1. MAZZONCINI AI VERTICI DI FERROVIE
Alessandro Barbera per “la Stampa”
RENZI PADOAN
Graziano Delrio lo aveva preannunciato: «Dopo il varo del decreto per la privatizzazione si apre una nuova fase anche per i vertici aziendali». E così è stato. Ieri mattina il consiglio di amministrazione delle Ferrovie ha rassegnato in blocco le dimissioni, primo passo verso la nomina di un nuovo presidente e amministratore delegato. Gli uscenti Marcello Messori e Michele Elia, profondamente divisi sulla strategia aziendale, lasceranno il palazzone di Piazza della Croce Rossa dopo appena un anno e mezzo.
GRAZIANO DELRIO
È il primo rinnovo di un'azienda pubblica nell' era Renzi: «Lo scontro fra i due aveva letteralmente paralizzato il consiglio», spiegano dalle Infrastrutture. Se non bastasse, nel frattempo sono arrivati il mandato d' arresto della Procura di Palermo per Dario Lo Bosco, presidente di Rfi, e le dimissioni del presidente di Trenitalia, Marco Zanichelli. Per il governo, già in grave ritardo sul piano di privatizzazione, è suonato il gong. Renzi ha preso l' iniziativa e, d' intesa con i due ministri competenti (Padoan e Delrio) ha chiesto l' azzeramento di tutto il consiglio.
RENATO MAZZONCINI
Ora spetta all' azionista - il ministero del Tesoro - a nominare in assemblea il nuovo consiglio di amministrazione. I tempi saranno stretti, garantisce Padoan. Già oggi dovrebbe partire la convocazione dell' assemblea per lunedì, così da nominare in settimana i nuovi vertici. Per la guida operativa dell' azienda i giochi sono fatti: amministratore delegato della holding Fs sarà l' attuale numero uno della controllata Busitalia, Luigi Mazzoncini.
RENATO MAZZONCINI CON NARDELLA
Bresciano, classe 1968 è stimatissimo da Renzi. Fu lui nel 2012, quando il premier era ancora sindaco di Firenze, a privatizzare l' azienda di trasporto pubblico Ataf. Per la poltrona di presidente circola il nome di Simonetta Giordani, consigliere uscente e già sottosegretario ai Beni culturali nel governo Letta. Ma nei palazzi circola anche il nome dell' ex direttore generale della Rai e numero uno di Wind Luigi Gubitosi.
RENATO MAZZONCINI CON NARDELLA
Una volta ricostruito il vertice, il governo non avrà più alibi e dovrà prendere una decisione sulla privatizzazione.
Esattamente come è accaduto fra Messori ed Elia, Tesoro e Infrastrutture hanno opinioni diverse su come e cosa privatizzare. Il primo metterebbe l' azienda sul mercato così com' è, esattamente come si è fatto per Poste. Delrio punta invece allo scorporo della rete ferroviaria perché rimanga pubblica. La rete da sola vale circa 35 miliardi di euro, Trenitalia una decina: mettere sul mercato solo i treni potrebbe significare un incasso di tre-quattro miliardi di euro. Non moltissimo per un governo che nel 2016 punta a ridurre il rapporto fra debito pubblico e Pil.
Ecco perché Padoan e i suoi tecnici puntano ad esempio ad allargare il perimetro della vendita alle aree immobiliare adiacenti le stazioni e oggi sotto il cappello di Rfi. L' ex leader Pd Pierluigi Bersani invita a «non fare pasticci», il numero uno della Fit-Cisl Giovanni Luciano teme un' ondata di prepensionamenti e chiede di «tutelare l' unicità aziendale».
MARCELLO MESSORI
Mentre la politica discute se e come vendere, Rfi fa acquisti: ieri ha speso 6,5 milioni di euro per la società Bari Fonderie Meridionali, un' azienda specializzata in componenti per infrastrutture ferroviarie.
Bfm, finora controllata da un gruppo ceco e da due anni in concordato preventivo, produce pezzi in acciaio fuso al manganese necessari per gli scambi ferroviari. Ci lavorano un centinaio di persone, e secondo l' azienda la sua acquisizione permetterà di «migliorare la filiera produttiva interna ottimizzando i costi di approvvigionamento».
Twitter @alexbarbera.
2. LE FERROVIE E QUEI NODI SUI BINARI
Francesco Manacorda per “la Stampa”
È sufficiente rottamare l' intero cda delle Ferrovie per portare al traguardo una privatizzazione dalla quale il governo si aspetta molto? E questa privatizzazione servirà solo a far cassa o sarà accompagnata anche da liberalizzazioni e maggiore concorrenza? Ancora, qual è la posizione del governo sulla cessione delle Ferrovie: bisogna vendere una quota dell' intera società, oppure è meglio scorporare prima la rete ferroviaria - i binari, insomma - rendendola pubblica e poi quotare il resto?
MICHELE ELIA
Sono tre domande ancora senza risposta, proprio nel giorno in cui l' intero cda della società si dimette e fa decadere così sia il presidente Marcello Messori sia l' amministratore delegato Michele Elia.
Una mossa opportuna, si dirà, visto che ormai da mesi lo stallo tra Messori ed Elia aveva messo l' azienda in una situazione complessa. Tra i punti di contrasto dei due anche e soprattutto lo scorporo dell' azienda Rfi, quella che gestisce la rete ferroviaria, controllata al 100% dalla holding Ferrovie, e che esercita due funzioni distinte: da una parte gestisce gli investimenti sulla rete e fa manutenzione per conto del governo; dall' altra assegna le tracce alle varie imprese ferroviarie che su quella rete fanno viaggiare i loro vagoni.
renzi alla stazione con cazzullo
Messori, da economista, ha sempre spinto per una separazione della rete dall' operatore ferroviario che la possiede per favorire, come da teoria di scuola, la libera concorrenza con la neutralità della rete. Elia, da vecchio uomo delle Ferrovie, puntava invece a mantenere la rete in casa. Il problema è che, fuori i due contendenti, lo stesso dilemma si pone ai piani alti del governo: il ministro delle Infrastrutture Del Rio vuole una rete pubblica e scorporata dalle Ferrovie da privatizzare, quello dell' Economia Padoan preferisce tenerla dentro la società e affidarla quindi alla Borsa.
Matteo Renzi in treno
Il problema è complesso: in molti Paesi europei la rete ferroviaria è nella stessa holding che gestisce l' attività di trasporto. La Francia, che l' aveva scorporata, l' ha rimessa in casa dal primo gennaio scorso. Chi sostiene i vantaggi nella gestione unitaria della rete e del trasporto - tradizionalmente i monopolisti ferroviari - afferma che la parità di accesso si garantisce non con la separazione della rete, ma semplicemente con la neutralità dell'«allocation body», l' organismo che aggiudica i diritti di percorrenza sulla rete ai vari operatori ferroviari, magari mettendolo sotto un cappello pubblico.
Basta fare questo per avere senza problemi quotazione e liberalizzazione del settore? Non proprio, perché i binari che formano la rete di Rfi hanno un valore patrimoniale sproporzionato, visto che negli anni ha contabilizzato di fatto come patrimonio gli interventi fatti con i soldi pubblici. Per portarla in Borsa bisognerebbe svalutare quei binari, che oggi valgono sui libri contabili oltre 40 miliardi, di due terzi circa.
Matteo Renzi in treno
In alternativa si metterebbe sul mercato una società così «pesante» come patrimonio che per remunerare il capitale ci vorrebbero tassi di redditività che le pur redditizie Ferrovie nemmeno si sognano.
Non c' è una soluzione giusta per definizione e non c' è forse un' unica soluzione. Quel che è certo, però, è che su questi nodi si deve decidere prima di dare mandato al nuovo cda - da chiunque esso sia formato - di procedere alla privatizzazione.