
«Il primo l'ho avuto a 19, il quinto a 54, un'emozione straordinaria, spero di avere tutto il tempo di vederlo crescere. Ogni figlio è diverso, ma stanno tutti qui, nello stesso cuore».
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gigi d'alessio al matrimonio di silvio berlusconi marta fascina gigi dalessio in cucina 2 denise esposito anna tatangelo gigi d'alessio e denise esposito gigi dalessio in cucina 1 gigi dalessio in cucina gigi d'alessio fiorello