Estratto dell’articolo di Marcello Ianni per “Il Messaggero”
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Il film era un horror. Una sequenza di abusi sessuali che si è rivelata di profonda gravità per un'aspirante attrice e che ha portato alla condanna di un uomo abruzzese di 59 anni, originario di Pescina, nella Marsica ma residente da tempo all'Aquila.
Il sedicente regista, Gino Falcone, è stato recentemente condannato dal Tribunale di Roma a sette anni e otto mesi di reclusione con l'accusa di violenza sessuale ai danni dell'attrice trentunenne.
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La sentenza è arrivata dopo un procedimento giudiziario che ha svelato una realtà inquietante, celata dietro la promessa di una brillante carriera cinematografica: «Ti porto a Hollywood».
Secondo quanto emerso nel processo, l'imputato si era presentato alla giovane attrice con un'identità fittizia, proponendole un ruolo da protagonista in un film che, a suo dire, sarebbe stato prodotto da facoltosi investitori americani.
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Una proposta allettante che però nascondeva un piano ben più subdolo e perverso.
Gino Falcone, infatti, avrebbe inscenato una serie di finte riprese durante le quali, con la scusa di girare scene ad alto contenuto erotico, ha abusato della donna.
L'atto d'accusa racconta episodi che sembrano tratti da un incubo. In una delle false scene, il presunto regista avrebbe costretto la giovane attrice a sedersi su di lui, mentre le premeva la mano sulla schiena, le copriva gli occhi e infilava una gamba tra le sue. La donna, in evidente stato di choc, è riuscita a liberarsi solo con grande fatica.
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Ma la violenza non si è fermata lì. In un'altra scena, anch'essa priva di alcun fondamento artistico, l'uomo l'avrebbe gettata a terra, sostenendo che ciò fosse necessario per «incitarla a manifestare la sua aggressività». La realtà era ben diversa: si trattava di un pretesto per esercitare un ulteriore controllo sulla vittima, spingendola a oltrepassare ogni limite della sua dignità.
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La vittima […] era stata poi indotta a spogliarsi, rimanendo senza pantaloni e reggiseno, sotto la falsa promessa di «dimostrare la sua sensualità». A quel punto, l'uomo l'avrebbe presa per i fianchi, toccandola in modo intimo e costringendola a mimare una scena di sesso davanti a uno specchio.
[…] l'uomo aveva riprodotto una falsa delibera del Comune dell'Aquila, con la quale si conferiva la cittadinanza onoraria a lui stesso e a un'altra donna, anch'essa ingannata con la promessa di un ruolo da attrice.
Anche in questo caso, la falsa documentazione era servita per convincere la donna a girare scene compromettenti.
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[…]
L'imputato, infatti, ha sempre respinto con forza tutte le accuse mossegli e non è escluso che la difesa decida di ricorrere in appello per ribaltare il verdetto.
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